Non sappiamo se ci sono, non sappiamo dove sono. Ma è probabile che un giorno l’Umanità debba confrontarsi con loro: ovvero, con forme di vita aliena, magari presenti nel nostro stesso sistema solare. Un’eventualità che la scienza sta prendendo sempre più seriamente e che apre un interrogativo: quando accadrà, come ci dovremo comportare?
La domanda, ovviamente, vale sia nel caso che gli esseri extraterrestri siano molto più avanzati tecnologicamente di noi, sia che- al contrario- siano in uno stadio evolutivo più arretrato. Quest’ultima ipotesi, al momento, è quella più accreditata dagli astrobiologi convinti di poter trovare organismi elementari anche a poca distanza di noi.
La vita, infatti, teoricamente potrebbe esistere in forma batterica e monocellulare su Marte oppure sulla luna di Giove, Europa. Tuttavia non si può neppure escludere forme viventi più evolute, che possano essere in qualche modo senzienti. “La nostra attuale conoscenza del sistema solare ci fa supporre che potrebbero essersi sviluppate creature intelligenti negli oceani profondi di Europa“, sostiene ad esempio Jacob Haqq-Misra, astronomo presso la Pennsylvania State University.
Altra possibilità, remota ma comunque presa in considerazione, è quella della migrazione. “Extraterrestri altamente tecnologici potrebbero aver viaggiato da un distante sistema solare per venire a vivere nel nostro”, continua Haqq-Misra. “Potrebbero abitare in basi sotterranee sulla Luna o su Marte, potrebbero risiedere nella Fascia degli asteroidi. Le opzioni sono moltissime, per quanto improbabili.” Ma se davvero gli Alieni- qualunque sia il loro grado evolutivo- sono nostri vicini di casa, cosa fare quando li incontreremo?
Il primo scenario contemplato dai ricercatori e ritenuto il più probabile è: troviamo una forma di vita molto primitiva. Questo assunto si basa su un’evidenza: finora i mondi abitabili che abbiamo esplorato non mostrano segni di civiltà avanzate. Ma non solo. Guardando alla Terra, sappiamo che essa è stata abitata per milioni di anni da trilobiti e batteri, mentre l’uomo ha fatto la sua comparsa solo di recente, in termini geologici.
Lo stesso, allora, dovrebbe accadere anche sugli altri pianeti: ovunque, nell’universo, la vita potrebbe trovarsi allo stadio primordiale. Se E.T. fosse dunque un insetto marziano, il comportamento da seguire assomiglierebbe molto a quello di un naturalista darwiniano: osservazione e catalogazione dell’esemplare da studiare.
Secondo scenario: abbiamo a che fare con esseri intelligenti, meno evoluti di noi, ma dotati di sensazioni simili alle nostre. In questo caso, bisognerebbe seguire un preciso protocollo tracciato dall’esercito americano addirittura negli anni ’50 del XX secolo. Ne parla in un libro Robert Freitas che chiama questa procedura “I sette gradi di contatto”.
Inizieremmo così una sorveglianza a distanza, per l’acquisizione di tutti i dati necessari. Poi intraprenderemmo delle visite segrete, sotto copertura, allo scopo di capire quale siano le peculiarità di questa razza aliena, i loro strumenti, le loro potenziali armi. Se giudicassimo la nostra tecnologia superiore alla loro, potremmo tentare un avvicinamento al pianeta per verificare se l’atteggiamento di quel popolo sia ostile o meno.
Il passo successivo comprenderebbe un rapido atterraggio in zone isolate per raccogliere esemplari di piante, animali e persino delle stesse creature aliene. Insomma, si tratterebbe di vere e proprie “abduction“: solo che, in questo caso, gli Ufo sarebbero le nostre navette spaziali e i “Grigi” che compiono i rapimenti sarebbero i nostri astronauti…
Infine, qualora avessimo deciso di rendere nota la nostra presenza, mostreremmo le nostre astronavi ed il loro equipaggio in un luogo pubblico, ma sempre e comunque a distanza di sicurezza. L’obiettivo successivo: essere visti dal numero maggiore possibile di testimoni, per dimostrare loro che veniamo in pace. Da ultimo- se ci fosse la ragionevole certezza che un contatto diretto non comporterebbe effetti dannosi per una delle due razze– potremmo atterrare per cercare un colloquio diretto con gli Alieni.
A sessant’anni di distanza, questo protocollo sembra ancora valido. “Se una futura missione su Europa svelasse l’esistenza di esseri intelligenti, il modo più corretto di procedere sarebbe un’esplorazione a distanza“, conferma l’astronomo Haqq-Misra. “Prima di tentare un qualsiasi approccio con quelle ipotetiche creature e prima di atterrare sul satellite, dovremmo inviare delle sonde robotiche per avere la conferma che non ci sono pericoli.”
Resta adesso il terzo scenario: una civiltà molto più avanzata della nostra, tanto evoluta da aver compiuto viaggi interstellari per venire a vivere dalle nostre parti. In questo caso, sarebbe difficile, se non impossibile, prevedere il loro atteggiamento nei nostri confronti, proprio come le formiche- per citare un famoso esempio del fisico Michio Kaku- non possono comprendere il comportamento umano. Finora, a questo proposito, gli scienziati si sono divisi in due scuole di pensiero.
C’è chi- come Stephen Hawking- ritiene deleterio, se non catastrofico, un contatto dell’umanità con una simile civiltà aliena: ne usciremmo annientati. L’aggressività potrebbe non essere una caratteristica solo terrestre: scatta, infatti, quando un gruppo cerca di impossessarsi di una risorsa vitale a scapito degli altri, con ogni mezzo. E le risorse non sono mai infinite, in qualsiasi parte del cosmo. Dunque, se gli Alieni fossero bellicosi e prepotenti come gli umani, non avremmo chance.
Ma c’è anche chi- seguendo le teorie di Carl Sagan– la pensa diversamente: creature in grado di percorrere le distanze siderali da una galassia all’altra sarebbero ad uno stadio così evoluto da essersi lasciate alle spalle violenza, brutalità, crudeltà tipiche di esseri ancora un po’ bestiali, come siamo noi. Un’eventuale incontro avverrebbe dunque in un clima di massimo rispetto.
Jacob Haqq-Misra è su questa stessa linea d’onda e afferma non senza ironia: “Una civiltà capace di viaggi interstellari avrebbe già risolto tutti i problemi di sostentamento e di sviluppo. Non credo che abbiamo bisogno di noi Terrestri come cibo.“
SABRINA PIERAGOSTINI