L’Egittologia, ormai da decenni, ha fissato in modo certo e inconfutabile la data di costruzione delle tre piramidi di Giza. Secondo i libri di storia che tutti noi abbiamo studiato, esse furono volute dai faraoni della Quarta Dinastia Cheope, Chefren e Micerino come propri monumenti funerari. La grande piramide, in particolare, venne costruita verso il 2500 a.C. E tutto il complesso di Giza- formato da altre piccole piramidi-satelliti, templi, santuari e dalla straordinaria Sfinge- venne edificato in quello stesso periodo. Eppure, di tutto ciò non vi è la minima prova storica.
Le tre piramidi, quando furono esplorate, risultarono completamente vuote: non furono trovate nè le mummie nè gli arredi funebri nè, stranamente, alcuna iscrizione che facesse riferimento ai tre faraoni che le avrebbero fatte edificare. Infatti, ormai è ecclarato, i cartigli scoperti sopra la cosiddetta Camera del Re nella piramide di Cheope riportanti il nome del Faraone vennero aggiunti in modo fraudolento dal colonnello inglese Howard Vyse, nella prima metà del 1800. E anche la datazione della Sfinge al XXVI secolo a. C. è a tutt’oggi giustificata solo da un’iscrizione molto deteriorata trovata su una stele tra le zampe dell’immensa scultura e la cui interpretazione non è affatto univoca. Infatti vari ricercatori autonomi, non vincolati al mondo accademico, hanno avanzato, negli ultimi anni, teorie rivoluzionarie che portano molto indietro nel tempo la costruzione di questi incredibili monumenti. Uno di loro è proprio Robert Bauval.
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< Quando scrissi il mio primo libro (“Il mistero di Orione” ) nel quale presentavo la correlazione tra le piramidi di Giza e la Cintura di Orione, qualcosa non collimava. Era come se avessi 2 fotografie, identiche o molto simili, ma quando le sovrapponevo mostravano di avere un angolo differente. Non riuscivo a riaggiustarle. Come fare? Non potevo spostare le piramidi e nemmeno le stelle: ma avevo l”immagine della Cintura di Orione nel cielo e quella sulla Terra a Giza che non coincidevano. Mi ricordo che ad un certo punto però dissi al mio coautore del libro successivo, Graham Hankock: “Penso di poterle spostare”, e lui mi disse: “Ma sei pazzo? Com’è possibile?”. Certo, si possono spostare: basta andare in un’epoca differente. Ma dove precisamente? Gli egittologi dicono che le piramidi furono costruite nel 2500 a. C. Questo è il limite con il quale abbiamo sempre dovuto confrontarci. Però gli Antichi Egizi identificavano la Cintura di Orione nel dio Osiride ed essi dicevano che da lui si era originato l’Egitto. Lo dicevano riferendosi ad un tempo ben preciso, che denominavano “Tep Zepi”, ovvero “Il primo tempo”. Equivale alla nostra “Genesi”. Allora pensavamo: “Quale può essere il primo tempo per le stelle?” E subito ci siamo detti: “Controlliamo il corso delle precessioni“, ovvero l’apparente movimento delle stelle che dura circa 26mila anni. Se le osservi- e le piramidi ti invitano a farlo- le vedi fondamentalmente salire e scendere nel cielo, nel corso di 26 mila anni. Quindi c’è un inizio e una fine, un inizio e una fine… Allora ci siamo detti: torniamo indietro, all’inizio! Siamo andati fino al 10.500 a.C. e a quel punto le immagini di cielo e terra collimavano.”
Le mani che battono insieme e il sorriso raggiante di Bauval sottolinea, a distanza di tanti anni, il senso dell’impresa. Il programma al Pc che riproduce la volta celeste del passato , nel suo viaggio a ritroso, giunge alla data in cui il simbolo celeste di Osiride si rispecchia perfettamente con la sua rappresentazione terrena sul suolo di Egitto. Ma la data è sconvolgente: il 10.500 a.C, quasi 13mila anni fa, quando – per antropologi e storici- l’uomo a malapena sapeva costruire casupole e non possedeva alcuna nozione tecnica o scientifica. Come aveva potuto innalzare i monumenti più straordinari della sua storia, mai eguagliati in seguito? Ma la ricostruzione al computer dei cieli antichi non lasciava dubbi ai due scrittori alle prese con un mistero incredibile…
<Era tutto giusto, tutto corrispondeva. Dovevamo annunciarlo al mondo, ma sapevamo che era una notizia scioccante. Quello che mi ha convinto a riverlarlo è stata la perfetta corrispondenza delle immagini. Il Nilo coincide con la direzione della Via Lattea, come coincide la posizione delle stelle in cielo con le piramidi sul terreno. Ma la cosa più interessante è che così la Cintura di Orione viene bloccata letteralmente nel punto più basso, a meridione, e nello stesso tempo nell’est vero, dove il sole sorgeva nel giorno dell’equinozio di primavera. Abbiamo capito subito che anche la Sfinge guardava in questa direzione. Quindi avevamo un altro monumento, fissato esso stesso a est, che guardava il sorgere il sole nel giorno dell’equinozio. Ricordo molto chiaramente- perché puoi farlo con questi programmi al computer- che vidi sorgere in quel preciso istante anche la costellazione del Leone.>
Insomma, la Sfinge- questa creatura enigmatica dal corpo leonino e con testa umana- nel giorno dell’equinozio di primavera guardava il punto esatto in cui il Sole sorgeva dalla costellazione che essa rappresentava. Proprio come indicava il suo nome egizio: Hor-em-akhet, che significa “Horus che dimora all’orizzonte”. E Horus, figlio di Osiride, veniva identificato con Ra, il sole. Il monumento- per quanto ne sappiamo finora, un ‘unicum’- fisserebbe per sempre nella sua roccia calcarea una data: il 21 marzo 10.500 a.C.
<Sì, proprio tutto coincideva– ricorda ancora con entusiamo l’autore di questa scoperta– C’era una possibilità su un milione che tutti questi elementi fossero solo delle strane coincidenze . Così l’abbiamo annunciato al mondo. Io e Graham Hancock abbiamo scritto il libro (“Custode della genesi”) che ha sollevato una terribile controversia e ancora adesso la nostra teoria trova una profonda resistenza. Ma io sono convinto che non siano coincidenze. A sostegno della nostra scoperta, qualche anno dopo, sono arrivati gli studi di altri due ricercatori- Robert Schoch e John West- che hanno portato un altro aspetto, l’aspetto della geologia.>
Analizzando l’erosione sul corpo della Sfinge- segni che percorrono, dall’alto verso il basso, la pietra- Schoch e West hanno infatti stabilito che a provocarla non sia sia stata la sabbia del deserto o il vento, ma l’acqua. La pioggia, cadendo abbondante, nel corso dei secoli avrebbe lasciato dei solchi sui lati della Sfinge. Quindi il monumento doveva essere stato costruito quando il clima dell’Egitto era molto diverso dall’attuale: ovvero, svariate migliaia di anni fa, dopo la fine dell’ultima Glaciazione, quando anche sul Nord Africa le piogge erano copiose. Nel XXVI secolo a.C., la Sfinge sarebbe stata non costruita, ma restaurata. Il Faraone Chefren, nell’occasione, avrebbe fatto scolpire al posto della testa del leone- molto danneggiata- la propria. Questo spiegherebbe l’evidente sproporzione tra volto della Sfinge e il resto del corpo.
<Esatto. Così, a questo punto, ci sono due scienze- l’astronomia e la geologia– che dicono le stesse cose. E si tratta di due scienze sicure, fondate, incontestabili. Gli egittologi non hanno più potuto ignorare questa teoria. Però hanno potuto obiettare che mancavano le prove. Dove sono i manufatti o i resti di una qualsivolgia civiltà vissuta in epoche così remote? Hanno ragione, purtroppo non se ne sono trovate a Giza. Si può dire che la teoria funziona, il meccanismo funziona, ma non c’è la prova definitiva, un qualcosa di tangibile. Ma lo hanno detto e ripetuto fino ad oggi, fino a quando non si è scoperta Nabta Playa , di cui parlo nel mio ultimo libro. E questo ha cambiato tutto, perché le prove sono lì. Ora noi sappiamo che ci fu una pre-fase della civiltà faraonica, migliaia di anni prima, e il tipo di religione astronomica che essi seguivano- e che noi pensiamo originata dai costruttori delle piramidi- in realtà risale a migliaia di anni prima. E’ un fatto: c’è una sorta di ponte di collegamento tra la civiltà faraonica e una molto più antica, che è concretamente studiabile. Questo non è contestabile: gli egittologi avranno i loro problemi per confutare questa scoperta…>
FINE SECONDA PARTE