Da quasi un secolo ancora stupiscono e suscitano interrogativi. Era infatti il 1913 quando un quotidiano statunitense, “The Charlotte Observer“, parlò per la prima volta dell’enigma delle “Luci di Brown Mountain“: globi di luce che senza apparente motivo compaiono tra la fitta vegetazione di questa collina del Nord Carolina. Un fenomeno che è rimasto insoluto fino ai giorni nostri.
Nel corso dei decenni, centinaia di persone- residenti, turisti ed investigatori del mistero giunti apposta sul luogo- hanno assistito all’evento. “Erano due sfere di color arancione, che galleggiavano a tre metri da terra. Ci hanno oltrepassato e poi sono sparite nella boscaglia di Blue Ridge“, racconta ad esempio, a 50 anni di distanza, Steve Woody, un uomo nato e cresciuto da queste parti.
L’incontro con quelle luci fluttuanti è avvenuto mentre, da ragazzino, era a caccia con il padre. “Non ho mai pensato che fosse qualcosa di sinistro, non mi sono guardato attorno alla ricerca di marziani. Dico solo che è stata un’esperienza indescrivibile. E il ricordo è vivido oggi come lo era allora, quando avevo solo 12 anni.”
Ognuno, nel corso del tempo, ha cercato di trovare una sua spiegazione. Le sfere di luce sarebbero il riflesso di fari d’auto, oppure piccoli focolai spontanei, o ancora- perchè no?- fenomeni paranormali: spiriti, forse di schiavi eternamente alla ricerca dei loro padroni persi nel bosco, come recita una canzone popolare composta proprio sulle “Luci di Brown Mountain“.
La scienza da tempo non se ne interessa, da quando una relazione dell’ U.S. Geological Survay (un’agenzia governativa preposta allo studio del territorio) stabilì, nel 1920, che si trattava solo di un fenomeno ottico. Da allora, nessun altro accademico si è confrontato con il mistero di queste luci. Ma adesso un ricercatore serio come Daniel Caton, professore di fisica ed astronomia presso la Appalachian State University di Boone, crede che sia giunto il momento di vederci chiaro.
Caton è convinto che riflessi e incendi siano spiegazioni valide in molti casi, ma non in tutti. A farlo ricredere, le testimonianza di alcune persone che dicevano di aver visto quelle sfere di luce a pochi passi da loro e non a distanza di chilometri- proprio come nel caso di Steve Woody. Sulla base di questi racconti, ha elaborato una propria spiegazione.
Le palle di luce non sarebbero altro che fulmini globulari, una delle realtà fisiche meno note in natura, la cui esistenza- fino a pochi anni fa- era addirittura negata. Un fenomeno elettrico che presenta caratteristiche molto simili a quelle descritte per le luci di Brown Mountain dai testimoni, che hanno parlato di globi sospesi nell’aria e in movimento molto rapido. Avrebbero anche poi lo stesso aspetto: diametro da 50 centrimetri a qualche metro e colori sgargianti (arancio, rosso, verde, blu…)
Per questo il fisico ha deciso di piazzare alcune telecamere, puntate sui siti nei quali queste “ghost lights” (“luci fantasma“) sembrano apparire più spesso, per studiare le immagini registrate e verificare la fondatezza della sua ipotesi. Le sfere luminose sono infatti uno spettacolo piuttosto frequente, anche se imprevedibile: non si sa quale sarà la sera nelle quale si faranno vedere. Ma prima o poi, ritornano.
Ed è proprio questo il punto debole delle affermazioni del ricercatore. I fulmini globulari, infatti, sono eventi eccezionali, che si verificano solo in condizioni molto particolari e quasi esclusivamente in presenza di temporali. Secondo la teoria che va per la maggiore, essi sarebbero il prodotto di una reazione chimica tra una scarica elettrica e il silicio presente nel terreno dalla quale si formerebbe del plasma incandescente.
Eppure, le luci di Brown Mountain– oltre a non essere affatto rare- si producono con qualsiasi condizione climatica, spesso anche in assenza di temporali. Se si tratta davvero di fulmini globulari, bisogna capire cosa li provochi e perchè in tale abbondanza. C’è forse qualcosa di anomalo nel terreno, nell’aria o nella struttura di questa modesta collina? Oppure, quei globi potrebbero non essere quello che il professor Caton immagina?
Nella contea, l’ente turistico spera che il docente si sbagli e che il mistero delle Luci rimanga tale ancora per un po’. Ogni anno, qua, arrivano centinaia di curiosi desiderosi di assistere, in prima persona, al fenomeno inspiegabile reso famoso da vari documentari e trasmissioni tv. Una recente conferenza sull’argomento ha attirato un bel numero di ascoltatori– pubblico pagante, s’intende. Già si pensa di organizzarne presto un’ altra, durante la quale verrà premiato il video più bello e si metterà in vendita tutto il merchandising collegato ai globi luminosi.
Non solo. È anche in progamma un tour denominato “Spedizione paranormale a Brown Mountain” che comprende cena con relazione di un esperto e gita notturna in bus sulla collina con tanto di binocoli agli infrarossi, per non perdersi la più piccola lucina visibile. Anche questo, inutile dirlo, a pagamento. Insomma il business che ruota intorno alle Luci di Mountain Brown, al momento, sembra l’unico aspetto chiaro della faccenda.
SABRINA PIERAGOSTINI