Là fuori, tutto tace. Dopo aver scandagliato un settore della volta celeste ed essere rimasti in ascolto alla ricerca di possibili segnali provenienti dalle 1327 stelle più vicine al nostro Sole, il bilancio è deludente: nulla di fatto. Se davvero nella nostra galassia esistono Alieni di raffinata cultura ed avanzata tecnologia, finora si sono ben guardati dal presentarsi o quanto meno dal farci sapere della loro presenza. Gli ultimi risultati dell’indagine condotta dal SETI (Search for Extra terrestrial Intelligence) alla ricerca di segnali di vita intelligente non apre all’ottimismo.
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LA NUOVA RICERCA DEL SETI NON HA DATO RISULTATI INTERESSANTI
“Che non ci sia nulla là fuori è lampante, non ci sono straordinarie civiltà evolute che stanno tentando di mettersi in contatto con noi con trasmettitori incredibilmente potenti”, ha detto a Live Science l’autore dell’articolo pubblicato dalla rivista Astrophysical Journal, Danny Price, astrofisico dell’Università della California. Ma Price ha anche cercato, nella sua analisi, di trovare giustificazioni a questo silenzio. Anche perché- come diceva l’astronomo Carl Sagan- l’assenza di prove non costituisce una prova dell’assenza. Ovvero, ci potrebbero essere motivazioni valide che ci impediscono di trovare ciò che ora ci sembra inesistente.
La mancanza di segnali da parte degli ET potrebbe essere spiegata dal metodo fin qui seguito: potremmo usare le frequenze sbagliate oppure quei segnali potrebbero essere mascherati e nascosti dalle interferenze radio provenienti dalla Terra. In fondo, noi li stiamo cercando sulla base della nostra mentalità, delle nostre metodologie e l’antropocentrismo potrebbe limitarci. “In vari modi, il SETI rispecchia un po’ noi stessi, la nostra tecnologia e la nostra comprensione della fisica.” La nuova ricerca è stata condotta all’interno del progetto “Breakthrough Listen”, parte dell’iniziativa da 100 milioni di dollari in 10 anni promossa dal miliardario russo Yuri Milner.
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YURI MILNER ALLA PRESETAZIONE DEL PROGETTO “BREAKTRHOUGH INITIATIVES”
Partita nel 2015, la “Breakthrough Initiatives” ha coinvolto le menti più brillanti della ricerca scientifica su scala planetaria (aveva dato la sua adesione anche il fisico Stephen Hawking, scomparso nel 2018) con l’obiettivo dichiarato di trovare le “tecno-firme”, ossia riscontri oggettivi e prove tangibili dell’esistenza di avanzate civiltà aliene dello spazio. Può contare su due dei radiotelescopi più potenti al mondo, ovvero il Robert C. Byrd Green Bank – con una parabola di 100 metri di diametro e posizionato nella Virginia dell’Ovest (Stati Uniti) – e l’Osservatorio Parkes- diametro 64 metri, nel Nuovo Galles del Sud (Australia). Allo scopo, proprio, di intercettare comunicazioni provenienti da altri mondi.
Finora, secondo quanto emerge dallo studio appena pubblicato, i ricercatori hanno analizzato qualcosa come 1 milione di gigabyte di dati, tanto nelle lunghezze d’onda radio che ottiche, puntando le sofisticate strumentazioni a loro disposizione su quelle 1327 stelle, tutte in un raggio massimo di 160 anni luce e quindi- in termini astronomici- “vicine”. Durante queste osservazioni, sono stati captati più volte dei rumori particolari, ma sono stati poi scartati in quanto semplici interferenze prodotte dai satelliti in orbita attorno al nostro pianeta o da altre fonti assolutamente terrestri. Questa enorme massa di informazioni sarà presto messa a disposizione di tutti gli studiosi del data-base del progetto di Milner.
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IL RADIOTELESCOPIO PARKES, SOPRANNOMINATO “THE DISH”