Un cervello iperconnesso, con la capacità di provare esperienze multisensoriali. Lo abbiamo visto nei film: pillole miracolose o sostanze chimiche particolari che riescono ad amplificare a dismisura le potenzialità della nostra mente. Qualcosa di simile lo produrrebbe anche la psilocibina, un principio attivo presente in alcuni funghi allucinogeni.
LA MOLECOLA CHIMICA DELLA PSILOCIBINA
Prima di tentare pericolosi esperimenti fai-da-te, urge una premessa: quello di cui stiamo parlando è uno studio scientifico serio, condotto da ricercatori autorizzati in ambiente medico controllato. Né questo articolo vuole essere, in alcuno modo, un incitamento all’utilizzo di sostanze stupefacenti, di qualsivoglia natura, ma semplicemente espone i risultati sorprendenti ricavati dall’analisi di questa particolare sostanza psicotropa.
Secondo il dottor Paul Expert, del King’s College di Londra (coautore della ricerca, con il matematico italiano Giovanni Petri), la psilocibina sembra infatti in grado di interrompere la normale rete di comunicazione cerebrale e di connettere regioni del cervello che normalmente non sono collegate. Lo studio è apparso nei giorni scorsi sul Journal of the Royal Society Interface, una pubblicazione scientifica interdisciplinare.
I funghi allucinogeni- detti anche “funghi magici”- sono una vecchia conoscenza dell’umanità. Già nel Neolitico venivano utilizzati per sperimentare sensazioni fuori dall’ordinario– spesso collegate alla trance sciamanica, per comunicare con le divinità. Essi infatti producono forti allucinazioni e visioni molto vivide; sotto il loro effetto, i colori appaiono eccessivi, saturati mentre gli oggetti sembrano perdere la loro reale consistenza. Insomma, è come trovarsi in un “altro mondo”
Tanto che alcuni ricercatori alternativi– come ad esempio Graham Hancock- sono convinti che la psilocibina e altre sostanze naturali dalle caratteristiche molto simili ( come quelle contenute nell’ayahuasca, la bevanda utilizzata dai curanderi dell’Amazzonia) permettano davvero di entrare in contatto con entità di altre dimensioni- quelle che in epoche passate venivano chiamate spiriti e demoni, e che oggi la nostra civiltà dell’era spaziale identifica negli alieni.
LA PSILOCIBINA SI LEGA AI RECETTORI DELLA SEROTONINA
Comunque, chi si è sottoposto- volontariamente e sotto controllo medico– a queste droghe psichedeliche, ha affermato di aver vissuto delle esperienze spirituali molto intense e di essere stato trasformato nell’intimo: quei viaggi trascendenti altererebbero le personalità, aumentando l’interesse per l’arte, intensificando le emozioni e la curiosità.
“Le persone che sperimentano la psilocibina ne parlano come una delle esperienze più profonde mai provate, anche più della nascita di un figlio”, ha detto Expert al sito LiveScience. Da qui, la volontà di analizzare in laboratorio cosa accade veramente quando questa sostanza viene assunta. Da tempo, gli scienziati sanno che essa si lega al recettore della serotonina, un neurotrasmettitore sintetizzato nel cervello che influisce sull’umore, sull’appetito e sul sonno.
Quello che non è ancora chiaro, però, è come la droga modifichi gli schemi di comunicazione tra i neuroni. In passato, è stato appurato che la psilocibina stimola il cervello in uno stato molto simile a quello del sogno e diminuisce l’attività cerebrale. L’ultimo studio ha fatto un passo in avanti, grazie anche all’uso della risonanza magnetica funzionale, una tecnica di imaging biomedico che permette di visualizzare l’attività del cervello.
All’esame sono stati sottoposti 15 volontari, scelti tra persone in perfetta salute, ma che già in passato avevano sperimentato senza danni collaterali l’uso dei funghi magici (che, lo ribadiamo, possono produrre allucinazioni molto intense). Le “cavie” sono state sottoposte alla risonanza magnetica funzionale sia dopo aver preso un placebo sia dopo aver assunto la psilocibina.
A DESTRA, LA MAPPA DELL’ATTIVITÀ CEREBRALE SOTTO L’EFFETTO DELLA PSILOCIBINA
A questo punto, gli studiosi hanno comparato l’attività del cervello dei 15 soggetti, con e senza droga, e hanno creato una mappa delle connessioni delle varie regioni cerebrali. Hanno così scoperto che la sostanza psicotropa trasforma radicalmente l’organizzazione del cervello. Aree solitamente non collegate, sotto l’effetto della psilocibina hanno mostrato un’attività sincronizzata: dunque, c’è stata una stimolazione ad ampio raggio che di regola è assente. Finito l’effetto, il cervello è tornato alla sua consueta attività.
Secondo i ricercatori, la psilocibina può produrre uno stato di sinestesia, un effetto sensoriale nel quale uno stimolo viene accoppiato automaticamente con un altro- ad esempio, un suono ad un un profumo, un’immagine ad un colore. Le persone che sperimentano la sinestesia, possono “vedere” i colori quando ascoltano un certo tipo di musica, oppure visualizzare un numero quando percepiscono un odore particolare e così via.
Questa scoperta sembra avere una ricaduta importante in campo medico. Potrebbe infatti servire per studiare una nuova terapia per la depressione. “Studi precedenti hanno appurato che le persone tendono ad essere più felici dopo aver usato la psilocibina anche solo una volta, ma ovviamente abbiamo bisogno di informazioni più dettagliate su come la droga agisce sul cervello, prima di poterla usare come farmaco antidepressivo”, ha detto Expert.
Non solo. Potrebbe anche servire a trovare una risposta ai più grandi interrogativi che riguardano la nostra mente, a partire dal modo in cui ogni singolo individuo costruisce la percezione di se stesso. “La più grande domanda della neuroscienza è sapere da dove proviene la nostra coscienza“, ha detto Petri. “E non lo sappiamo.”
SABRINA PIERAGOSTINI