Se conosci la stella, conosci il pianeta. E puoi capire subito se quest’ultimo possiede condizioni adatte alla vita. Questo è il principio alla base dello studio condotto da un team internazionale, appena pubblicato dalla rivista scientifica Science Advances. Nell’articolo, i ricercatori spiegano la tecnica da loro elaborata per determinare l’abitabilità di mondi lontani.
L’equipe- guidata da Thomas Kallinger dell’Università di Vienna- sostiene di poter di calcolare la gravità superficiale di un astro troppo distante per essere studiato con i metodi convenzionali, grazie alle minime variazioni della sua luminosità prodotte da convezione e turbolenza superficiale- le stesse forze che fanno bollire una pentola di zuppa sul fuoco, ha spiegato al Vancouver Sun uno dei coautori della ricerca, Jaymie Matthews.
La gravità è cruciale in ambito astrofisico, perché fornisce indizi importanti tanto sulle caratteristiche delle stelle, come la loro massa e il loro raggio, quanto sulle proprietà dei pianeti in orbita. “La nostra tecnica può dire quanto sia grande e brillante la stella e se il mondo che le ruota intorno sia della misura e della temperatura giusta per possedere un oceano di acqua liquida e magari anche la vita”, ha affermato il professor Matthews, docente all’Università della British Columbia (in Canada).
“La dimensione di un esopianeta è misurata in relazione alla dimensione della sua stella ospite. Se trovi un mondo attorno ad un astro che ritieni essere simile al nostro Sole e invece è una gigante rossa, allora ti puoi essere ingannato pensando di aver trovato una copia della Terra”, ha spiegato. Il nuovo metodo, consentendo di calcolare la grandezza delle stelle anche molto lontane dal nostro sistema solare, dovrebbe essere d’aiuto nel determinare in modo più preciso e corretto le peculiarità degli esopianeti.
Di certo l’acqua è un elemento essenziale per la vita, ma lo è anche la presenza di un’atmosfera. E stabilirne la composizione chimica a distanza di decine o centinaia di anni luce è una sfida che la scienza vuole vincere. Ci sta provando un gruppo di astronomi, guidati dal professor Kevin B. Stevenson dell’Università di Chicago: hanno preso in esame HAT-P-26 b, un pianeta tipo Nettuno a 437 anni luce dalla Terra che orbita attorno al suo sole in appena 4.23 giorni.
La gravità superficiale relativamente bassa ben si adatta alla presenza di un’atmosfera. Ma di che tipo? Per determinarne le caratteristiche e verificare l’eventuale presenza di vapore acqueo, l’equipe ha utilizzato i dati raccolti da Spitzer, il telescopio spaziale della Nasa, e dallo spettrografo in dotazione al telescopio Magellano, situato nell’osservatorio di Las Campanas, in Cile. In questo modo, nell’atmosfera di HAT-P-26 b Stevenson e i suoi colleghi hanno trovato tracce di acqua e mancanza di potassio. Ma le certezze finiscono qui.
Secondo i calcoli degli esperti, l’atmosfera di questo lontano ed enorme mondo potrebbe essere caratterizzata o da una elevata metallicità ( ovvero, abbondante presenza di elementi più pesanti di elio e idrogeno) e assenza di nuvole, sia da una metallicità solare con una spessa coltre di nubi a circa 10 mbar. “Una metallicità solare è coerente con le previsioni basate su Urano e Nettuno. In alternativa, dal momento che HAT-P-26 b ha temperatura e gravità superficiale simili a quelle di HAT-P-12 b, è concepibile che il più piccolo HAT-P-26 b abbia nuvole ad altitudine più bassa e quindi una metallicità più prossima a quella solare”, scrivono i ricercatori nell’articolo pubblicato su arXiv.com.
Comprendere la presenza di nuvole e di foschie è una delle principali questioni in sospeso quando si parla di atmosfere di esopianeti. Si sa che a svolgere un ruolo nella loro formazione sono la temperatura superficiale e la gravità, ma ancora non è chiaro come esse agiscano e ci vorrà ancora molto lavoro prima di capirne del tutto il meccanismo. Il team intende dunque proseguire l’osservazione di questo corpo celeste, anche con l’utilizzo del telescopio spaziale Hubble.
Dunque, nonostante i grandi progressi realizzati in un breve lasso di tempo (era il 1995 quando venne ufficialmente individuato il prima pianeta extrasolare) ancora non abbiamo trovato con certezza un mondo alieno con tutte le caratteristiche giuste per essere abitabile. Tuttavia gli scienziati non perdono l’ottimismo. Anzi. “Prevedo che qualcuno annuncerà la scoperta della vita su un esopianeta entro 20 anni”, ha dichiarato senza remore Jaymie Matthews. “E trovare la vita al di fuori della Terra sarà una delle più memorabili pietre miliari nella storia della scienza, della filosofia, della teologia e della cultura umana.”
SABRINA PIERAGOSTINI