Erich Von Daeniken e gli “Antichi Astronauti”. Parte prima
4 Luglio 2011

A caccia di fantasmi nel castello di Azzurrina

26 Giugno 2011

Azzurrina 

“Ci stanno guardando. Lì ci sono un uomo vestito di scuro e una donna in abito bianco, con i capelli raccolti a treccia. Là in mezzo c’è un altro uomo, un po’ più anziano. E lassù invece c’è un bambino”. Così mi spiega Marino Fantuzzi, puntando un dito alle tre finestre del castello di Montebello affacciate sul cortile interno. Quelli che mi indica però sono osservatori molto particolari: sono spettri che solo lui riesce a vedere e a descrivere con dovizia di particolari.

Perché Marino è uno dei “cacciatori di fantasmi” che si sono dati appuntamento sulle colline riminesi per una giornata psi- come dicono loro. Sensitivi- o meglio “persone sensibili”-, ricercatori del paranormale e medium riuniti in questo castello rinomato soprattutto per la leggenda di Azzurrina, la bimba dai capelli blu che scomparve un giorno lontano senza lasciare traccia. Era il 21 giugno del 1375.
Esattamente 636 anni dopo eccoci qui, con tutti gli strumenti che la tecnologia possiede per verificare ciò che da sempre l’uomo si domanda: esiste un’altra vita dopo la morte? E se esiste, si può entrare in contatto con l’Aldilà?
Il team variegato che si ritrova qui oggi è convinto di poter dare una risposta certa a questi interrogativi. Arrivano alla spicciolata, accompagnati da mariti e fidanzate, con la macchina fotografica al collo o la videocamera già pronta in mano. La mia prima impressione è di trovarmi di fronte ad un gruppo di amici in gita. Gente normale: padri di famiglia, ragazze tatuate, giovanotti coi capelli a spazzola… gente insomma che incontri per strada e nemmeno la noti. Nulla del loro aspetto fa presagire la loro “specialità”: comunicare con le anime dei morti.
“Ognuno di noi ha percezioni differenti, non è mai uguale- mi racconta una sensitiva che per tutta la giornata rimarrà poi in disparte, quasi isolata dagli altri.”Io vedo delle forme corporee, distinguo i volti, ne sento le voci. E a volte ho anche delle premonizioni del futuro: ho previsto il terremoto di Haiti, ne conoscevo la data e il numero dei morti. E sapere in anticipo queste sciagure senza poter far nulla per prevenirle non è piacevole!”, mi dice con una risatina nervosa che svela la tensione emotiva.
Quasi nessuno parla volentieri del proprio “dono”. Almeno non con me: sono estranea al gruppo, sembro solo una curiosa che riprende tutto con la telecamera e fa domande a raffica. E il “sensitivo” è abituato a tacere, se non vuole passare per visionario, persino in famiglia. “Mio padre? Guai! Non vuole sentir parlare di queste cose, non ci crede…” rivela Roberta Tomasoni, volto pulito e parlantina sciolta.”Mia mamma invece ormai l’ha accettato- aggiunge- perché anche la zia aveva le visioni”. Insomma, un talento ereditario. Roberta mi confessa candidamente di vedere quasi tutti i giorni i suoi nonni- deceduti, ovviamente. Ma quando le chiedo se per caso le diano messaggi importanti o le svelino avvenimenti del futuro, lei sorride e mi dice:”Ma va’! Parliamo del più e del meno. Mi danno anche consigli su come cucinare…” Lo avreste mai pensato?


Intanto l’esperimento va avanti. Con un georadar, Daniele Gullà- un perito biometrico che passa dalle aule dei tribunali ai cunicoli di antichi manieri- percorre stanze e corridoi alla ricerca di passaggi segreti, puntando nei luoghi indicati dai sensitivi. Il macchinario individua avvallamenti nel sottosuolo, tubature dell’acqua e anche un oggetto tondo di metallo non ferroso: forse uno scudo di bronzo, forse un piatto in rame. 

 In quella che forse nei secoli passati veniva utilizzata da cella, lo strumento rileva invece prima una cavità, poi un probabile gioiello d’oro sepolto a circa un metro e mezzo di profondità. “Proprio nel punto che gli ho indicato io, sono meglio del georadar!”, scherza Mattia Mascagni, stretto collaboratore di Gullà. “Ma ricordiamoci sempre che noi sensitivi non siamo infallibili. Abbiamo solo delle intuizioni che vanno interpretate e capite. E procediamo con molto rispetto”.
A tutti, però, questo castello medioevale ricco di storia- e di storie – non appare affatto disabitato. Non c’è solo il fantasma di Azzurrina, mi assicurano, ma decine di altre presenze: uomini e donne d’epoche antiche intrappolati per sempre tra le mura in cui hanno vissuto. Sospesi a metà tra il mondo reale e l’Aldilà, incapaci di passare oltre. Prigionieri del loro passato violento, oppure semplicemente troppo legati alla vita terrena da rendersi conto di non esistere più. Nessun sensitivo mi sa spiegare con esattezza perché “loro” siano ancora qui. E nemmeno le anime-dicono- lo sanno.
Per dimostrare –anche agli increduli come me- l’esistenza di queste entità, il team scatta foto a ripetizione. Le immagini, una volta lavorate e “pulite” al computer, a volte svelano dettagli inattesi. Compaiono sagome dall’aspetto umano, oppure nebbie luminose inesistenti a occhio nudo. Foto inquietanti sulle quali però grava il sospetto di possibili elaborazioni grafiche. Come quella- sorprendente- di un profilo evanescente che ricorda quello di una bambina in abiti d’altri tempi, che si è manifestato vicino ad una balaustra. Forse proprio l’immagine di Azzurrina. ”Ho fatto controllare questo scatto, opera di Mattia, da un laboratorio scientifico – dice Daniele Gullà- “Ho appena ricevuto la perizia , nella quale viene certificato che non c’è stata nessuna manipolazione al computer”. La foto dunque è genuina, a differenza di quanto insinuato da più parti. Ma dire cosa raffiguri, bè, questo è un altro discorso…
Comunque, per ora Azzurrina non si fa vedere. Ma la camera con il grande tavolo ovale- dove i sensitivi, in modo diverso, provano ad evocare i trapassati-ad un certo punto si fa molto affollata: mentre noi aspettiamo di vedere gli spettri, almeno 5 spettri arrivano per vedere noi. Marino fa da tramite, ripetendo ad alta voce le loro parole. Serena invece percepisce solo sensazioni e indica il punto della stanza in cui i fantasmi si spostano.
“Io sento a volte freddo, a volte colpi di calore, oppure mi si stringe lo stomaco. Così capisco dove sono. Percepisco se l’energia è maschile o femminile, ma le anime non mi parlano”. E mi racconta un episodio che l’ha impressionata.”Tempo fa, mentre dormivo, verso le 5 del mattino ho visto una donna a me sconosciuta sul letto di morte: soffriva e il suo corpo levitava di qualche centimetro dal materasso. Una visione vivida, reale, che mi ha sconcertato. All’indomani ho capito: avevo visto morire la moglie di un mio conoscente. E’ stato lui stesso a dirmi che era spirata alle cinque del mattino. L’ho riconosciuta vedendola in foto. Ma ancora oggi non so perché sia apparsa proprio a me, né cosa volesse dirmi”.
Anche a Roberta si manifestano a volte degli sconosciuti. “Specie di notte. Mi fissano in silenzio. Io allora mi copro la faccia con il lenzuolo e aspetto che svaniscano”. Immagino che sia per la paura.”No, anzi- garantisce lei- Queste visioni mi danno serenità. Prima avevo paura di morire. Adesso no. So che, dopo la morte, la vita continua, anche se in un’altra forma”.

Qui non c’è alternativa: o si crede oppure no. Non c’è prova che regga ai racconti straordinari che ascolto. Guardo negli occhi i miei interlocutori, sembrano tutti in buona fede. Ma basta questo per stabilire che dicono la verità? D’istinto vorrei aver fiducia in loro, ma i dubbi sono più forti. Nonostante tutto.
Così resto perplessa anche di fronte alle voci incise nel registratore in cui scorrono confusi i segnali AM di radio scanalate una dopo l’altra. Nel coacervo di voci e suoni , mi spiegano i parapsicologi, a volte emergono sillabe , mezze parole che sembrano risposte a domande formulate dai ricercatori. “Ci vuoi dare un messaggio?”, chiede Daniele alla presenza che si è manifestata ai sensitivi. Qualche secondo e poi ripete ad alta voce quello che ha ascoltato all’auricolare del registratore. “Luce! Ha detto che ha bisogno di luce!”. E tutti allora ci raccogliamo in preghiera, perché se un’anima chiede “luce “ vuol dire che le serve aiuto per salire fino a Dio.
“Come sei morto?”, interroga Daniele un ‘altra entità . Con lo stesso sistema, tra le voci sovrapposte, registrate in un tuning impazzito, questa volta Daniele individua un’intera frase di risposta:” Non son morti…”. A parlare dovrebbe essere uno spettro rimasto così attaccato alla sua dimensione terrena da non riuscire ad andare nell’altro Mondo, quello di puro spirito- o almeno così mi spiegano.
Nel baillame di contatti, visioni, messaggi dall’Aldilà, perdiamo di vista Guendalina, per tutti Azzurrina. Siamo venuti per lei, in fondo, per la povera bimba di cui si è persa ogni traccia proprio in una sera del solstizio d’estate di tanti secoli fa. La creatura albina alla quale la mamma- per salvarla dalle superstizioni dell’epoca- aveva tentato di tingere i capelli di nero, ottenendo però solo una chioma bluastra, non è più emersa dai sotterranei del castello in cui stava giocando a palla. Inghiottita dalla Storia, è diventata Leggenda.
Per trovare suoni o figure che ci parlino di lei , i ricercatori piazzano videocamere ad infrarossi vicino alle scale dalle quali non è più risalita e altre ancora nelle stanze più infestate. Ormai è notte. In silenzio usciamo nel cortile e rimaniamo al buio, mentre all’interno riecheggia una musica famigliare ad Azzurrina e agli altri suoi compagni spettrali: un brano rinascimentale. Quelle note, sperano i sensitivi, aiuteranno gli spiriti a manifestarsi proprio davanti agli obiettivi delle videocamere accese.
E qualcosa sembra davvero accadere. Nei giorni successivi, riascoltando tutte le registrazioni, il gruppo di Gullà scopre   su un dvd un  messaggio. Una voce molto giovane sembra pronunciare una serie di parole di senso compiuto, qualcosa che suona più o meno così  “Ciao…son chiuso qui dentro il tempo”.E il timbro  è molto più distinto e chiaro  delle altre volte. Non ci sono radio mixate in sottofondo. Ci sono  solo silenzio e il ronzio della registrazione. Perchè in quella stanza non c’era davvero nessuno. Salvo scherzi di cattivo gusto…
Dopo ore che li osservo e li interrogo, sono ormai entrata in confidenza con i miei nuovi amici. Le domande si fanno più personali, le rivelazioni più sorprendenti. “La gente spesso mi prende per matto, ma sono sempre di più quelli che mi credono. Me ne sono successe di tutti i colori!- dice Marino che aggiunge: “Quello che vedi qui è niente: ci sono castelli ancora più incredibili di questo, dove è un pullulare di fantasmi”. E mi racconta la storia di un maniero del forlivese, chiuso al pubblico, nel quale lui invece ha l’autorizzazione ad entrare e “ogni volta succedono cose pazzesche”- giura. Le persone che si sono susseguite nel ciclo naturale dei secoli, con tutto il loro carico di dolori ed emozioni, hanno lasciato impressa la loro energia nelle pietre. Quelle anime ritornano per ripetere in eterno le azioni compiute in questa vita. “Una volta ho visto un uomo, vestito con una giubba , che mi guardava sporgendosi di lato. Non capivo perché. Poi è stato tutto chiaro: in epoche passate, in quel punto c’era un muro. Quindi lui per vedermi, nel suo tempo, avrebbe dovuto piegarsi proprio in quel modo. E lo faceva anche se il muro non esisteva più”, mi spiega il sensitivo. Che giustifica così la sua famigliarità di quel posto: “Sai, io ho abitato parecchi anni nel castello”. Penso , tra me e me, che sia il figlio del custode: ecco perché ha il permesso di accedere dove agli altri è vietato. Ma il racconto continua. “Sì, ci ho abitato. Nel 1300. Ero un templare… “

Metempsicosi, dunque. Per questi cultori del paranormale è naturale che sia così. L’anima non muore, ma sopravvive alla materia e quasi sempre torna a reincarnarsi  in un nuovo corpo. Salvo rare eccezioni: i fantasmi, appunto, anime tormentate incastrate tra le due dimensioni.
Sarà l’atmosfera, sarà la suggestione, ma anch’io, come in un gioco di società,  provo a porre domande all’aria immaginando invisibili entità che mi circondano:” Come ti chiami? Mi dai la prova che esisti?”. Inutile dire che non ricevo alcuna risposta verbale. Eppure, qualcosa di imprevisto succede… Mi metto in posa per Mattia che vuole fotografare la mia “aura”, quell’energia che si emana  dai nostri corpi e che rifletterebbe la nostra anima: usa una particolare ottica al quarzo che serve per enfatizzare le frequenze di luce UV che l’occhio umano non percepisce. La foto lavorata al computer rivelerà  un alone arancione – la mia aura, appunto.

Ma non è quello a stupire . Passando l’immagine sotto un altro filtro, l’alone cambia forma e come una sorta di nebbiolina   mi vela  il viso e parte del busto. Anche questo è solo uno scherzo?

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