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Il SETI ricomincia a scandagliare l’Universo. Ma cerchiamo nella direzione giusta?

10 Agosto 2011

 

Il SETI torna in funzione. Il programma di ricerca di forme di vita extraterrestri intelligenti- dopo uno stop legato ai problemi di budget – presto riprenderà.

L’annuncio è arrivato poche ore fa, da Tom Pierson , fondatore del SETI insieme a Jill Tarter (l’astronoma che  ha ispirato la figura interpretata da Jodie Foster nel film “Contact”). Circa 2mila generosi benefattori hanno infatti donato al SETI  un totale di 200mila dollari. Così, da settembre, l’Allen Telescope Array – noto anche con l’acronimo ATA- ricomincerà a perlustrare lo spazio più profondo alla ricerca di segnali da altri mondi.

Una ricerca- va detto- che finora non ha portato al benché minimo risultato. Prova che non esiste vita intelligente nell’Universo- secondo i più scettici. Oppure, dimostrazione che stiamo sbagliando completamente metodo.

E’ quanto pensa, ad esempio, una delle menti più brillanti nel campo della fisica teoretica, ovvero il professor Michio Kaku. Quando l’ho intervisto a New York, lo scorso anno,  ha espresso in questi termini la sua opinione in merito:

< Noi ci aspettiamo di riuscire a comunicare con altre civiltà  utilizzando una determinata frequenza radio.  Ma è pura illusione: perché comunicare così  è facile per noi, ma non per loro. Magari gli alieni usano  i raggi laser, oppure  diverse forme di frequenze. Invece, noi siamo così sciocchi da pensare che se non comunicano in quel determinato modo stabilito da noi, allora vuol dire che non esistono…  E’ come quando, di notte, ci cascano le chiavi a terra. E noi che facciamo? Le cerchiamo solo dove c’è un po’ di luce, dove riusciamo a vedere. Eppure, potrebbero essere da qualsiasi altra parte. Forse è proprio per questo che non abbiamo ancora ricevuto segnali dallo spazio: perché guardiamo nella direzione sbagliata.>

Kaku, noto al grande pubblico per i suoi programmi scientifici  divulgativi e i suoi molti interventi in tv, ritiene non solo possibile, ma addirittura  certa la presenza di altre civiltà nell’Universo. Nei suoi libri ne  ha teorizzato 4 “gradi”  in base al tipo di energia utilizzata:  dal livello 0 ( ovvero noi, che ancora usiamo  forme di energia di natura organica, come petrolio e carbone) fino al livello 3 ( quello delle civiltà galattiche, capaci di sfruttare l’energia delle stelle e di viaggiare da una galassia all’altra ). Quindi, in questa scala di valori,  noi ci posizioneremmo all’ultimo gradino possibile . E se siamo tanto primitivi rispetto agli altri Popoli delle stelle che ci surclassano  in quanto a tecnologia e conoscenze scientifiche, ci stupiamo se non riusciamo a vederli, a parlare con loro, ad intrattenere un qualsiasi rapporto? Il fisico nippo-americano lo spiega con una metafora di semplice interpretazione:

< Lei andrebbe mai a visitare un formicaio? Porterebbe a delle formiche l’energia nucleare, i razzi, gli aerei?  C’è la possibilità che gli alieni siano  più tecnologicamente avanzati di noi di 2mila anni. Magari sono già venuti a visitarci, ma non siamo sembrati loro abbastanza interessanti e sono ripartiti… Noi pensiamo di essere i migliori, i “numeri uno” dell’Universo, invece siamo al livello zero  e potremmo essere stati scartati da chi ci è tanto superiore. E poi: ammesso che una civiltà aliena abbia voglia di comunicare con noi, saremmo abbastanza intelligenti per capirlo? Probabilmente no.  Se lei fosse una formica in un formicaio e degli operai le costruissero un’autostrada accanto, lei riuscirebbe a comunicare con loro?  Conoscerebbe la lingua giusta per parlare con i lavoratori? Capirebbe che cos’è un’autostrada?  La stessa cosa vale per noi. Forse gli alieni sono già qui, sono nostri vicini di casa,  ma siamo così stupidi da non capirlo.>  

 

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