Una volta, tanto tempo fa, su Marte c’era un grande, anzi, un grandissimo mare… Non è una favola, ma la scoperta appena annunciata dalla Agenzia Spaziale Europea- l’Esa– che sulla base dei dati inviati dalla sonda Mars Express è arrivata a questa conclusione: il Pianeta Rosso ha ospitato un enorme oceano nel suo emisfero settentrionale. Ne sono stati individuati i sedimenti di quello che un tempo era il fondale e i probabili contorni delle sue linee costiere.
Jérémie Mouginot, dell’Istituto di Planetologia ed Astrofisica di Grenoble, insieme ai colleghi dell’Università della California di Irvine, ha analizzato per più di due anni gli elementi raccolti dalle strumentazioni a bordo della sonda, in particolare dal Marsis -acronimo di Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding- un radar di grado di scrutare anche il sottosuolo. Può infatti penetrare in profondità ed a circa 80 metri della superficie il team ha scoperto che le pianure settentrionali del pianeta erano composte da un materiale meno denso.
“Lo interpretiamo come un deposito sedimentario, probabilmente ora ricco di ghiaccio- dice Mouginot. “È una nuova, forte indicazione che qui una volta esisteva un oceano“. L’idea che Marte potesse avere acqua allo stato liquido in epoche remote non è una novità. Ma per la prima volta si dimostra che esistevano vaste distese marine e che l’acqua ha giocato un ruolo importante nella storia geologica del Pianeta Rosso.
I dati permettono di ipotizzare che Marte abbia avuto due oceani nella sua lunga vita. Uno circa quattro miliardi di anni fa, quando prevalevano condizioni climatiche più calde ed umide, e un altro tre miliardi di anni fa, quando invece- in seguito ad un catastrofico impatto- la superficie già congelata si sciolse. Questo oceano avrebbe avuto vita piuttosto breve: sarebbe durato un milione di anni, o forse anche meno, stima il ricercatore francese, e poi l’acqua si sarebbe di nuovo progressivamente trasformata in ghiaccio oppure sarebbe evaporata disperdendosi insieme alla debole atmosfera marziana.
Gli studi dell’Esa portano così a ritenere che non ci sia stato il tempo, in questo enorme mare di Marte, per diventare l’ambiente ideale nel quale sviluppare forme di vita come accaduto sulla Terra. Ed è la convinzione che si sta facendo strada anche tra gli scienziati della Nasa. La lettura dei dati raccolti dalla missione Phoenix – iniziata nel 2008- sembra confermare che Marte abbia conosciuto un’era interminabile di siccità, troppo lunga per consentire a qualche essere vivente di sopravvivere.
L’esame meticoloso delle particelle di suolo marziano collezionate dal robottino al polo Nord di Marte ha infatti datato l’inizio della desolazione sul Pianeta Rosso: è arido da almeno 600 milioni di anni. “Nonostante abbiamo scoperto, senza dubbio, che esiste una grande quantità di ghiaccio, le nostre osservazioni ci inducono a pensare che Marte stia sperimentando una super-siccità che dura da centinaia di milioni di anni”, scrive infatti il responsabile della ricerca, Tom Pike, dell’Imperial College di Londra, nella sua relazione di recente pubblicata sulla rivista “Geophysical Research Letters”.
Gli scienziati hanno appurato, analizzando la distribuzione delle particelle nei campioni raccolti e da altre caratteristiche fisiche, che Marte è stato secco per quasi tutta la sua storia geologica. Insomma, è stata scritta la parola “fine” su qualsiasi ipotesi di trovare forme di vita, quassù?
Nient’affatto. A sorpresa, il professor Pike lascia uno spiraglio aperto. “Le future missioni che la Nasa e l’Esa stanno già pianificando alla ricerca di tracce di vita- dice- dovranno prendere in considerazione l’idea di scavare in profondità la superficie marziana: non si può escludere che eventuali forme viventi possano aver trovato rifugio proprio nel sottosuolo.”
SABRINA PIERAGOSTINI