Chissà, forse negli anni a venire il 26 gennaio 2021 sarà considerata la data in cui tutto è cambiato nella nostra comprensione della vita aliena. Forse verrà studiato come il giorno in cui l’Umanità ha preso coscienza di non essere sola nell’immenso cosmo. E colui che lo ha reso possibile sarà celebrato come un eroe. Ma per ora il 26 gennaio segna solo l’uscita sul mercato americano di un libro molto discusso, scritto da uno scienziato che sta pagando le idee in esso contenute con l’ostracismo da parte di quasi tutti i suoi colleghi.
IL PROFESSOR AVI LOEB
Lui si chiama Abraham “Avi” Loeb, è un fisico teorico di fama mondiale esperto di materia oscura e buchi neri fino a poco tempo fa presidente del Dipartimento di Astronomia della Harvard University e insegna scienze presso il medesimo ateneo. Nato e cresciuto in Israele, ormai vive e lavora negli States da decenni. Il “peccato originale” di cui si è macchiato agli occhi dei suoi pari grado è questo: ha osato affermare che potremmo aver visto sfilare sotto il nostro naso un artefatto prodotto da una civiltà dello spazio senza essercene resi nemmeno conto. L’oggetto della controversia è uno strano e luminoso corpo interstellare intercettato per puro caso da un osservatorio delle Hawaii nell’ottobre del 2017 mentre attraversava il sistema solare per poi schizzare via, accelerando, una volta arrivato in prossimità del Sole.
In modo informale, gli astronomi lo hanno chiamato Oumuamua (“Il messaggero arrivato da lontano”, nella lingua hawaiana) e hanno subito cominciato a chiedersi che cosa potesse essere quell’oggetto dall’aspetto assolutamente inusuale sia per una cometa che per un asteroide e proveniente da un altro sistema stellare. Ma Loeb, quasi da subito, ha avuto un’intuizione: poteva trattarsi di qualcosa progettato, costruito e lanciato da un’intelligenza extraterrestre. Lo ha messo nero su bianco nel 2018, in un articolo scritto a quattro mani con un suo brillante studente impegnato nel post dottorato, nel quale giustificava la teoria apparentemente bizzarra con vari elementi: la strana geometria di Oumuamua, lungo e sottile, la sua luminosità, l’assenza di una coda cometaria, l’accelerazione in linea retta al di fuori dell’orbita del Sole come se qualcosa lo avesse spinto.
OUMUAMUA, IL “MESSAGGERO” INTERSTELLARE, IMMAGINATO DA UN ARTISTA
«In quello studio, dicevo che avremmo dovuto considerare la possibilità che fosse un rottame tecnologico di un’altra civiltà», spiega in un’intervista rilasciata via internet al quotidiano britannico The Guardian. L’articolo è stato inviato alla rivista scientifica The Astronomical Journal e pubblicato quasi subito. E quasi subito, al contrario della maggior parte delle ricerche scientifiche destinate solo agli addetti ai lavori, è diventato virale. Merito dei blogger che lo hanno riportato con il titolo “Scienziato di Harvard crede negli Alieni”. Ve ne abbiamo parlato anche noi, https://extremamente.it/2018/11/05/oumuamua-e-una-sonda-aliena-spinta-dalla-luce-stellare/ Da quel momento la vita del professor Loeb è radicalmente cambiata: da stimato docente sconosciuto ai più, è diventato il fisico teorico più intervistato e più noto al mondo. Ma anche il più criticato all’interno del mondo accademico di cui fa parte. Adesso, lo sarà ancora di più- sia famoso che contestato, intendo.
Perché nel suo libro, intitolato “Extraterrestrial-The First Sign of Intelligent Life Beyond Earth”, non solo riprende quella teoria azzardata, ma la approfondisce e la rafforza. «Mi sono avvicinato a questo argomento come a qualsiasi altra anomalia scientifica: ho escluso ogni altra possibilità e ho pubblicato quella che mi sembrava la più plausibile. La scienza procede così, ho semplicemente raccolto più prove», dice. Oumuamua, secondo lui, poteva essere un’enorme vela a energia solare, lunghissima e sottile, spessa forse solo millimetri. Un tipo di tecnologia che solo da poco anche i nostri scienziati conoscono e stanno iniziando a utilizzare. «Le implicazioni sono ovvie- si legge nel libro di cui il Guardian anticipa frasi e contenuti- qualcosa o qualcuno lo ha costruito.» Potrebbe essere una sonda inviata ad esplorare il cosmo in cerca di tracce di vita o magari indirizzata proprio verso il nostro pianeta e in viaggio forse da migliaia o milioni di anni.
LA COPERTINA DEL LIBRO DEL PROFESSORE DI HARVARD
Affermazioni che hanno fatto insorgere gli astrofisici di mezzo mondo. Lo hanno accusato di gettare nel ridicolo l’intera categoria con teorie tanto assurde. «Quando esponevo la mia idea, il 99 per cento delle volte calava il silenzio», racconta. Un collega su Twitter ha definito la sua proposta un insulto. Un altro lo ha preso in giro: “La prossima volta che compare un oggetto insolito, non diciamolo ad Avi!”. «Questa cosa mi ha fatto arrabbiare. Roba da asilo. Ma parliamo di scienza!», dice. «Se qualcuno mi venisse a dire “per queste ragioni scientifiche, io ho un’ipotesi che ha molto più senso della tua”, io strapperei quello studio e lo accetterei. Ma la maggior parte delle persone che mi ha attaccato non ha mai dato un’occhiata al mio articolo o letto i contenuti o fatto riferimento ai punti in discussione». Insomma, una negazione a priori: non può essere, quindi non è.
Oggi ormai è cosa acclarata che Oumuamua fosse effettivamente un corpo di forma estremamente allungata. E asteroidi e comete sono di solito tondeggianti, fatti di roccia e di ghiaccio. Inoltre, hanno caratteristiche e comportamenti standard, noti e prevedibili. Ma quel viaggiatore spaziale, no. Si sono sviluppate allora altre spiegazioni alternative: per qualcuno, quel corpo poteva essere un gigantesco ammasso di idrogeno congelato e il gas- che quando brucia è invisibile- avrebbe funzionato da propellente senza mostrare traccia di coda. Oppure era un’enorme nuvola di particelle legate tra di loro da qualche elemento coesivo e fluttuante nel cosmo. In Extraterrestrial, il professore di Harvard nota:«La natura non ha mai mostrato propensione a produrre comete di puro idrogeno o soffici nuvole di materiale strutturalmente coesivo. Eppure tutte queste teorie sono state prese in esame seriamente. Allora perché la mia no?»
AVVICINANDOSI AL SOLE, LO STRANO OGGETTO HA ACCELERATO IN LINEA RETTA
Il caso sollevato dal bizzarro “Messaggero Celeste” è divenuto per lui un’occasione per riflettere sul ruolo e sui compiti della scienza. Si è convinto che l’atteggiamento conservatore, precluso a priori di fronte a idee innovative e rivoluzionarie, così come il timore di esporsi per evitare di compromettere la propria carriera universitaria, siano la rovina della scienza. Non c’è motivo, per Loeb, di negare ipotesi plausibili da un punto di vista scientifico solo perché sembrano stravaganti. «L’unica ragione per cui ho trovato il coraggio di andare avanti sono stati i messaggi di coloro che mi dicevano “sì, quell’oggetto è piuttosto inusuale”, ma me lo dicevano in privato perché avevano paura di parlare pubblicamente. Ma io non ho paura. Che cosa dovrei temere?»
La scienza non è un monologo, ma un dialogo con la natura. E la natura- spiega- non è quello che ci piace, che ci fa felici, che ci soddisfa: è quel che è. Come tale va accettata e spiegata. Una sfida che dovrebbe far scattare l’adrenalina in un ogni ricercatore degno di questo nome. «Quando i dati non sono quelli che ti aspetti, quando le prove non sono in linea con ciò che era previsto, bè, quelli per me sono i momenti più eccitanti. La natura ti sta dicendo: “quello che pensavi è sbagliato”. Io sono qui per questo, per imparare cose nuove. Non mi interessa avere like su Twitter o vincere premi. E pensare che un mio collega ha detto:”Quella cosa è così assurda, vorrei che non esistesse…”», dice al giornalista scrollando la testa deluso da come la scienza è diventata: piena di pregiudizi, chiusa alla discussione. L’esatto contrario di quello che dovrebbe essere.
IL PERCORSO DI OUMUAMUA NEL NOSTRO SISTEMA SOLARE
A bloccare il mondo accademico è dunque l’imbarazzo che la tematica “vita aliena” trascina con sé- UFO, omini verdi e cose di questo genere. Uno scienziato affermato rischia di venirne screditato per sempre, uno giovane di compromettere il suo curriculum. Entrambi, vittime del tabù, preferiscono evitare l’argomento. Ma Avi Loeb la pensa diversamente: «Come osano gli scienziati tacere su questa questione quando hanno la tecnologia per affrontarla e quando il pubblico è estremamente interessato? Ci sono fisici teorici che parlano di extra-dimensioni, di teoria delle stringhe, di multiverso- molto popolare nel mainstream– ma non indagano sulla vita extraterrestre?», si domanda polemico. Tutto molto vero e condivisibile. Ma il punto centrale da non perdere di vista è che il professore di Harvard non ci sta facendo una lezione di filosofia della scienza.
No, Loeb sta mettendo in gioco la sua intera carriera con un’ipotesi sconvolgente. E le sue non sono le farneticazioni di un visionario, ma le ponderate considerazioni di uno scienziato che ha esaminato il problema Oumuamua da ogni angolazione arrivando a una conclusione spiazzante. Quindi, per smantellare la sua teoria ci vorrà molto di più di qualche battuta ironica o di qualche insulto: servono le prove scientifiche– come ha detto lo stesso Loeb- che dimostrino che ha torto. Che la sua idea non sta in piedi. Che il suo libro è carta straccia. Ma fino a quel momento, la sua voce non può essere tacitata. Approfondendo lo studio iniziale, il docente israelo-americano ritiene ora che l’oggetto interstellare del 2017 «poteva essere lo strato più esterno squarciato di un’astronave- spesso come un foglio, nulla di sofisticato. Poteva essere della spazzatura spaziale. Poteva essere una sonda, inviata nella regione abitabile del nostro sistema solare molto tempo fa- lo considero meno probabile, ma è una possibilità. Magari era parte di una strumentazione usata per comunicare oppure per la navigazione».
UNA VELA SOLARE, UNA TECNOLOGIA NUOVA PER I NOSTRI SCIENZIATI
Varie ipotesi, un unico elemento comune: non sembrava un oggetto naturale. Ma qualunque cosa fosse, non lo sapremo mai con certezza. «Non sto affermando per certo che era un oggetto artificiale, sto dicendo che questa è una ragionevole possibilità basata sulle prove. E dal momento che questo ce lo siamo fatti scappare via, dovremo fare meglio quando ne incroceremo un altro simile». Avi Loeb è infatti convinto che ci siano tanti altri Oumuamua in giro nello spazio. Ma la volta prossima, scrive nel libro, attenti a non commettere lo stesso sbaglio.«L’errore più vergognoso che possiamo fare è non prendere questa possibilità sufficientemente sul serio». E invita i giovani colleghi a mantenere bene aperta la loro mente per non perdere altre occasioni importanti. In fondo, nessuno sa come, dove e quando apparirà la prova che esiste la vita aliena. Ma se non guardiamo, di sicuro non la troveremo.