Un buco nero può essere un portale per altri universi o dimensioni? Forse sì. L’espediente più usato da scrittori e film di fantascienza potrebbe non essere solo una comoda fantasia per permettere ai protagonisti della fiction incredibili avventure nell’iperspazio, a spasso nel tempo, ma sarebbe una reale possibilità. Però solo a determinate condizioni. È quanto sostiene un fisico, alla luce di uno studio condotto dal suo team.
Lo ha spiegato in un articolo pubblicato nei giorni scorsi sul sito theconversation.com Gaurav Khanna, docente presso l’Università del Massachusetts. Uno che di “black holes” se ne intende: li studia insieme al collega Lion Burko, professore associato del Georgia Gwinnett College, da più di 20 anni. Eppure, dice, rimangono gli oggetti più misteriosi dell’intero cosmo. Per la scienza, i buchi neri sono quelle regioni dello spazio-tempo con un campo gravitazionale così intenso che nulla dall’interno può sfuggire all’esterno, nemmeno la luce. A caratterizzarli è la cosiddetta singolarità.
Scrive il professor Khanna: “Sono la conseguenza della gravità che schiaccia una stella morente senza limiti, portando alla formazione di una vera singolarità – che si verifica quando un’intera stella viene compressa in un singolo punto producendo un oggetto con una densità infinita. Questa singolarità densa e bollente produce un buco nel tessuto dello spazio-tempo stesso, forse aprendo un’opportunità per il viaggio nell’iperspazio. Cioè, una scorciatoia attraverso lo spazio-tempo che consente di viaggiare su distanze di scala cosmica in un breve periodo.”
In precedenza, però, i ricercatori avevano sempre escluso questa possibilità: un’astronave che tentasse di attraversare un buco nero usandolo come un portale ne pagherebbe tutte le peggiori conseguenze, ovvero sarebbe strizzata e allungata in tutte le direzioni per poi venire vaporizzata. Insomma, il viaggio finirebbe subito. Ma i buchi neri non sono tutti uguali. Il team del professor Khanna e quello del collega Burko hanno infatti mostrato che esistono anche buchi neri larghi e rotanti. In questo caso, la singolarità risulterebbe molto meno intensa e il passaggio potrebbe avvenire in modo molto meno drammatico.
“La ragione per cui questo è possibile è che la singolarità rilevante all’interno di un buco nero rotante è tecnicamente “debole” e quindi non danneggia gli oggetti che interagiscono con esso. In un primo momento, questo fatto può sembrare contrario alle aspettative. Ma si può pensare ad esso come analogo all’esperienza comune di passare rapidamente il proprio dito attraverso la fiamma di 1400 °C di una candela, senza bruciarsi. Tieni il dito vicino alla fiamma e brucerà. Muovilo rapidamente e non sentirai un granchè. Allo stesso modo, passando attraverso un grande buco nero rotante, è più probabile che tu ne esca dall’altra parte illeso.”
Proprio come accade al protagonista del celebre film Interstellar, che attraversa indenne il gigantesco (e rotante) buco nero immaginario denominato Gargantua, grande 100 milioni di volte il nostro Sole. Una dottoranda dell’Università del Massachusetts, Caroline Mallary, ha voluto verificare se la scena vista al cinema (ispirata dall’astrofisico premio Nobel Kip Thorne, che del film è stato il consulente scientifico) potesse avere una qualche veridicità. La giovane ricercatrice ha così realizzato un modello al computer per vedere gli effetti su un’ astronave o su un grande oggetto finito all’interno di un massivo buco nero rotante.
“Ciò che ha scoperto è che in tutte le condizioni un oggetto caduto in un buco nero rotante non sperimenterebbe effetti infinitamente grandi sul passaggio attraverso la cosiddetta singolarità dell’orizzonte interno”, dice lo scienziato. “Questa è la singolarità che un oggetto entrato in un buco nero rotante non può scansare o evitare. Non solo: nelle giuste circostanze, questi effetti possono essere trascurabilmente piccoli, consentendo un passaggio piuttosto confortevole attraverso la singolarità. Infatti, non ci possono essere effetti evidenti sull’oggetto in caduta. Ciò aumenta la fattibilità dell’uso di buchi neri rotanti di grandi dimensioni come portali per il viaggio nell’iperspazio.”
Anzi, più il black hole rotante è grande, meno evidenti sarebbero le conseguenze nel suo attraversamento: l’eventuale equipaggio dell’astronave fiondata al suo interno quasi non se ne accorgerebbe. Dunque se il buco nero supermassivo al centro della nostra galassia Sagittarius A* , grande 4 milioni di volte il nostro Sole, avesse questa particolare natura, potrebbe essere il perfetto punto di ingresso (e di uscita) per chi volesse compiere viaggi da una galassia all’altra. Un viaggio interdimensionale e nel tempo, come ne abbiamo immaginati tanti. Ma questa sarebbe realtà, per quanto fantascientifica.
SABRINA PIERAGOSTINI