E se non fosse, dopo tutto, una bufala? Il Codice Voynich– il misterioso testo del ‘400 che nessuno ha mai saputo decifrare, ora conservato nell’Università americana di Yale- potrebbe non essere un falso costruito ad arte nel Rinascimento, ma sarebbe stato scritto in una lingua reale, per quanto ignota. Insomma, conterrebbe davvero un messaggio segreto ancora tutto da scoprire.
Il manoscritto– che deve il suo nome al mercante di libri Wilfred Voynich, che lo acquistò, nel 1912, da un collegio gesuita di Frascati- è diviso in varie sezioni. Dalle illustrazioni che li adornano, si ritiene che i capitoli trattino di botanica, astronomia, biologia e farmacologia. Ma è solo un’ipotesi, perchè l’idioma utilizzato dall’autore del testo è assolutamente incomprensibile, così come risultano del tutto sconosciute le piante raffigurate e lo scopo delle miniature che rappresentano donne nude immerse in un liquido scuro.
Così, nel corso degli anni, si fatta strada una convinzione tra storici e criptografi: l’anomalo alfabeto usato per comporre il volume sarebbe una pura invenzione e le parole non avrebbero alcun significato. Si tratterebbe dell’astuta trovata di un falsario per ingannare i ricchi collezionisti che nell’Europa del XV secolo erano pronti a spendere fortune, pur di accaparrarsi volumi unici e manoscritti rari. Insomma, un inganno bello e buono che ancora oggi disorienta gli esperti.
Ma adesso un nuovo studio suggerisce la possibilità che invece, tra quelle righe apparentemente senza senso, si nasconda un vero codice cifrato. Questa ipotesi è emersa grazie ad una tecnica statistica che permette di quantificare il contenuto informativo negli elementi di un testo, anche se dal significato oscuro. La stessa tecnica può anche essere utilizzata, ad esempio, per “leggere” il Dna oppure per scovare eventuali segnali tra i neuroni del cervello.
Promotore della ricerca è il dottor Marcelo Montemurro, uno studioso argentino che ora lavora presso l’Università di Manchester. Con il suo team, ha provato ad applicare questo metodo scientifico al Codice Voynich. “Abbiamo deciso che questo misterioso manoscritto era il candidato ideale. Si discute e si litiga da decenni sulla sua autenticità. Il nostro è stato un approccio innovativo“, ha spiegato Montemurro.
Piuttosto che considerare gli eventuali schemi nelle singole parole, il ricercatore ha cercato uno modello globale nella frequenza e nel raggruppamento di termini che potrebbero avere un significato. “I risultati che abbiamo ottenuto gettano nuova luce su questo antico volume”, afferma.
Il metodo usa una formula per trovare l’entropia di ogni termine- ovvero, la misura di come le parole sono distribuite. In sostanza, quelle più importanti dovrebbero apparire più frequentemente, pur distinguendo tra i termini a bassa informazione– come la congiunzione “e” che dovrebbe trovarsi un po’ ovunque- e i termini ad alta informazione, che invece dovrebbero apparire solo in determinate sezioni.
Questa tecnica statistica è già stata usata, negli anni scorsi, su testi noti. Ad esempio, analizzando “L’origine delle specie”, la bibbia della teoria evoluzionistica scritta da Charles Darwin, è emerso che le parole ad alta informazione più frequenti sono, per l’appunto, specie, genere, ibridi e varietà. Un risultato assolutamente coerente con il contenuto del saggio. Oppure, studiando la frequenza linguistica nel romanzo di Herman Melvill “Moby Dick”, la parola più ricorrente è risultata balena. Anche qui, nessuna sorpresa.
Dunque, il metodo sembra funzionare anche applicato alla linguistica. Nel caso del Manoscritto Voynich, sono emerse alcune parole ad alta entropia che sembrano essere specifiche nelle differenti sezioni del libro. Montemurro e i suoi collaboratori hanno infatti trovato che i termini presenti nelle illustrazioni dei capitoli che sembrano trattare di botanica e di farmaceutica appaiono più correlati gli uni agli altri rispetto alle parole presenti nei capitoli apparentemente di astronomia e biologia. Risulta, insomma, una certa omogeneità.
“C’è una forte connessione linguistica e la nostra analisi è la prima ad aver evidenziato questo legame tra le due sezioni in base alla struttura della lingua”, afferma Montemurro. La tecnica statistica è anche il modo migliore per raggruppare parole correlate per massimizzare al meglio il loro contenuto informativo. Nei racconti o nei singoli capitoli di un libro, i gruppi di termini collegati e ad alta entropia tendono ad essere molto ampi: spesso contengono centinaia di parole. All’opposto, nei testi che sono solo un elenco di citazioni, slegate le une dalle altre, i raggruppamenti di parole correlate sono molto ridotti.
In media, nelle varie lingue umane, antiche e moderne, questi gruppi arrivano a contare tra le 500 e le 700 parole. Per l’idioma usato nel Codice Voynich, sono circa 800. Un numero leggermente superiore, ma- ancora una volta- coerente con l’ipotesi che quei segni grafici che coprono la pergamena non siano solo scarabocchi, ma un vero e proprio alfabeto sconosciuto. Ora resta solo da decifrarlo, per dare un senso alle 204 pagine di cui il manoscritto è composto. E l’impresa non sembra affatto semplice.
SABRINA PIERAGOSTINI