È l’unica delle Sette Meraviglie del Mondo antico sopravvissuta alle offese del tempo ed è tuttora un enigma inspiegabile. Sulla grande Piramide di Giza, attribuita al faraone Cheope, si sono scritti fiumi di inchiostro, ma tuttora nessuno può dire con certezza chi l’abbia costruita, a quale scopo e soprattutto in quale modo. A questa ultima domanda che fa scervellare architetti ed ingegneri da qualche secolo, prova ora a rispondere un ricercatore francese.
Questa immenso edificio in pietra- “un enorme punto interrogativo per l’umanità“, come dice lo studioso e scrittore Robert Bauval– ha dimensioni impressionanti: ogni lato della sua base perfettamente quadrata ( lo scarto è di pochi centimetri l’uno dall’altro) è lungo poco più di 230 metri; l’altezza sfiora i 146 metri. Si calcola che siano stati impiegati almeno 2milioni e 300mila massi dal peso che varia da 2,5 a 70 tonnellate l’uno. Se mettessimo la Grande Piramide su una mega-bilancia, l’ago segnerebbe qualcosa come 6 milioni di tonnellate…
Secondo la tradizione, per edificarla servì il lavoro di migliaia di schiavi per circa 20 anni. Facendo un rapido conto, significherebbe un blocco di pietra collocato al posto giusto ogni 5 minuti– notte e giorno, incessantemente. Considerando che la cava dalla quale venivano estratte le pietre dista qualche centinaio di metri- non di autostrada asfaltata, ma di sabbia- si capisce subito che qualcosa non torna.
Così come l’ipotesi standard sposata da decenni da tutti i libri di storia. La Piramide sarebbe stata costruita, dal basso verso l’alto, livello dopo livello, utilizzando una sorta di enorme rampa eretta a fianco del colosso, sulla quale venivano trainati con la sola forza umana i massi squadrati, posati su slitte, fino alla sommità.
Una teoria che sfida tutte le leggi fisiche: provate ad immaginare cosa significhi trascinare una pietra di svariate tonnellate su un fondo sabbioso ad una pendenza di 51° per qualche centinaio di metri e poi issatela utilizzando solo corde e muscoli…. Inutile dire che ogni tentativo, in epoca moderna, di duplicare l’impresa anche su scala ridotta è fallito miseramente.
Ecco allora che spunta l’ultima ipotesi. A formularla è l’architetto francese Jean-Pierre Houdin. In collaborazione con un’industria specializzata in grafica 3D- la Dessault Systems- ha elaborato un modello alternativo. Secondo Houdin, un terzo della piramide- praticamente la parte inferiore– venne costruito con la rampa esterna, mentre per erigere i corsi superiori gli Antichi egizi si sarebbero fatti strada dal cuore della piramide stessa, con una rampa interna sulla quale posizionavano i blocchi man mano che salivano.
Per dimostrare la fattibilità di questa tecnica, l’architetto ha chiesto all’Università Laval del Quebec di creare un modello virtuale agli infrarossi da proiettare all’interno della struttura, per vedere se collima con le caratteristiche di una potenziale rampa a spirale collocata dentro la Piramide. Ma indipendemente dai risultati, Houdin si dice certo che la sua teoria sia l’unica ad avere senso.
“Sono sicuro che noi, oggi, faremmo proprio così, perchè è il metodo più economico“, ha affermato. Anche se è stato costretto ad ammettere che le cose, ai giorni nostri, sarebbero un po’ diverse. “Anzichè migliaia di persone attaccate ad una corda per spostare le pietre sulle rampe, noi useremmo delle macchine a motore. E per i livelli più alti, dai 10 metri in sù, l’ideale sarebbe una gru” – spiega. Come si fa per i grattacieli: con un elicottero si posa una gru su una piattaforma e da qui si sollevano i pesi maggiori.
Con questi strumenti moderni– secondo il ricercatore francese- la grande Piramide potrebbe essere innalzata nel giro di neanche 5 anni, con l’impiego di 1.500/2.000 operai e un costo di circa 5 miliardi di dollari. Più o meno – in termini di tempo, fatica e denaro- quanto ci volle per erigere durante la Grande Depressione la colossale diga Hoover sul fiume Colorado.
Il paragone ci spinge ad una metafora in tema: la teoria di Houdin fa acqua da tutte le parti. Non tanto per il costo mastodontico dell’impresa ( la manodopera nei tempi antichi era piuttosto economica), non tanto per la complessità del metodo da lui descritto (e tutto ancora da dimostrare), ma perchè si basa su presupposti anacronistici. Purtroppo, gru ed elicotteri non erano gli unici strumenti che non esistevano all’epoca – 4500 anni fa, secondo le datazioni ufficiali; forse qualche migliaio in più per gli studiosi alternativi.
< A quei tempi non c’eraancorala ruota, non c’erano utensili in ferro, non c’erano macchine per sollevare pesi, non c’era niente di niente. Avevano solo la forza bruta della manodopera umana, le corde, i bastoni… Ed è un dato di fatto che non costruisci una piramide con questi strumenti>, mi ha detto in una recente e lunga intervista Robert Bauval, che da decenni cerca di penetrare il mistero delle piramidi. Da ingegnere edile, comprende ancora meglio le incongruenze delle ricostruzioni ufficiali dei libri di storia.
<Gli egittologi non hanno problemi nel dire che all’epoca c’erano 40.000 persone che costruivano le piramidi… 40.000 persone, anche oggi, sono un problema enorme da gestire e da organizzare su un lungo periodo di tempo! Gli storici dicono che ci vollero più di 20 anni per costruire le Piramidi: prova a organizzare 40.000 persone attraverso più generazioni… E’ impossibile.
E poi: come fai a comunicare con 40.000 persone? Come dai loro le istruzioni? Avevano i dormitorilontani di 10-20 km. da Giza. Alcuni quartieri erano a 60 km: ci sarebbero volute 3 settimane per mandare un messaggio e 3 settimane per avere la risposta…
Ancora: spesso nei libri si dimenticano di spiegare come facevano a sollevare le pietre. Spostare un masso da 50 tonnellate, anche oggi, è un grosso problema… Lo puoi fare, certo, ma non è un lavoro da tutti i giorni: richiede un enorme impegno organizzativo, il giusto equipaggiamento, molti studi.
Si potrebbe avere l’impressione che avessero una tecnologia che noi non possiamo capire… Le loro costruzioni erano troppo ben fatte, la precisione era incredibilmente buona e non sarebbe stata possibile per tempi in cui non esistevano strumenti ottici. Non ci si riesce!
Ciò premesso, la mia conclusione è: il contesto è sbagliato, quello che gli egittologi ci dicono è sbagliato. Dobbiamo considerare qualcos’altro. Cosa non lo so, ma dobbiamo considerare qualcosa di molto più sofisticato di quello che ci è stato raccontato.>
SABRINA PIERAGOSTINI