Un mistero lungo secoli, che finora la scienza non ha saputo risolvere. Ora, un nuovo studio prende in esame l’enigma Sindone– il lenzuolo conservato a Torino che secondo la tradizione cristiana avrebbe avvolto Gesù nel sepolcro. Le analisi effettuate con moderne tecniche e strumentazioni di ultima generazione hanno dato importanti risultati: sul sudario ci sono effettivamente tracce di sangue umano, non lasciate dal pennello di un pittore, ma da un corpo sottoposto ad una terribile tortura.
Lo scorso 30 giugno, la rivista PlosOne.org ha pubblicato l’articolo scientifico firmato da Elvio Carlino, Liberato De Caro, Cinzia Giannini e Giulio Fanti nel quale i quattro ricercatori italiani, di differenti enti e istituti, hanno esposto i risultati della loro indagine dal titolo “Studi a risoluzione atomica scoprono nuove prove biologiche sulla Sindone di Torino”. Nell’abstract, spiegano di aver infatti utilizzato- per la prima volta– un microscopio elettronico a trasmissione (TEM) e un microscopio a scansione per raggi X grandangolare (WAXS), allo scopo di evidenziare proprietà a livello di nanoscala su alcune fibre prelevate in passato dal Sacro Lino.
Gli autori ricostruiscono, a grandi linee, la storia e le controversie legate alla reliquia, che indicano con la sigla TS (Turin Shroud, in inglese): un telo lungo 4.4 metri e largo poco più di uno, con impressa in negativo l’immagine di un uomo crocifisso, con una ferita al fianco e incoronato di spine. “Molti credono che sia il sudario nel quale fu avvolto Gesù di Nazareth circa 2000 anni fa. Per contro, altri pensano che sia un falso. Sebbene l’immagine della Sindone di Torino finora non sia stata spiegata o riprodotta dalla scienza, tuttavia sono state avanzate alcune ipotesi”, si legge nella parte introduttiva.
“Ci sono indicazioni che la Sindone fosse in Palestina nel primo secolo dell’era corrente e che poi fu portata ad Edessa, ora Sanliurfa”, prosegue il testo. “La somiglianza di molti dettagli del volto della TS con il Cristo raffigurato sulle monete bizantine in uso dal VII secolo è un indizio che fosse già nota durante l’Impero di Bisanzio. Dopo il sacco di Costantinopoli, apparve in Europa nel 1353 a Lirey e nel 1532 a Chambery (Francia), dove fu danneggiata da un incendio.
Fu poi portata a Torino, dove si trova attualmente, nel 1578. Nel 1989, il telo di lino fu datato con il radiocarbonio al Medio Evo. Questo risultato è stato contestato da alcuni autori per la presenza di errori di metodo. Un altro studio ha indicato per la TS un’età compresa tra i 1300 e i 3000 anni. Due analisi meccaniche con misurazioni opto-chimiche l’hanno di recente collocata al 90 d.C., con uno scarto in eccesso o difetto di 200 anni”.
I ricercatori affrontano subito uno dei punti più contestati: la presenza o meno di sangue umano. Un primo esame, nel 1973, diede un responso talmente discordante da non consentire una risposta affermativa o negativa. Altre analisi, in seguito, evidenziarono la presenza di pigmenti (ocra rossa e vermiglio) insieme a sangue- forse, opera di un “ritocco” compiuto sulle macchie sbiadite dal tempo, elemento questo che ha fatto dubitare dell’ autenticità del reperto e sollevato varie diatribe. Almeno fino ad oggi. “Qui presentiamo uno studio a risoluzione atomica su una fibra, di circa 2 millimetri, proveniente dalla zona dei piedi, che contiene alcune croste rosse di circa 1 micrometro, visibili con il microscopio ottico,” dice l’articolo.
Le analisi con i due microscopi TEM e WAXS hanno mostrato che la fibra è interamente coperta di nano particelle di creatinina (dimensione, 20-100 nanometri), a loro volta contenenti piccole nano particelle (2-6 nm) di ferridrite, tipica dei nuclei di ferritina biologica. Ecco cosa vuol dire, secondo gli autori dello studio: “Le indagini a livello atomico hanno inaspettatamente scoperto uno scenario di violenza nascosto nella fibra della Sindone e suggeriscono anche una spiegazione per i controversi risultati finora ottenuti”.
La presenza di queste nano particelle biologiche trovate durante gli esperimenti, infatti, indicherebbero la morte violenta dell’uomo avvolto nel sudario di Torino. Perché? Perché alti livelli di creatinina e di ferritina non sono normali in una persona sana. Sono presenti nel sangue solo in caso di un grave trauma, per esempio in seguito ad incidenti mortali oppure come effetto della rottura delle cellule dei muscoli scheletrici dovuta a tortura.
L’articolo approfondisce nel dettaglio gli esami compiuti in laboratorio, con terminologie molto tecniche. Ma è molto interessante leggere le conclusioni alle quali, sulla base degli esperimenti, i quattro ricercatori italiani sono giunti. “L’uomo avvolto nella Sindone di Torino è stato sottoposto a gravi traumi multipli. Abbiamo studiato una fibra con i microscopi TEM e WAXS a risoluzione atomica e questa è la prima volta che la TS è studiata in questo modo e questo livello di osservazione ha prodotto una serie di risultati sperimentali che- grazie ai recenti studi sull’antica pittura- permette di collegare ferritina, creatinina e patologia umana e di comprenderle in relazione ad uno scenario macroscopico.
In effetti, la fibra era intrisa di siero di sangue caratteristico di un organismo umano sottoposto ad un forte trauma (…) Il legame tra i nuclei di ferro e la creatinina su larga scala avviene in un corpo dopo un severo politrauma. Questo risultato non può essere impresso sulla Sindone usando antichi pigmenti per pittura, dal momento che essi hanno dimensioni maggiori e tendono ad aggregarsi ed è altamente improbabile che un eventuale artista del passato possa aver dipinto un falso usando siero ematico proveniente da qualcuno con gravi lesioni multiple.
Non di meno, la presenza di pigmenti rossi, scoperti in alcuni studi, sembra indicare un intervento umano sulla TS e ciò ha generato delle difficoltà per le indagini moderne e stimolato il dibattito scientifico sulla reale origine del reperto. Le analisi discusse finora in letteratura sono state effettuate senza la necessaria risoluzione in grado di distinguere ciò che proviene dalla nanoscala e non possono filtrare eventuali artefatti. Questo è stato l’obiettivo del nostro lavoro e i risultati ottenuti non sono compatibili con un dipinto, ma evidenziano la presenza di nano particelle di siero di sangue patologico correlato alla presenza di creatinina legata a ferridrite,tipici di un organismo sottoposto a traumi multipli, come la tortura.”
Insomma, la ricerca italiana non dimostra- ovviamente- che quel telo tanto venerato dalla Cristianità abbia davvero ricoperto il corpo di Gesù, ma ha stabilito che di sicuro ha avvolto il corpo di un uomo torturato e martoriato, sottoposto ad una serie di violenze inaudite che lo hanno portato alla morte (proprio come raccontano i Vangeli) e che nessun pittore può aver riprodotto quell’immagine, 2000 anni fa o nel Medio Evo. Si tratta di un risultato scontato per chi crede, di un nuovo punto di partenza per chi indaga e di un motivo di riflessione per tutti coloro che hanno già da tempo archiviato il Sacro Lino come un falso. Forse troppo in fretta.
SABRINA PIERAGOSTINI