La Sindone non è un falso medioevale. Dopo 5 anni di prove ed esperimenti, è a questa conclusione che sono giunti alcuni esperti dell’Enea, l’Ente Nazionale per le nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente. Lo studio- anticipato in esclusiva da “Vatican Insider”, il sito della Stampa.it – ribalta i risultati dell’ultima, completa analisi scientifica alla quale il Lenzuolo di Torino è stato sottoposto e che suonava come una bocciatura irrevocabile.
Era il 1978, quando con il beneplacito del Vaticano venne istituita un’equipe multidisciplinare di scienziati americani incaricata di esaminare quel telo, di proprietà prima della famiglia Savoia e dello Stato italiano poi, che secondo la tradizione cristiana aveva avvolto il corpo di Gesù deposto dalla croce. I membri dello Sturp (acronimo di “Shroud of Turin Research Project”) ebbero la possibilità di esaminare da vicino il sudario passato attraverso molte mani e molte peripezie (inclusi due incendi) e lo sottoposero ad ogni tipo di controllo. Eppure, i massimi esperti dell’epoca poterono accertare solo come non era stata prodotta l’immagine corporea: non era dipinta, non era stampata, non era stata ottenuta tramite riscaldamento. Poi, nel 1988, arrivarono i risultati dell’esame del radiocarbonio, effettuato su un piccolissimo campione della tela, tagliato in una parte marginale. La sentenza sembrò inappellabile: la stoffa risaliva al XIV secolo, dunque a molto tempo dopo la morte del Cristo.
Caso archiviato, dunque? La Chiesa sembrò accettare con rassegnazione la risposta della Scienza e invitò i fedeli a considerare la Sindone non come una reliquia da venerare, ma come un’immagine simbolica “specchio del Vangelo”. Forse una resa affrettata. Perchè nel frattempo gli studi sono andati avanti, grazie anche a nuovi strumenti, a nuove tecniche. E soprattutto perchè quell’esame del radiocarbonio si è dimostrato niente affatto sicuro nè tanto meno accurato. La prima contestazione riguarda la serie di contaminazioni alle quali il Sacro Lino è andato incontro nella sua storia, tali da rendere inaffidabile quel tipo di datazione legata al decadimento del C14.
Ma non è l’unico punto oscuro. Nel suo articolo, il vaticanista della Stampa.it Marco Tosatti scrive infatti: “È un esame la cui credibilità è stata resa molto fragile oltreché dalla difficoltà oggettiva (le possibilità di contaminazione di un tessuto di cui non si conosce che in parte il percorso storico sono altissime), anche da errori fattuali di calcolo dimostrati e dall’impossibilità di ottenere per i controlli necessari i “dati grezzi” dai laboratori. A dispetto delle reiterate richieste. Un’omissione che basta da sola a gettare un’ombra pesante sulla correttezza scientifica dell’episodio».
Dubbi ben evidenziati nel documentario trasmesso nel 2008 dalla BBC e ora ribaditi dall’Enea. Lo studio firmato dai ricercatori Di Lazzaro, Murra, Santoni, Nichelatti e Baldacchini smonta l’ipotesi della Sindone come prodotto di un falsario medioevale. Leggiamo infatti: «La doppia immagine di un uomo flagellato e crocifisso, visibile a malapena sul lenzuolo di lino della Sindone, presenta numerose caratteristiche fisiche e chimiche talmente peculiari che rendono ad oggi impossibile ottenere in laboratorio una colorazione identica in tutte le sue sfaccettature. Questa incapacità di replicare e quindi falsificare l’immagine sindonica impedisce di formulare un’ipotesi attendibile sul meccanismo di formazione dell’impronta. Di fatto, ad oggi la scienza non è ancora in grado di spiegare come si sia formata l’immagine corporea sulla Sindone».
Un vero, assoluto, incomprensibile mistero. Ma, come dicevamo, anche dopo il 1988 i ricercatori non hanno mai smesso di studiare quell’impronta impressa sul Lenzuolo di Torino per capirne l’origine. E gli indizi a sostegno della sua autenticità si sono moltiplicati. Appurato che non si tratta di un dipinto ( nè di Leonardo, come qualcuno ha persino ipotizzato, nè di altri artisti del passato), visto che non ci sono tracce di pigmenti, è emerso chiaramente che l’immagine riflette un corpo tridimensionale. Un corpo che perdeva sangue umano, di gruppo AB- molto raro in Europa, ma diffuso in Medio Oriente.
Non solo: nella trama della tela, i botanici hanno trovato più di 50 tipi diversi di polline proveniente, per la maggior parte, da piante che crescono solo in quella area del mondo chiamata Palestina– la terra di Gesù. E ancora: sulle palpebre dell’Uomo della Sindone qualcuno avrebbe posto due monete romane ( le cui iscrizioni sembrano parzialmente leggibili, impresse anch’esse sul sudario), proprio come si usava fare all’epoca sugli occhi dei morti. Nel 2009, poi, uno studioso francese ha affermato di aver individuato, stampate sul lino per contatto, anche alcune lettere in aramaico– una lingua che smise di essere parlata e scritta dal I secolo d.C.
Altre scoperte interessanti le illustra poi il professor Marco Fasol nel suo libro “L’uomo della Sindone, un’immagine tra scienza e mistero”, scritto insieme a Corona Perer. Il noto sindonologo afferma infatti che il processo di coagulo e di scioglimento della fibrina del sangue presente sulla tela di Torino “risulta interrotto dopo un periodo di 36 – 40 ore di contatto del corpo con il lenzuolo. Proprio il periodo di permanenza del corpo di Gesù nel sepolcro, secondo i racconti evangelici.” Inoltre, uno studio pubblicato dal professore Giulio Fanti, docente universitario di Padova, ha stabilito che l’immagine è data solo dalle fibrille superficiali del lino– le uniche a risultare di colore diverso- come se fossero state irradiate da un lampo di luce. Un fenomeno che non solo non ha spiegazioni in natura, ma che finora è stato impossibile riprodurre. Scrive ancora Fasol: “Anche l’assenza di tracce di decomposizione e il contorno senza sbavature delle macchie di sangue è un evento inspiegabile per la scienza allo stato attuale.” Insomma, da lì, quel corpo avvolto è sparito non si sa come prima che iniziasse a decomporsi.
Anche gli esperti dell’Enea per 5 anni hanno provato e riprovato a duplicare un’immagine simile a quella della Sindone. Hanno innanzitutto confermato che essa non si è formata per contatto diretto della stoffa sul cadavere “perché sono assenti le deformazioni geometriche tipiche di un corpo a tre dimensioni riportato a contatto su un lenzuolo a due dimensioni. Inoltre, manca l’impronta dei fianchi del corpo.” In più, sotto le macchie di sangue non c’è immagine: ciò implica che le tracce di sangue si sono depositate prima e l’immagine si è formata in un momento successivo. Ma come, se non è stata dipinta, nè stampata, nè ottenuta per riscaldamento?
L’unica possibilità- ammettono- è un’emissione straordinaria di energia. Ecco cosa si legge nella relazione dell’Enea: “Un brevissimo e intenso lampo di radiazione VUV direzionale può colorare un tessuto di lino in modo da riprodurre molte delle peculiari caratteristiche della immagine corporea della Sindone di Torino, incluse la tonalità del colore, la colorazione superficiale delle fibrille più esterne della trama del lino e l’assenza di fluorescenza”.
Ma… c’è un ma. Ed è proprio il punto focale del grande mistero legato a questa enigmatica tela e alla Risurrezione di Gesù tramandata dai Vangeli. Gli uomini di scienza infatti scrivono: <Va sottolineato che la potenza totale della radiazione VUV richiesta per colorare istantaneamente la superficie di un lino corrispondente ad un corpo umano di statura media è di 34mila miliardi di Watt e ciò rende oggi impraticabile la riproduzione dell’intera immagine sindonica usando un singolo laser eccimero, poiché questa potenza non può essere prodotta da nessuna sorgente di luce VUV costruita fino ad oggi>.
SABRINA PIERAGOSTINI