Ha provocato stupore, commozione, incredulità, smarrimento, dubbi e sospetti. La storica rinuncia di Benedetto XVI che ha deciso di lasciare il soglio pontificio- caso eccezionale anche se non unico nella storia millenaria della Chiesa- insieme alle teorie che tirano in ballo i veleni e i complotti del Vaticano ha riportato sotto i riflettori anche le profezie sui Papi e sulla fine del mondo.
La più famosa è quella attribuita a San Malachia, vescovo di Armagh del XII secolo. La leggenda vuole che, convocato a Roma da Innocenzo II, ebbe una visione sul futuro della Chiesa e sui pontefici che si sarebbero susseguiti fino al suo termine. Stilò dunque l’elenco dei papi a venire, connotandone ognuno con dei motti piuttosto criptici. Il manoscritto, denominato Prophetia de Summis Ponteficibus, fu depositato negli Archivi Vaticani dove rimase dimenticato fino alla sua riscoperta nel 1590. Cinque anni dopo venne pubblicato dal benedettino Arnold de Wyon nel suo libro Lignum Vitae.
Questo, almeno, secondo la tradizione. Invece, secondo gli storici San Malachia non avrebbe nulla a che vedere con quel testo. A scrivere il manoscritto sarebbe stato, alla fine del XVI secolo, un falsario umbro, Alfonso Ceccarelli, allo scopo di influenzare i cardinali riuniti in conclave. I sostenitori di questa teoria adducono come prova il fatto che i motti riferiti ai pontefici fino al 1590 sono calzanti e fin troppo precisi, mentre da questa data in poi si fanno molto più vaghi e non sempre risultano giustificabili.
La profezia contiene 111 frasi in latino ( o 112, secondo altre versioni), tante quanti sono i Papi. La lista include anche Celestino V- “colui che fece il gran rifiuto“, per dirla come Dante, visto che nel 1294 si dimise proprio come ha fatto ora Joseph Ratzinger- e si conclude con un “Petrus Romanus” sotto il cui mandato si compirà il Giudizio Universale. A rendere un po’ preoccupante la profezia, sono i tempi. Perchè il penultimo Papa- in base alle interpretazioni correnti- sarebbe proprio Benedetto XVI. E quindi, il prossimo pontefice dovrebbe anche essere l’ultimo…
Sempre, ovviamente, che si voglia dar credito alla presunta profezia nella quale a volte le sintesi descrittive dei vari pontefici sono impressionanti. Ad esempio, Lucio II, che di cognome faceva Caccianemici, è indicato con il motto “Inimicus expulsus” (“Il nemico cacciato”). Oppure Innocenzo VII- denominato “De meliore sydere” (“Della stella migliore”), si chiamava Cosma Migliorati ed aveva un astro nel suo stemma. O ancora, di Pio III – al secolo Francesco Todeschini Piccolomini- viene scritto “De parvo homine” (“Del piccolo uomo”).
Ma – si può obiettare- sono tutti papi antecedenti quella fatidica data, il 1590, nella quale avrebbe operato il falsario. Vero. Eppure, anche per i pontefici dei secoli successivi non mancano coincidenze suggestive. Pensiamo al motto “Montium Custos”(“Custode di monti”) per Alessandro VII (1655-1667) sul cui stemma campeggiavano sei monti protetti da una stella. Altro caso singolare, Clemente XIV ( 1769-1799): “Ursus velox” (“Orso veloce”), si legge nel manoscritto, e un orso che corre compariva in effetti nel suo stemma.
Venendo ai pontefici più vicino a noi, il motto per Papa Ratti è “Fides Intrepida” (“Coraggiosa Fede”): fu proprio Pio XI a condannare le ideologie assolutiste del XX secolo, sfidando Stalin ed Hitler e denunciando in un’enciclica l’antisemitismo nazista. Il Fuehrer progettò addirittura di farlo deportare per metterlo a tacere. Per Albino Luciani, che rimase sul soglio pontificio solo 33 giorni , la profezia usa la frase “De media aetate lunae” (“Della media durata di una luna”), corrispondente a circa un mese.
Giovanni Paolo II è invece connotato dal motto “De labore solis” e qui le interpretazioni divergono. C’è chi lo traduce come “Della fatica del sole”, intendendo il grande peregrinare, in ogni angolo del mondo, di Papa Wojtyla, instancabile viaggiatore come il sole perennemente in moto, oppure, molto più intrigante, “Dell’eclissi del sole“. Un’ eclissi solare avvenne davvero il giorno della sua nascita e lo stesso fenomeno si è ripetuto nel giorno del funerale.
Ma perchè Joseph Ratzinger dovrebbe essere “De gloria olivae” (“Della gloria dell’ulivo”)? Forse perchè il suo nome da papa, Benedetto, si rifà al santo fondatore dell’Ordine benedettino al cui interno si trova l’ordine degli Olivetani. Una spiegazione un po’ tirata. Per questo alcuni ipotizzano che questo motto sia in realtà riferito ad un altro pontefice e che a Benedetto XVI vada invece accostata la frase “De capo Nigro” (“Della testa nera”), avendo scelto come proprio stemma una testa di moro.
Ma nel manoscritto originale questo motto manca (l’ha ipotizzato uno scrittore). Quindi discutere se sia riferita a questo papa o ad un futuro Papa di colore è puro esercizio dialettico. Molto, ma molto più interessante è invece l’analisi del testo che caratterizza l’ultimo pontefice.
In questo caso, non sono poche parole enigmatiche, ma una dettagliata descrizione. Tradotta suona così: “Durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà Pietro il Romano, che pascerà il suo gregge tra tante tribolazioni. Una volta concluse, la città dei setti colli cadrà e il Giudice tremendo giudicherà il suo popolo. Amen.”
Il senso è chiaro e catastrofico, non solo per la Santa Sede e per Roma ma per l’interà umanità. Resta da capire chi sia questo Pietro il Romano. Forse un papa italiano che per primo oserà assumere il nome dell’apostolo di Gesù, spezzando un tabù che dura da 2mila anni? Oppure è detto Pietro solo in quanto vicario di Cristo sulla Terra e “Romanus” è riferito al nome? In ogni caso, questo ipotetico Pietro II o Romano II – in base all’elenco della profezia, il prossimo e ultimo papa- dovrebbe affrontare anni turbolenti di conflitti e distruzioni, che culmineranno poi nella fine apocalittica.
Ma una recente ipotesi sostiene invece che il Petrus Romanus possa essere il camerlengo, ossia colui che fa le veci in attesa di una nuova elezione. Attualmente, la carica spetta al Cardinale Tarcisio Bertone. Che c’entra? direte voi… Bè, il caso vuole che di secondo nome faccia Pietro e che sia nato, guarda un po’, a Romano Canavese.
Tutto torna. Anche un po’ troppo, considerando che questa profezia e tutte le altre riferite ai vari pontefici sono state sempre interpretate a posteriori, mai in anticipo. E poi neppure San Malachia ha saputo prevedere un fatto tanto clamoroso e straordinario come le dimissioni di Benedetto XVI. Un po’ deludente, per un profeta.
SABRINA PIERAGOSTINI