Una scoperta archeologica clamorosa realizzata standosene comodamente seduti a casa, davanti al pc. L’avrebbe realizzata una ricercatrice fai-da-te: grazie a Google Earth, ha individuato alcune strane strutture tra la sabbia egiziana che potrebbero nascondere delle piramidi dimenticate.
IL PRESUNTO SITO ARCHEOLOGICO SCOPERTO VICINO AD ABU SIDHUM
Angela Micol si è imbattuta nelle costruzioni l’anno scorso, girovagando con il programma satellitare per computer dalla sua abitazione del Nord Carolina, a migliaia di chilometri di distanza dal luogo del ritrovamento. Ora sostiene che le prime indagini sul luogo le stanno dando ragione: sarebbero già stati scoperti dei cunicoli e delle cavità sotterranee. “Non solo, è venuto fuori che le formazioni venivano descritte come piramidi anche in varie mappe antiche“, ha detto la donna.
I due complessi sono separati da oltre 100 chilometri uno dall’altro. Uno dei siti è nell’Alto Egitto, ad appena 15 chilometri dalla città di Abu Sidhum, lungo il corso del Nilo, ed è formato da 4 tumuli di altezza variabile da 30 a 42 metri e da una larga piattaforma a forma triangolare. L’altro si trova invece a nord dell’oasi di Fayum: in un raggio piuttosto ampio sono dislocate una costruzione con la punta troncata alta circa 76 metri e tre più piccole allineate in diagonale.
“La immagini parlano da sole. È evidente che i siti nascondono delle piramidi, ma è necessaria una verifica sul campo”, aveva detto la Micol all’indomani della sua scoperta. Il suo annuncio era stato accolto con grande interesse dai media e da altrettanto grande scetticismo dal mondo accademico. Geologi ed archeologi avevano rapidamente archiviato quelle che la ricercatrice amatoriale definiva “anomalie di Google Earth” come semplici formazioni rocciose emerse grazie al vento, piuttosto comuni nel deserto egiziano.
Di diverso avviso una coppia che si è subito messa in contatto con la donna per comunicarle importanti informazioni sui due siti. Si tratta di Medhat Kamal El-Kady, ex ambasciatore del Sultanato dell’Oman, e di sua moglie Haidy Farouk Abdel-Hamid, avvocato che in passato ha ricoperto incarichi di consigliere per il Governo del Cairo. I due sono appassionati collezionisti di mappe, testi antichi, documenti d’epoca e rari manoscritti storici.
L'ALTRO SITO INDIVIDUATO CON GOOGLE EARTH, PRESSO L'OASI DI FAYUM
Alcuni dei pezzi più preziosi della loro collezione sono stati donati anche alla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti e a quella di Alessandria di Egitto, inclusa la mappa geografica che Al-Idrissi disegnò, nel 1154, per il re di Sicilia Ruggero II. I due esperti hanno confermato che le formazioni individuate vicino a Fayum e ad Abu Sidhum erano già indicate come piramidi in molte carte dei secoli passati. “Abbiamo 34 mappe e 12 documenti che ne parlano”, hanno spiegato El-Kady e la moglie a Discovery News.
Le piramidi sepolte di Fayum, in particolare, vengono citate in tre manoscritti: uno è datato 1753 ed è opera di Robert de Vaugoudy, un ingegnere le cui mappe vennero usate in seguito da Napoleone Bonaparte durante la sua Campagna di Egitto, mentre gli altri sono successivi (risalgono alla fine del XIX secolo) e sono stati redatti dal Maggiore Brown, all’epoca responsabile dell’irrigazione per il Basso Egitto.
“Potrebbero essere le più grandi piramidi note all’umanità. Non esageriamo se diciamo che questa scoperta può persino oscurare le Piramidi di Giza”, ha dichiarato la coppia. Secondo i due collezionisti, il sito di Fayum venne volutamente coperto di sabbia, in una sorta di “damnatio memoriae” per cancellare per sempre il ricordo di chi le aveva fatte erigere. Per ora però la prima missione preliminare ha interessato i tumuli individuati vicino a Abu Sidhum. “Questi monumenti nascondono un sito molto antico”, ha detto Mohamed Aly Soliman, a capo di questa spedizione.
Ha infatti spiegato: “Prima di tutto, il terreno tutto attorno è normale terreno pianeggiante, deserto- insomma, sabbia e sassi. I tumuli invece sono diversi: si trova ovunque argilla, gusci di conchiglia e strati trasportati che provengono da altrove. Venivano usati dagli antichi Egizi per nascondere e proteggere i loro monumenti sepolti.”
UN DETTAGLIO VISTO DAL SATELLITE
Aly Soliman però non è un vero archeologo: si definisce un investigatore privato con un’ ossessione per i faraoni. Per dar forza alle sue affermazioni, sostiene che anche la gente del posto ha sempre sospettato che quelle formazioni coperte di sabbia fossero molto antiche. Anzi, anni fa alcuni residenti della zona avevano tentato di compiere degli scavi, ma si sono dovuti fermare subito perchè si sono imbattuti in un materiale molto duro. Forse, proprio granito.
“A renderci pressochè certi che siano piramidi nascoste è una speciale cavità che abbiamo individuato grazie ad un metal detector: è un tunnel sotterraneo sul lato nord dei grandi tumuli. La maggior parte delle piramidi egizie presenta degli ingressi sul lato nord, dunque è un ulteriore indizio che conferma la nostra ipotesi”, dice fiducioso l’uomo.
Non solo. Nello stesso sito, sotto quei mucchi di terreno, potrebbero esserci anche un tempio, delle abitazioni, delle tombe a mastaba. Insomma, un intero complesso monumentale. Ma fino a che punto sono credibili le rivendicazioni di questo team di ricercatori dilettanti? Davvero si tratta della scoperta del secolo che farà impallidire tutte le altre finora compiute in terra d’Egitto?
Gli archeologi di professione, per ora, sono molto cauti. Attendono prove concrete da una seria campagna di scavi sul campo, prima di prendere posizione. “Per questioni economiche e politiche, fare gli archeologi da queste parti adesso non è per niente facile“, ammette la Micol. “Non abbiamo trovato neanche un accademico esperto di egittologia interessato a condurre un indagine su questi siti.” La storia può attendere.
SABRINA PIERAGOSTINI