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Il luogo migliore per un investimento immobiliare a lungo termine? Un pianeta in orbita attorno ad una nana rossa. Un’affermazione paradossale, certo, ma reale, visto che al nostro mondo non manca poi molto (almeno, da un punto di vista astronomico) per diventare prima inabitabile e poi per morire del tutto. Colpa, appunto, del nostro Sole- una nana gialla.

I PIANETI PIÙ LONGEVI ORBITANO ATTORNO ALLE NANE ROSSE

La Terra, infatti, avrebbe già superato il 70 per cento del tempo di permanenza nella Fascia di Abitabilità. Secondo i calcoli del team di Andrew Rushby, pubblicati su Astrobiology Magazine,  ci rimangono suppergiù un miliardo e 700 mila anni prima della fine. A quel tempo, la stella che ora ci riscalda e permette la vita avrà raggiunto il 118 per cento di luminosità in più dell’attuale: l’intensa radiazione farà evaporare tutta l’acqua presente sulla superficie terrestre e il nostro pianeta sarà arso e secco come il più brullo dei corpi celesti.

Ben diversa la sorte se il nostro Sole fosse una nana rossa: in questo caso, il periodo di abitabilità si moltiplicherebbe per cinque. Ecco perchè, per gli scienziati, queste stelle più piccole e tiepide – diffusissime nella nostra galassia– sono così interessanti dal punto di vista della ricerca della vita extraterrestre. Con una prospettiva così lunga nel tempo, aumentano infatti anche le possibilità che i loro pianeti tanto longevi possano ospitare forme viventi estremamente evolute.

I cacciatori di mondi alieni, negli ultimi mesi, hanno più volte annunciato la scoperta di potenziali candidati con le carte in regola per svolgere il ruolo di gemello della Terra. Il presupposto essenziale, per prenderli in considerazione, è la loro orbita: se si trovano troppo vicini o troppo lontani rispetto la loro stella di riferimento, non possono avere acqua allo stato liquido. E la presenza di acqua è considerata una condizione primaria per la vita.

Fondamentale, ma non unica, ovviamente. Serve anche che il pianeta- roccioso, va da sè– sia anche dotato di atmosfera e di campo magnetico. Per ora, però, le nostre strumentazioni hanno potuto misurare distanze e dimensioni, ma sappiamo poco o nulla delle altre caratteristiche fisiche di questi mondi lontani- se hanno o no un’attività tettonica e magnetica, quanto è inclinato il loro asse e via di questo passo.

IL GIGANTE GASSOSO KEPLER 7B, PARAGONATO A GIOVE

Pochi giorni fa, un’equipe di astronomi ha annunciato di aver mappato, per la prima volta, le nuvole che solcano i cieli di un esopianeta, Kepler-7b, lontano 1000 anni luce, molto più grande di Giove, ma con una densità bassissima- quanto il polistirolo. I ricercatori della Nasa ipotizzano che il gigante gassoso sia coperto da nubi sul lato ovest e completamente sereno sul lato est. “Abbiamo trovato un chiaro indice riflettente, che abbiamo interpretato come nuvole nell’alta atmosfera“, hanno detto. Ma da qui a stabilire la composizione chimica dell’aria, ce ne vuole.

Aggiungendo però alle informazioni finora note anche l’età della stella– quindi, appurando da quanti miliardi di anni quel pianeta si trova nella Fascia di Abitabilità e per quanti altri continuerà a godere delle condizioni ideali-  potremmo comunque valutare  meglio i potenziali candidati ad ospitare forme di vita. Ad oggi, il più interessante resta Gliese 581g, a circa 20 anni luce da noi, nella costellazione della Bilancia.

Per quanto ne sappiamo, si trova proprio nel mezzo della Fascia di Abitabilità di una nana rossa e la sua temperatura dovrebbe rimanere temperata da qui ai prossimi 5 miliardi di anni– quando la nostra Terra sarà ormai ridotta in cenere. Inoltre, Gliese 581g ha una dimensione abbastanza simile al nostro pianeta e potrebbe avere anche una simile gravità. E infatti è un osservato speciale del SETI – anche se finora da qui non sono stati captati segnali radio.

IL MIGLIOR CANDIDATO COME GEMELLO DELLA TERRA, GLIESE 581G

Certo- dice Andrew Rushby – non c’è  alcuna certezza che la vita si formi e si sviluppi più facilmente in pianeti longevi come questo piuttosto che su altri. Significherebbe imporre una visione eccessivamente deterministica ed accettare come un dogma l’evoluzione in stile darwiniano. “Una visione un po’ troppo antropomorfica“, ammette l’autore della ricerca. Ma è chiaro che la Fascia di Abitabilità dovrà ora essere integrata da nuovi elementi, come l’età stellare, per arrivare ad una classificazione più articolata dei miliardi di esopianeti che ci circondano.

SABRINA PIERAGOSTINI

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