Una fredda notte di fine dicembre del 1947. Una scena raccapricciante. Un segreto lungo oltre mezzo secolo. Sono gli ingredienti della storia raccontata, ormai 20 anni fa, ma rivelata solo adesso, da Irwin “Tiny” Fortman. All’epoca dei fatti, giovane soldato presso la base di Roswell e sedicente testimone della caduta di un’astronave nel deserto del New Mexico. Un secondo e sconosciuto incidente, dunque, dopo quello famosissimo di cui le cronache ufologiche hanno tanto parlato. Il racconto dell’uomo- reso allo scrittore ed astrologo Ray Grasse- proseguiva così…
Ray: Cosa è accaduto ai corpi? Li hanno portati da qualche parte?
Tiny: Sì, li hanno portati da qualche parte, sono abbastanza sicuro, perchè non ne abbiamo più sentito parlare, nessuno li ha più menzionati.
Ray: Il Colonnello Blanchard non ha mai detto una parola a proposito?
Tiny: Niente, no. In effetti, era molto distaccato sull’intero argomento e il generale che era lì- un generale a 3 o a 4 stelle- è sparito quella stessa notte. Almeno così ho visto, magari invece stava attorno alla base. Ma noi non siamo stati in servizio, il giorno dopo, me lo ricordo. Ci hanno detto di rimanere vicino alle baracche con la scusa che se succedeva qualcosa potevano aver bisogno di noi. Quindi siamo rimasti vicino alle baracche.
Ray: E avete parlato tra di voi?
Tiny: Bè, Tommy ed io ne abbiamo parlato mentre ci facevamo la barba la mattina dopo o nel pomeriggio, abbiamo dormito tutta la mattina. Siamo tornati indietro, abbiamo fatto colazione e poi siamo andati a letto.
Ray: Non avete sentito nulla riguardo a dove potevano esser stati trasportati i rottami o i corpi ?
Tiny: Non ne ho idea. Non so neppure che tipo di aereo fosse, se fosse uno piccolo o uno grosso, tipo l’A-26, che faceva parte dei primi ATU, avevano anche una coppia di B-29 adatti al trasporto…
Ray: Sono curioso di capire come mai sei stato coinvolto nella missione. Insomma, come mai un 18enne è stato autorizzato ad una missione del genere?
Tiny: Non lo so. Avevo l’autorizzazione anche per entrare nell’area nucleare, avevano fatto controlli sulla mia famiglia e tutto il resto.
Ray: Tu intendi prima dell’incidente?
Tiny: Certo, avevo l’autorizzazione anche prima. Tutti quanti, per poter passare attraverso queste aree. Perchè lanciavano le bombe atomiche. Era nella parte nord del campo. In ogni equipaggio che stava sull’ambulanza o sugli aerei, almeno un ragazzo doveva essere autorizzato a passare dalla porta nord. Due miei commilitoni hanno riportato delle ustioni per via delle radiazioni, abbiamo dovuto andare là per soccorrerli.
Ray: Mi piacerebbe parlare un po’ della discrepanza apparente tra l’incidente di cui tu stai parlando e quello di cui si parla di solito, accaduto in luglio. Tu mi hai detto che quello di cui sei stato testimone è avvenuto tra Natale e Capodanno… Non è avvenuto prima?
Tiny: So che non era prima di Natale.
Ray: E non dopo Capodanno?
Tiny: Potrebbe, magari uno o due giorni dopo. La base era molto silenziosa.
Ray: Mi sembra di ricordare che il motivo di quel silenzio era dovuto alle vacanze e tu avevi rinunciato a partire per le vacanze perchè eri ebreo e hai lasciato andare via gli altri.
Tiny: Esatto. Immaginavo di poter sempre andare a casa per la Pasqua ebraica. Non faceva nessuna differenza, per me, rimanere lì per Natale. E gli altri ragazzi che erano con me in quella missione erano praticamente appena arrivati alla base, per quello che erano lì.
Ray: Dicevi che avevi sentito dire qualcosa riguardo il precedente caso di Roswell quando sei arrivato per la prima volta alla base, in agosto o in settembre?
Tiny: I ragazzi di quel contingente che erano ancora lì, quelli che c’erano e che avevano visto, ne parlavano sempre. Raccontavano come si erano comportati con quel tipo, quel civile, ne parlavano come di un idiota, l’allevatore o il contadino, gli avevano fatto credere che era… Ma loro sapevano che non era mica pazzo.
Ray: Ma la linea ufficiale era farlo sembrare un idiota?
Tiny: Certo, un cretino. Non fu scritto nulla sull’argomento sui giornali quando io ero lì, ma qualche ragazzo aveva voglia di parlarne, capisci, rimanevano alzati fino a tardi quando uscivamo dal turno di notte, per bere un caffè, e dicevano: “Oh accidenti, mi domando che è successo di quell’Ufo...”
Ray: E queste conversazioni avevano luogo prima o dopo il tuo incidente?
Tiny: Oh, era prima! La seconda volta, nessuno parlava. Gli unici che ne hanno mai parlato eravamo io e il mio amico, e ne parlavamo in modo molto vago, tanto che se non sapevi di cosa stessimo parlando non avresti mai capito l’argomento. Senti, quando un generale a 3 o a 4 stelle ti dice che se apri la bocca lui fa fuori te e la tua famiglia, cosa devi pensare?
Ray: Allora perchè credi che quegli altri ragazzi invece parlassero del precedente incidente in quel modo? Non avevano subìto la stessa pressione?
Tiny: Io penso… Era un avvenimento sul quale il Governo non ha imposto un giro di vite fino a quando non ha capito bene di cosa si trattasse davvero. È l’unica idea che mi viene in mente. Ma la seconda volta- caspita! Hanno mantenuto il silenzio su quello! Probabilmente hanno preso apposta questi ragazzi… Te l’ho detto, la maggior parte dell’equipaggio sulle ambulanze era formato da ragazzi di 18, 19 anni…
Ray: Ma tu cosa pensavi, la prima volta che hai sentito parlare del primo incidente?
Tiny: Non gli ho mai prestato molta attenzione, perchè era prima che ne rimanessi coinvolto anch’io. Non mi sono mai veramente appassionato di quello che quei tizi raccontavano, perchè non ne ero davvero interessato, fino a quando non l’ho visto coi miei occhi. Ne ero interessato più come una curiosità che non ad un Ufo, pensavo che i ragazzi se lo fossero inventato. Ma poi ho capito che non era un’invenzione. Vedi, alcuni di loro… non so se erano tutti presenti sul luogo dell’incidente, ma il modo in cui ne parlavano, sapevano che era tutto vero. Intendo il primo incidente.
Ray: Quindi, quando tu hai visto il luogo dello schianto, automaticamente hai fatto un collegamento nella tua testa con il precedente?
Tiny: Esatto.
Ray: Sono curioso: dove pensi che fosse avvenuto questo incidente che hai visto, rispetto alla base attuale? Dicevi che era oltrepassata la porta nord?
Tiny: Bè, loro erano laggiù, nell’area della porta nord. Non erano oltre la porta, ma solo vicino ad essa. Oltrepassarla, dall’altro lato- wow, era strettamente sorvegliata, c’erano bunker e tutto il necessario per impedire l’ingresso.
Ray: Adesso come ricostruisci la distanza e la direzione in cui ha viaggiato l’ambulanza?
Tiny: Bè, l’unica cosa che posso ricordare è che forse… Non è stato un percorso diretto, capisci che intendo? In altre parole, dovevamo seguire quella jeep, noi eravano la terza o la quarta ambulanza della fila, e ci fermavamo, poi andavamo, poi giravamo a destra, e poi a sinistra… L’unica cosa che posso pensare è che cercavano di disorientarci rispetto al luogo. Insomma, se qualcuno avesse voluto ritornarci per fare una visita in un secondo momento, avrebbe avuto parecchie difficoltà a ritrovare il posto. Ed era pure notte. Mi è sembrato che lo facessero per un’ unica ragione: così non avremmo mai potuto scoprire il luogo, da soli.
Ray: Quanto avete guidato?
Tiny: Il ritorno è stato molto più rapido, potrei dire al massimo 25-30 minuti l’andata e circa 10-15 il ritorno, quasi metà tempo. Forse era la mia immaginazione, ero così… forse guidavamo più veloci al ritorno, capisci che intendo? La jeep davanti a noi sembrava svoltare di meno e procedeva in modo più spedito.
Ray: In prospettiva, non posso immaginare che un evento del genere non abbia avuto un profondo impatto su quanti vi hanno assistito… Questo avvenimento ha in qualche modo condizionato le tue idee personali, la tua filosofia di vita?
Tiny: L’effetto che ha avuto su di me è che io credo fortemente negli Ufo (Grasse annota: “Durante la nostra prima conversazione non registrata, mi diceva in modo più dilungato dello shock indotto da questa esperienza, di come non avesse mai pensato prima alle realtà fuori dal nostro pianeta, ma in un battito di ciglia tutto era cambiato ed era stato costretto a comprendere che davvero non siamo soli). E persino quando Jim lavorava con me…
Ray: Jim Lorenzen? ( Spiega l’autore: “Lorenzen era un pioniere nel campo della ricerca ufologica”)
Tiny: Sì, ho iniziato a pensare alla promessa che avevo fatto che avrei tenuto la bocca chiusa, ero molto interessato, ma restavo alla larga. Quando Jim mi ha chiamato la notte prima di partire per White Sands in New Mexico- avevamo un ingaggio presso il vecchio El Dorado, avevamo una band che ha suonato lì per 17 anni e Jim era il bassista del mio gruppo- Jim mi ha detto: “Devo andare a White Sands, hanno avvistato un Ufo lì e hanno delle informazioni da darmi”, io gli dissi: “Guarda Jim, non c’è problema, troverò un sostituto”. In altre parole, se fossi stato del tutto ignaro dell’intera questione, avrei potuto dire:”Bè Jim, se davvero credi in quel tipo di cose…”. Ma io sapevo che non potevo dirgli quello che sapevo…
Ray: Ma dopo gli hai raccontato quello che è successo?
Tiny: Oh no! Non potevo rischiare! Jim aveva una rivista e lo sai, era un ragazzo molto sveglio. Se qualcuno gli dava delle informazioni e lui pensava che la cosa andasse pubblicata- come credo che sarebbe accaduto- avrei messo in pericolo la mia famiglia.
Ray: Considerando che era uno dei più famosi ricercatori ufologici del tempo, immagino che sia rimasto molto deluso dal fatto che non gliene hai mai parlato.
Tiny: Proprio così.
L’intervista registrata sui nastri termina così. Ovviamente, anche Ray Grasse si è posto il problema di verificare, quanto più possibile, la veridicità di questa storia pazzesca. Di tutto il racconto di Fortman, l’unica cosa certa è la sua presenza presso la base aerea di Roswell nell’inverno tra il 1947 e il 1948. Lo prova una foto dell’epoca che lo ritrae insieme ad altri militari. Tutto il resto, però, resta nell’ambito dei ricordi personali- veri o fittizi, non lo sappiamo.
L’ex soldato ha più volte ribadito, nei suoi colloqui, che l’incidente di cui era stato testimone era avvenuto in inverno: allude ai cristalli di neve, al clima rigido. Non solo: dice di aver saputo del primo, famoso incidente Ufo grazie ai racconti dei commilitoni. Impossibile, dunque, che si confonda con quello di luglio. Potrebbe allora aver immaginato tutto quanto ?
Grasse non lo esclude, però si domanda: a che scopo? Non ha chiesto soldi in cambio delle sue rivelazioni. Non ha preteso le prime pagine dei giornali. Anzi, ha espressamente imposto il segreto più totale. Allora che interesse avrebbe mai avuto, nell’ inventarsi una storia del genere, che poteva solo ricoprirlo di ridicolo, dalla quale poteva ricavare solo discredito e nessun vantaggio?
L’autore trae come conseguenza logica che questa testimonianza, per quanto assurda, sia affidabile. La sensazione personale di Ray Grasse- l’unico ad aver parlato con Fortman, l’unico ad aver visto le sue reazioni durante il racconto- è che Tiny fosse sincero. Doveva aver assistito ad un evento davvero choccante– dice- che si era tenuto dentro per tanti anni, combattuto tra il desiderio di condividere con qualcuno quell’esperienza e il timore delle possibili ripercussioni. In lui, mentre parlava, ha avvertito come un senso di sollievo, come se finalmente si fosse tolto un peso enorme.
Va detto, però, che in tutta questa vicenda mancano riscontri oggettivi. Non solo: nessuno ne ha mai sentito parlare prima, nessuno ne ha mai parlato prima. Eccetto lui. Eppure Tiny non era solo quella notte. Ecco il motivo per il quale lo scrittore, pur in assenza totale di prove a sostegno di questa storia, ha deciso comunque di pubblicare la lunga intervista, nella speranza che altri si facciano avanti. Altri ex soldati che- come Fortman- in quella lontana notte del ’47 si dovettero confrontare con una realtà più grande di loro, rimanendone schiacciati, ammutoliti, terrorizzati. Ammesso che siano ancora vivi. Ammesso che sia tutto vero.
SABRINA PIERAGOSTINI