Diavolo di un George Lucas. La mente geniale del creatore della saga di “Star Wars”- “Guerre Stellari”, qui da noi- ci ha preso in pieno, nell’immaginare il pianeta dell’eroico Luke Skywalker, Tatooine, illuminato da una coppia di soli. Adesso anche i ricercatori sostengono che le stelle binarie offrono le maggiori possibilità di ospitare la vita.
Avere nel proprio cielo due astri accoppiati potrebbe infatti essere molto utile per evitare o almeno per limitare i danni provocati dal bombardamento dei venti solari, consentendo così anche l’estensione della cosiddetta Fascia di Abitabilità- o “Goldilocks Zone“, come amano definirla gli anglosassoni. A formulare questa ipotesi è stata Joni Clark, una laureanda presso l’Università statale del New Mexico, durante il 222esimo meeting dell’ American Astronomical Society.
“Le due stelle si controllano a vicenda”, ha spiegato la studentessa esponendo il suo studio sui sistemi binari. “È come un buon matrimonio: si sfogano tra di loro e non prendono di mira chi le circonda. Si calmano l’una con l’altra e ciò consente un aumento della protezione magnetica dei pianeti.” Avendo infatti una massa molto simile, è come se si muovessero in modo sincronizzato, mantenendo al minimo l’emissione di venti solari.
I due soli, però, devono essere abbastanza vicini da ruotare attorno al loro comune centro di massa in un tempo compreso tra i 10 e i 30 giorni. Se la distanza è maggiore, si può determinare una deformazione nelle orbite dei loro pianeti. Quei mondi alieni traggono però un notevole vantaggio dalla riduzione dei venti solari: si possono formare corpi rocciosi e ricchi di acqua, potenzialmente adatti ad accogliere i mattoni della vita, in aree del sistema solare che non sarebbero adatte senza l’interazione delle stelle gemelle.
“Inoltre il sistema stellare binario permette ai pianeti più piccoli, che hanno un ridotto campo magnetico, di mantenersi abitabili, perchè non devono proteggersi quanto dovrebbero fare se ci fosse una singola stella“, spiega ancora la Clark. Secondo la sua ricerca, i pianeti di tipo “P” (quelli appunto legati ad un sistema binario) ricevono circa lo 0,7% di particelle ionizzate in meno rispetto alla Terra. “Quindi hanno più chance di ospitare la vita“, aggiunge la studentessa.
E di copie di Tatooine dovrebbero essercene parecchie attorno a noi. Il telescopio orbitante della Nasa ne ha già individuate alcune, come ad esempio Kepler-35 b, a riprova che la varietà dell’Universo che ci circonda più replicare e superare quanto immaginato dalla nostra fantasia. E più si allunga la lista dei mondi alieni, più le sorprese aumentano. Un elenco che sembra destinato ad aumentare rapidamente, anche perchè è stato messo a punto un nuovo sistema per individuare gli esopianeti.
Finora infatti sono stati due i metodi principalmente utilizzati dagli astronomi: la velocità radiale delle stelle e il transito, che studia le alterazioni della loro luminosità. Ora un team formato da ricercatori dell’Università di Tel Aviv e del Centro di Astrofisica Harvard-Smithsonian ha scoperto un pianeta extrasolare ricorrendo alla Teoria della Relatività di Einstein.
Hanno infatti cercato i tre piccoli effetti che si verificano contemporaneamente quando un corpo orbita intorno al suo sole e previsti dal grande fisico tedesco. Il primo riguarda l’ apparente movimento della luce della stella, che al passaggio di un pianeta sembra sporgere – come se fosse “tirata” in avanti- per poi ritornare indietro. Un altro indizio è dato dalla luminosità che appare più o meno intensa in base all’angolo di osservazione. Infine, il terzo effetto è prodotto dalla luce solare riflessa dal pianeta stesso. “È la prima volta che questo aspetto della teoria della relatività di Einstein è servito per scoprire un pianeta“, ha commentato il co-autore dello studio, Tsevi Mazeh.
SABRINA PIERAGOSTINI