È successo ancora: un altro pesce gigantesco si è spiaggiato sulle coste della California. È lungo sui 4 metri, un po’ meno dell’esemplare che era stato immortalato, tra le braccia di 15 bagnanti, a Catalina Island, a circa 80 chilometri rispetto il luogo dell’ultimo ritrovamento. Due casi in pochi giorni che lasciano stupiti gli esperti.
La seconda carcassa è apparsa venerdì scorso sulla spiaggia di Oceanside. Appartiene sempre ad un pesce remo, una specie che vive in acque molto profonde e che può arrivare fino a 15 metri di lunghezza. Le sue dimensioni esagerate e l’aspetto anguilliforme hanno alimentato, in passato, il mito del “serpente di mare”, il mostro che attaccava le navi facendole naufragare.
Non capita molto spesso di vedere un pesce remo in superficie. Capita ancora più raramente vederne due, arenati a poca distanza di tempo e di spazio. Ecco perchè i biologi marini stanno esaminando i resti dei due esemplari per capire cosa possa essere successo. Milton Love, docente dell’Università della California a Santa Barbara, ipotizza che la morte quasi contemporanea delle due enormi creature non sia affatto un caso.
I due pesci remo potrebbero essere stati portati verso riva da fortissime correnti marine e poi martoriati dall’urto delle onde. Oppure potrebbe appartenere ad una sottospecie che preferisce acque meno profonde. L’esame del Dna, prelevato dalle carcasse, potrà aiutare a dare una risposta, anche se in realtà si conosce molto poco del comportamento di questo tipo di animali, proprio perchè di solito nuotano a 4 mila metri di profondità.
Ma c’è un mistero nel mistero: da un primo esame, sembra che i due “mostri” non presentino ferite nè segni di malattia. Non si capisce cosa li abbia uccisi. Tanto che un’assistente di biologia animale alla Anglia Ruskin University di Cambridge, Rachel Grant, ha formulato un’ipotesi singolare: a stroncarli potrebbe essere stato un fenomeno avvenuto in fondo al mare.
Il punto di partenza, una leggenda giapponese: quando i pesci remo emergono in superficie si verifica un terremoto. La Grant la ha presa seriamente in considerazione. “È possibile, in teoria, perchè quando c’è un sisma si produce un accumulo di pressione tra le rocce del fondale che può produrre cariche elettrostatiche. Così gli ioni caricati elettricamente si possono diffondere nell’acqua.”
Conseguenza: la formazione di perossido di idrogeno, un composto tossico. “Gli ioni caricati elettricamente possono portare all’ossidazione della materia organica, spingendo così i pesci ad abbandonare le acque più profonde per risalire in superficie“, ha spiegato la biologa. Non solo: prima di un terremoto, vi sarebbe anche un rilascio di grandi quantità di monossido di carbonio– ugualmente pericoloso per la fauna marina.
Insomma, dietro alla morte di questi giganti del mare potrebbero nascondersi dei processi geofisici connessi ai terremoti. E la California- come i sismologi sanno bene- è da sempre un’osservata speciale per via delle sue faglie. “Meglio tenere d’occhio la situazione per le prossime settimane”, ha consigliato Rachel Grant. Ha già elaborato un data-base con gli ultimi avvistamenti di pesce remo da due anni e mezzo a questa parte: vuole verificare se esiste una qualche correlazione con le scosse registrate nello stesso periodo in un raggio di 800 chilometri.
“Per ora sappiamo che non si verifica un terremoto dopo ogni avvistamento, ma vogliamo capire se per caso la probabilità di vedere quelle creature marine aumenta nei giorni antecedenti ad un sisma. A farli risalire in superficie, ci potrebbero però essere anche altri fattori, come gli ultrasuoni prodotti dai sottomarini militari oppure i danni ambientali causati dall’ inquinamento“, ha detto. Lo studio è appena all’inizio, ma chissà se il pesce remo non diventi nostro alleato nella prevenzione dei terremoti.
SABRINA PIERAGOSTINI