Un mito universale, conosciuto in ogni cultura del mondo, antica e contemporanea. L’uomo selvatico, raffigurato come un enorme scimmione dall’andatura barcollante seppur eretta, oppure come un piccolo ominide dal corpo ricoperto di peli, è stato raffigurato, descritto o ripreso centinaia di volte. Ma il più famoso di tutti resta lo Yeti, noto in Occidente anche come “l’abominevole uomo delle nevi”.
Lorenzo Rossi, uno dei pochi criptozoologi italiani, ha seguito le tracce di questa misteriosa creatura tra le altissime montagne che ne custodiscono il segreto: l’Himalaya…
< Sì, io sono stato 3 mesi in Nepal, dove è nata la leggenda dello Yeti. Gli sherpa conoscono questo animale che chiamano “yeh-teh”. Qual è però la cosa curiosa che noi non immaginiamo? “Yeh-teh” significa “animale delle rocce” e non è descritto come un gigante o un uomo scimmia o qualcosa di mostruoso. E’ descritto semplicemente come una scimmia alta 120-150 cm, dal pelo rossiccio e che deambula con le 4 zampe. Quindi non cammina in posizione eretta come l’uomo.>
Rossi, con queste poche parole, ci fa crollare le nostre poche certezze… Lo Yeti- ammesso che esista- non avrebbe proprio nulla di abominevole. Eppure negli ultimi 150 anni molti scalatori hanno raccontato di incontri -sempre a distanza- con creature pelose e gigantesche. Come si spiega?
<Sono appunto solo racconti… Credo che possano essere spiegati con avvistamenti di orsi visti da lontano. Anche perchè la cosa interessante sul fenomeno dello yeti è che le orme che l’animale lascerebbe non sono orme simili a quelle dell’uomo, ma veramente orme di una scimmia, di un primate, tipo un gibbone. Furono trovate da due scienziati molto esperti in primatologia, Mc Neilly e Cronin, nel 1972. L’ipotesi che possa esistere una specie di scimmia ancora sconosciuta che vive sull’Himalaya è interessante. Ma il paradosso è che se un giorno venisse scoperta, nessuno direbbe: questo è lo yeti. Perché ci aspettiamo quello che la nostra immaginazione ha creato, un mostro semiumano, e ci dispiacerebbe vedere che è “solo” un animale.>
Insomma, lo Yeti è cresciuto a dismisura- ma solo nella nostra fantasia- e la sua leggenda si è autoalimentata. Proprio come sarebbe successo , nel secolo scorso, ad un altro essere mostruoso: Nessie.
<Dal mio punta di vista, il mostro di Lochness non esiste in quanto mostro. Se però guardiamo attentamente a tutta la leggenda, come nasce, come avvengono i primi avvistamenti e come sono le descrizioni dell’animale osservato, possiamo fare un’ipotesi che secondo me non dovrebbe essere troppo distante dalla realtà. Il fenomeno Lochness nasce infatti nel 1933, quando marito e moglie osservano quello che dicono essere un pesce enorme. I coniugi vanno al giornale locale, raccontano tutto al direttore che dice loro:”Io vi credo, pubblicherò l’articolo, ma se l’animale è grande davvero come dite, non può essere un pesce, deve essere un mostro.” E quel giorno nasce ufficialmente il mostro di Lochness. L’animale che prima di allora era stato sempre considerato un pesce, forse un enorme storione, diviene all’improvviso un animale preistorico, un rettile acquatico tipo il plesiosauro, il dinosauro dal lungo collo e con le 4 pinne. Insomma, una storia con un fondo di verità si è evoluta rapidamente in leggenda e lo storione fuori misura penetrato nel lago è diventato per tutti un mostro.>
Dietro a molte false scoperte, si nascondono la ricerca di pubblicità, la voglia di protagonismo, se non semplicemente la goliardia… Come distinguerle?
< L’iter di una scoperta procede secondo regole precise. Quando si ritiene di aver trovato qualcosa di significativo, lo si scrive e l’articolo viene esaminato da un team di esperti. Solo se loro lo ritengono interessante, la pubblicazione viene riconosciuta ufficialmente. E così che dovrebbe essere divulgata una scoperta. Chi invece convoca conferenze stampa o fa interviste sui giornali, magari mostrando foto e filmati, spesso purtroppo non porta nessun contributo alla scienza. Solo chiacchere.>
E’ vero però che spesso la scienza ufficiale, quella accademica, guarda con sospetto a tutte le nuove teorie e le respinge in blocco, senza nemmeno approfondirle…
<In effetti è così, spesso la scienza procede col paraocchi. D’altronde il metodo scientifico è il migliore che l’uomo abbia per salvarsi da tutti gli imbrogli e scoprire la verità. Forse il mondo accademico è un po’ chiuso, eppure anche ai non-professionisti è permesso fare delle scoperte importanti. Alcune specie animali sono state individuate da esploratori, da semplici appassionati, oppure da studiosi di discipline diverse dalla zoologia. Va detto, però, che tutti costoro avevano portato delle prove. E davanti alle prove, anche la scienza accademica si arrende.>
Ma nel caso dell’uomo-scimmia, possiamo già stabilire a priori che non esiste, che è inutile proseguire le ricerche?
< Direi di no. Perchè come finora nessuno ha dimostrato che una di queste creature esiste, d’altro canto non si può dimostrare la non-esistenza di qualcosa. Specie poi quando poi gli habitat in cui questi esseri vivrebbero sono così sterminati, immensi. Quindi il problema non sta tanto nella possibilità che esistano, ma nell’attuale mancanza di prove più certe, più solide.>
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