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Il problema, dicono gli esperti, non è tanto se avverrà, ma quando avverrà. E sarà mostruoso. L’oggetto di tanta apprensione è il terremoto sottomarino che prima o poi colpirà la costa occidentale degli Stati Uniti. Un terremoto devastante seguito da un altrettanto terribile tsunami, paragonabili per potenza ed effetti a quelli che due anni fa hanno sconvolto il Giappone.

UN CARTELLO LUNGO LE COSTE DELLO STATO DELL'OREGON

Il conto alla rovescia è già scattato in Oregon, uno degli Stati che si affacciano sull’Oceano Pacifico. Le autorità hanno commissionato uno studio per valutare l’impatto che un sisma del genere potrebbe avere su quel territorio: il rapporto finale è stato presentato nei giorni scorsi. Ne esce un quadro agghiacciante. Ma quelle pagine, che descrivono scene di morte e di distruzione, devono anche suonare  come un drammatico campanello di allarme per esortare alla prevenzione.

In caso di un terremoto di magnitudo 9.0– come quello che l’11 marzo del 2011 ha distrutto la regione giapponese di Tohoku- e di uno successivo tsunami di proporzioni titaniche, in Oregon morirebbero almeno 10 mila persone. Intere città sarebbero sommerse dalle ondate colossali. Ponti, strade, dighe ed edifici– incluso il palazzo del governatore, nella capitale Eugene- crollerebbero. I sopravvissuti si troverebbero a fronteggiare l’apocalisse senza acqua potabile, energia elettrica, gas, riscaldamento, linee telefoniche e rifornimento di carburante forse addirittura per mesi. Dal punto di vista economico, il terremoto provocherebbe danni e perdite per 30 miliardi di dollari.

Lo scenario non è nè terroristico nè fantasioso. Quello che gli esperti hanno previsto, per un possibile futuro imminente, si basa su dati scientifici. Ed è già accaduto in un recente passato. Questa area costiera degli Stati Uniti, notoriamente sismica,  nel corso della storia è stata infatti colpita da vari terremoti. Il più devastante risale al gennaio del 1700: all’epoca ad essere rase al suolo furono solo ampie distese di foreste. Ma ora, su quei terreni, si innalzano highway e grattacieli…

Non solo. Quel sisma ebbe conseguenze devastanti anche dall’altra parte del Pacifico: le alte onde di tsunami provocate dalla scossa percorsero migliaia di chilometri per poi abbattersi sulle coste del Giappone. “Potrebbe accadere di nuovo”, ha ammonito Kent Yu, il capo della commissione che ha elaborato lo studio, l’Oregon Seismic Safety Policy Advisory Commission,  aggiungendo:”Si tratta solo di capire quanto presto avverrà“.

LA FAGLIA DI CASCADIA SI ESTENDE DI FRONTE ALLA LINEA COSTIERA DEL PACIFICO

Dunque è solo questione di tempo. Osservata speciale è la faglia di Cascadia, che si estende per circa 1100 chilometri di fronte alla costa del Pacifico del Nord ed è la responsabile della scossa gigantesca di 3 secoli fa. Secondo le statistiche, questa linea di faglia scatena i terremoti in media  ogni 240 anni circa. Quindi è decisamente  in ritardo rispetto al solito. Ma non potrà tardare ancora molto.

Secondo i relatori del rapporto, Oregon e Giappone dal punto di vista geologico sono pressochè speculari e corrono gli stessi rischi. Con una grande differenza, però: il Giappone è molto più preparato ad affrontare i megaterremoti rispetto al suo dirimpettaio ed ha investito svariati miliardi nella prevenzione. Il governo Usa no. E in pericolo non c’è solo l’Oregon, ma tutta la costa occidentale dell’America del Nord, dalla British Columbia in Canada fino alla California.

Quest’ultima vive da sempre in attesa del “Big One”, il sisma dirompente provocato dalla famigerata faglia di Sant’Andrea, nel sud dello Stato. A memoria d’uomo, la scossa più forte è stata registrata nel 1690, poi la zona è rimasta più o meno tranquilla fino ad ora. Non è una buona notizia, visto che secondo una recente ricerca i grandi terremoti di solito qui si verificano ogni 180 anni e questa faglia ormai sta accumulando energia da più di 300 anni.

In California c’è poi un altro punto molto critico, nella regione del Lago Tahoe, al confine con il Nevada, dove si trova un’ altra faglia che si muove, provocando terremoti, ogni 3000/4000 mila anni. E l’ultimo risale a circa 4500 anni fa. Un’ altra scadenza già superata, dunque,  e una minaccia pericolosamente incombente.

Non è al sicuro neppure la costa orientale degli States. Sono state recentemente scoperte delle linee di faglia vicino a New York. Pensate: l’impianto nucleare di Indian Point, a circa 40 chilometri a nord della metropoli, sorge proprio all’intersezione- fino a poco tempo fa, non nota- di due zone sismicamente attive.

GLI EFFETTI DELLO TSUNAMI CHE HA COLPITO IL GIAPPONE NEL 2011

Potenzialmente, in ciascuna di queste regioni degli Stati Uniti, entro un lasso di tempo breve, potrebbe verificarsi un terremoto. I ricercatori hanno calcolato le percentuali di rischio che ciò accada: indicano tra il  7 e il 15 per cento che un grande sisma colpisca l’intera zona del Nord Pacifico entro i prossimi 50 anni, ma fino al 37 per cento di chance che avvenga nella sola area compresa tra Oregon e nord California. Una possibilità su tre. Non c’è da scherzare.

SABRINA PIERAGOSTINI

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