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“Guarda, un’auto che vola…” Presto potrebbe essere realtà

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Nei film di fantascienza ambientati nel futuro le vediamo spesso: auto volanti che solcano i cieli plumbei delle città sovraffollate e brulicanti del XXII secolo. Chissà, forse queste scene che sembrano pura immaginazione potrebbero diventare realtà prima di quanto si pensi. E proprio nella cara, vecchia Europa.

DAL FILM "BLADE RUNNER": UN'AUTO CHE VOLA

Gli esperimenti che ci porteranno- pare presto- a veder volare le macchine vengono condotti presso l’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia (ETH) a Zurigo. È qui che il professor  Raffaello D’Andrea sta sperimentando una serie di robot in grado di librarsi e di muoversi nell’aria. Poco più che quarentenne, di origine italiana come rivela il nome, ma cresciuto in Canada dove si è laureato in ingegneria, a dispetto della sua giovane età D’Andrea è già uno dei direttori dell’Istituto del Politecnico per i sistemi dinamici e di controllo (IDSC). Un geniaccio della robotica, insomma.

Nella palestra del dipartimento di Ingegneria Meccanica in cui lavora da alcuni anni, le macchine volanti del futuro esistono già– anche se in misure ridotte. Droni a più motori roteano nell’aria e si spostano seguendo i comandi che il professore impartisce semplicemente muovendo una mano o alzando un dito. Nella “Arena Flying Machine”, questi costosissimi congegni volanti sembrano falchi che ubbidiscono al loro falconiere: un gesto e si alzano in verticale, un altro e virano improvvisamente, un altro ancora e fanno una capriola nell’aria. Poi D’andrea batte le mani e il robot prontamente atterra. Sembra una magia alla Harry Potter e invece è tutta scienza.

Queste danze nell’aria di  dispositivi grandi all’incirca come un piatto o un vassoio non sono infatti magiche. Sono possibili grazie ad un sensore di movimento Kinect (come quelli delle moderne consolle per i videogiochi)  posto a terra e puntato sul docente: un computer traduce i gesti in comandi e li trasmette con la rete wireless al drone- monitorato da otto telecamere posizionate sul soffitto. E il gioco è fatto. Certo, non sempre tutto funziona per il verso giusto: il pavimento della palestra infatti è imbottito, per attutire l’impatto quando questi gioiellini della tecnica si schiantano al suolo…

IL PROF. D'ANDREA CIRCONDATO DAI SUOI ROBOT VOLANTI

“Il mio obiettivo è costruire dei robot volanti così comuni e semplici che chiunque li possa  manovrare. Le automobili di oggi sono il mio ideale”, spiega alla rivista tedesca Der Spiegel online. “Sono quasi perfette, basta solo mettere il carburante e controllare l’olio ogni tanto…”. Il pensiero del professore va  infatti oltre: oltre al drone usato per gioco, fino alla vettura utilizzata nella vita quotidiana. Ma per portare questo sogno più vicino alla realtà, prima deve riuscire ad  insegnare ai suoi droni a fare ciò che vogliono i loro piloti, evitando schianti e collisioni.

Come? Istruendo le macchine a comunicare tra loro. E’ il compito di un altro scienziato che lavora  all’ETH nella sede Losanna, il dottor Dario Floreano. “Siamo già riusciti a far volare contemporaneamente 10 droni”, dice con soddisfazione. Una sorta di coreografia aerea, possibile grazie al cosiddetto algoritmo di Reynolds, dal nome del ricercatore che lo ha sviluppato nel 1986:  osservando gli stormi di uccelli e i banchi di pesci si è accorto che la sincronizzazione dei loro movimenti si basa su pochi, semplici comandi come “mantenere la stessa distanza da tutti i vicini” e “volare con loro in una sola direzione.” E li ha tradotti in chiave matematica.

Così, se fra qualche decennio, migliaia di pendolari si troveranno a dover prendere, allo stesso orario, la loro auto volante per andare al lavoro, non rischieranno di scontrarsi appena usciti di casa: ogni macchina- con guida computerizzata-  conoscerà la propria posizione nello spazio e quella dei propri vicini e si manterrà a debita distanza per evitare  tamponamenti aerei.

Una realtà futuristica che sembra davvero dietro la porta. E proprio nel nostro continente. Perchè se i leader mondiali nella produzione di robot sono, ancora, Giappone e Stati Uniti ( i primi nel settore industriale, i secondi in quello militare), l’Europa ha deciso non solo di tenere il passo, ma di sfidare  le due super-potenze della robotica con un progetto molto ambizioso.

UN PROTOTIPO PROGETTATO DALLA HONDA

Il programma comunitario denominato “myCopter”, promosso per aiutare a sviluppare la terza dimensione per i viaggi privati come parte di un cosiddetto “Sistema  personale di trasporto aereo” (Personal Air Transport System, PATS) ha finora ottenuto stanziamenti per 4,4 milioni di euro. Il consorzio “myCopter” vede coinvolti il Centro Aerospaziale Tedesco (DLR), l’Università di Liverpool, l’Istituto di tecnologia di Karlsruhe (KIT) e l’Istituto Max Planck per la cibernetica biologica, con sede nella città di Tubinga. Tanto che il direttore del progetto, Heinrich Bülthoff, ha dichiarato senza dubbi: “Le automobili volanti non sono una questione di se, ma di quando”.

 SABRINA PIERAGOSTINI

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