This Breitling reproduction is powered by a Japanese self-winding movement, doing its position pretty well. It’s very correct, retaining virtually perfect time and the electrical power reserve is much more than sufficient.Not all subdials of the Breitling Bentley Speed reproduction are practical. The one one that does do the job could be the one particular located at 6 o’clock and provides you the navy time (GMT perform), how to spot a fake breitling but I continue to say this is often a killer enjoy so you are unable to truly expect a lot more from the reasonably inexpensive Breitling Replica Rolex duplicate.The Breitling for Bentley Motors is my favourite check out, and possibly attracts the most appears to be and remarks… some for its sheer dimension, plus some for it is attractiveness.
Per ora, ci siamo accontentati di incontrare un cugino, ma la speranza è di far presto la conoscenza con un fratello gemello. Parliamo di pianeti, meglio, di quei mondi dalle caratteristiche adeguate ad ospitare la vita- proprio come quello sul quale noi ci troviamo. Copie della Terra che potrebbero ospitare creature più o meno evolute.
La scoperta di Kepler-186f, un pianeta roccioso grande solo il 10 per cento in più del nostro, nei giorni scorsi è rimbalzata da un giornale all’altro scatenando entusiasmi ed aspettative. Orbita attorno ad una nana rossa in 130 giorni e si trova nella cosiddetta Fascia di Abitabilità, insomma nella posizione ideale per ricevere la giusta quantità di calore dalla sua stella. Per questo gli scienziati che lo hanno annunciato immaginano che lì sopra scorra l’acqua. La vicinanza ad un astro più piccolo e freddo del Sole, tuttavia, non permette di definirlo un clone della Terra, anche se è il più somigliante scoperto fino ad oggi.
Prima o poi, però, troveremo una replica esatta del Pianeta Azzurro. Gli scienziati ne sono convinti e credono che i telescopi ottici di nuova generazione, in un futuro immediato, serviranno allo scopo. Uno dei più attesi è quello che verrà innalzato sul Cerro Armazones, nella catena montuosa del Cile nel deserto di Atacama. Un luogo desolato ed isolato, che sta per essere spianato da un team di ingegneri. Quassù infatti presto sorgerà l’European Extremely Large Telescope, un osservatorio supertecnologico che farà impallidire quello pur avanzatissimo edificato negli anni scorsi sul vicino monte Cerro Paranal, sempre dall’ESO (l’European Southern Observatory).
Una volta completato, l’E-ELT avrà uno specchio primario del diametro di 39 metri grazie al quale gli astronomi potranno perlustrare lo spazio, per studiarne le origini come nessun’altra strumentazione esistente: ricostruirà la storia delle stelle, misurerà le galassie ed investigherà sulla materia oscura. Inoltre, sarà impiegato anche per analizzare la composizione chimica delle atmosfere dei mondi alieni, alla ricerca di tracce di vita, con una precisione finora mai ottenuta. E questo, grazie alle condizioni particolari di questo deserto del Sud America.
“Il clima qui è estremamente asciutto e questo è un elemento determinante”, dice Gerry Gilmore, professore di astronomia a Cambridge, intervistato dal britannico The Guardian. “Le molecole di acqua infatti ostacolano la vista dei telescopi a terra: è come guardare attraverso la nebbia. Costruire dove non c’è umidità consente la miglior osservazione possibile delle stelle e non esiste un luogo sulla Terra con un’aria più asciutta di questa.”
Ma non è solo una questione climatica. A rendere l’E-ELT così importante per i ricercatori è proprio quel suo occhio enorme. “Ci sono questioni fondamentali che solo un telescopio di queste dimensioni può risolvere”, spiega l’astronoma dell’ESO Linda Schmidtobreick. “Il suo specchio ha una superficie 10 volte maggiore del più grande osservatorio attuale, quindi impiegherà un decimo del tempo per catturare la stessa quantità di luce– ovvero lo stesso numero di fotoni- da un oggetto celeste rispetto gli altri strumenti ora in dotazione.”
E in più, come dicevamo, diventerà un impareggiabile cacciatore di pianeti extrasolari. È l’opinione dell’italiano Simone Zaggia, dell’Osservatorio di Padova, più volte in trasferta in Cile ospite del Very Large Telescope sul Paranal. A suo avviso, l’E-ELT giocherà un ruolo determinante per scovare mondi lontani simili al nostro potenzialmente abitati da forme viventi. “Oggi, i nostri più grandi telescopi possono notare solo pianeti giganti, come Giove o Saturno.
Ma ci interessano molto di più quelli piccoli. In sostanza, vogliamo capire se ci sono copie della Terra nell’Universo e di quali sostanze sia composta la loro atmosfera: livelli di ossigeno o di anidride carbonica o di metano o di altri gas potrebbero indicare la presenza di vita. Ma per farlo, ci serve un telescopio gigantesco come l’E-ELT.”
“Il punto – aggiunge Gilmore- è che possiamo vedere gli esopianeti, ma non riusciamo a studiarli nel dettaglio perchè, a quelle distanze, appaiono troppo vicini alle loro stelle. Invece, grazie all’ingrandimento dell’E-ELT, saremo in grado di osservarli direttamente e chiaramente. Entro 15 anni, dovremmo fotografare un pianeta in orbita attorno ad un altro sole e quella immagine potrebbe mostrare mutamenti di colore della superficie, esattamente come accade sulla Terra con il cambio delle stagioni, provando la presenza di vegetazione. E allora, avremo trovato la vita aliena.”
SABRINA PIERAGOSTINI