La vita si sarebbe sviluppata sulla Terra grazie ai “semi” trasportati da comete ed asteroidi giunti dai recessi del cosmo. È questa teoria- nota come “Panspermia”- la più accreditata dagli scienziati per spiegare come e perchè il nostro pianeta è diventato la culla di tanti organismi. Ma può valere anche in senso contrario? La Terra può avere, a sua volta, “inseminato” l’Universo e diffuso i mattoni della vita su altri mondi?
LA VITA SULLA TERRA SAREBBE GIUNTA DALLO SPAZIO, A BORDO DI ASTEROIDI E COMETE
L’idea non è nuova, ma ora i calcoli dell’equipe del professor Tetsuya Hara dell’Università Sangyo di Kyoto rendono questa ipotesi più che probabile. “L’unico pianeta che conosciamo dotato di forme viventi è il nostro, per questo si può immaginare che sia stato sorgente di vita per altri pianeti”, ha scritto l’astrofisico in un articolo pubblicato online.
In teoria, i microbi potrebbero spargersi al di fuori della nostra atmosfera grazie alle onde di ioni ad alta velocità scatenate da una tempesta solare, ma privi di protezione verrebbero irradiati a morte da queste particelle cariche elettricamente. Dunque, il modo più sicuro per diffondere i “semi” della vita resta la roccia spaziale e un violento impatto con un meteorite potrebbe aver disperso frammenti di crosta terrestre in giro per il sistema solare. E persino oltre.
Per quanto ne sappiamo, lo schianto peggiore che la Terra abbia mai vissuto nella sua storia risale a 65 milioni di anni fa, quando un grosso asteroide impattò nella penisola dello Yucatan, lasciando un’ enorme e profonda impronta circolare in quello che è ora chiamato il “Cratere di Chicxulub”. Quello spaventoso evento è ritenuto la causa principale dell’estinzione di massa del Cretaceo, che segnò la fine della lunga era dei dinosauri.
IL CRATERE DI CHICXULUB , NELLO YUCATAN
Ebbene, quel mostro spaziale di 10 chilometri di diametro e oltre mille miliardi di tonnellate ha sicuramente scavato una grandissima quantità di roccia dalla superficie terrestre, scagliandola verso l’esterno. Il team giapponese ha calcolato quanta di questa materia possa essersi diffusa nel sistema solare e in particolare sui corpi celesti più interessanti per gli astrobiologi: Encelado, la luna congelata di Saturno, ed Europa, quella altrettanto coperta di ghiaccio di Giove.
Secondo gli studi dei ricercatori di Kyoto, tra 300 e 500 milioni di rocce di origine terrestre dovrebbero aver colpito i due satelliti. Molte di più sarebbero ricadute, ovviamente, sulla Luna e su Marte. Nell’articolo si legge: ” Nonostante sia incerto come le rocce siano penetrate nei mari che si trovano al di sotto della superficie di Encelado ed Europa, la probabilità che dei microrganismi provenienti dalla Terra sia siano adattati e siano cresciuti in quegli ambienti potrebbe essere elevata.”
Altre rocce terrestri potrebbero però aver raggiunto anche pianeti più lontani, in orbita attorno ad altre stelle. Una di queste potrebbe essere Gliese 581, una nana rossa distante da noi “solo” 20 anni luce: c’è una super-Terra che ruota nella sua “zona abitabile”, ovvero nella fascia nella quale la temperatura è quella ideale per mantenere l’acqua allo stato liquido.
Il team giapponese ritiene che almeno un migliaio di frammenti sparati dall’impatto di Chicxulub possano essere arrivati fin qui nel giro di un milione di anni. Il che significa che eventuali forme viventi primordiali giunte quassù hanno avuto ben 64 milioni di anni per svilupparsi, evolvere o morire.
FRAMMENTI TERRESTRI POTREBBERO AVER INSEMINATO DI VITA ENCELADO
Non è sicuro, ovviamente, che i microbi siano sopravvissuti a quel lunghissimo viaggio, ma l’eventualità non è affatto remota: è stato dimostrato infatti che un tipo di minuscoli organismi animali, chiamati “tardigradi”, resiste a condizioni estreme e persino nel vuoto cosmico. Se così fosse, chissà, qua e là per l’Universo potrebbero esistere creature aliene, ma in tutto e per tutto terrestri.
SABRINA PIERAGOSTINI