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Perchè i Neanderthal si sono estinti? Nuove ipotesi

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Cacciatori dalla vista acuta ma lenti, tipi poco socievoli e persino incestuosi. È l’ultimo ritratto dei Neanderthal, nostri predecessori lungo la scala evolutiva, estinti svariate migliaia di anni fa. Su questi ominidi molto somiglianti a noi, con i quali ancora non sappiamo con certezza se e quanto siamo imparentati, spuntano dettagli curiosi che possono gettare più luce sulla loro scomparsa.

ECCO COME POTEVA APPARIRE UN UOMO DI NEANDERTHAL

Uno, ad esempio, riguarda le loro abitudini sessuali ed è stato ipotizzato in virtù di prove oggettive.  I ricercatori cinesi, infatti, nella zona di Nihewan hanno recuperato ben 22 crani di Homo Neanderthalensis con una medesima e rara anomalia, ovvero la presenza di un foro nella parte superiore della scatola cranica. Una simile tara ereditaria, all’interno di un ristretto gruppo di individui, è spiegabile solo con accoppiamenti tra consanguinei. Insomma, rapporti incestuosi che a lungo andare possono aver accentuato anche altri problemi fisici favorendo il declino della specie.

Un altro punto debole degli ominidi che hanno preceduto l’Homo Sapiens è legato poi alla vista. Avevano orbite oculari  più ampie e quindi, si suppone, occhi più sviluppati. Perfetti per guardare nelle fitte nebbie del nord Europa.  Ma in questo modo il loro cervello- grande più o meno come il nostro- era troppo focalizzato su questo senso a discapito delle altre percezioni e delle altre aree cerebrali.

UN CRANIO UMANO A CONFRONTO CON UNO DELL'OMINIDE ESTINTO

Secondo uno studio condotto da Robin Dunbar, dell’Università di Oxford, questo elemento potrebbe aver provocato anche una scarsa capacità di socializzazione. La minore crescita dei lobi frontali avrebbe fatto sì che i nostri lontani cugini potessero creare rapporti interpersonali con un massimo di  115 individui, contro i 150 dell’uomo moderno. E in momenti difficili- come i periodi di carestia o altre emergenze ambientali– l’unione fa la forza. I Neanderthal, chiusi nel loro piccolo mondo, con pochi amici e una ridotta rete di solidarietà, non avrebbero saputo affrontare le situazioni di crisi perdendo la gara con il Sapiens- un vero “animale sociale”.

Ma non solo. L’Uomo di Neanderthal avrebbe ceduto il passo anche per la sua ridotta capacità di adattamento. Ad esempio, nella caccia. Imbattibile quando si trattava di abbattere i pachidermici mammuth, si sarebbe invece dimostrato lento e non all’altezza con prede molto più piccole e rapide come i conigli selvatici. È la teoria di John Fa, biologo del Fondo di Tutela Naturale Durrell, in Gran Bretagna.

Lo studioso ha appurato che i primi resti di ossa di coniglio– scarti dell’alimentazione umana- compaiono nelle grotte a partire da 30 mila anni fa. Proprio nell’epoca nella quale i Neanderthal iniziarono a scomparire e i nostri avi a diffondersi. “Quando, per motivi climatici, il numero dei mammuth andò scemando, i conigli furono l’alternativa migliore per sfamare le popolazioni. Ma per qualche motivo, i Neanderthal non erano bravi a catturarli”, sostiene Fa. E senza cibo si muore.

Eppure c’è chi progetta di riportarli in vita, grazie alla clonazione. Una possibilità niente affatto remota, visto che il dipartimento di Antropologia evolutiva del Max Planck Istitute di Lipsia, in Germania, ha sequenziato l’intero genoma di questi nostri lontani parenti, estrapolandolo da un osso trovato in una caverna della Siberia. Con una procedura simile a quella mostrata dal film “Jurassic Park”, si potrebbe manipolare una cellula ( in questo caso, umana) con quel DNA estinto per impiantarla poi in una madre surrogata.

CON CHE DIRITTO POTREMMO CLONARE UN PICCOLO NEANDERTHAL?

“L’abbiamo già sperimentato sui topi, non vedo perchè non potrebbe funzionare anche su altri mammiferi”, ha commentato il genetista di Harvard George Church. Dunque, sulla carta, sarebbe fattibile far nascere un esemplare di Neanderthal. Ma a che pro? E soprattutto, chi si arrogherebbe il diritto di decidere?  L’esperimento non riguarderebbe solo la scienza, ma soprattutto la sfera dell’ etica. Non verrebbe clonato un mammifero qualsiasi, ma un nostro progenitore.  Un essere umano, insomma, non una cavia da laboratorio.

 SABRINA PIERAGOSTINI

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