La meta è sempre più vicina. Tra pochi giorni, esattamente il 28 novembre, Ison raggiungerà il perielio- il punto di minima distanza dal Sole. Per la cometa, è la prova del nove: se supererà indenne l’incontro ravvicinato con la nostra stella, poi nulla potrà fermarla e splenderà nei nostri cieli, luminosa e suggestiva, proprio nella notte di Natale. Ma non è detto che tutto fili liscio…
La settimana scorsa, l’Istituto per la Ricerca sul Sistema Solare del Max Planck Institut di Katlenburg-Lindau, in Germania, ha diffuso un comunicato stampa, corredato di immagini riprese nello spazio, che mostrano la presenza di “ali”: attorno al nucleo di C/2012 S1 ( il nome scientifico del corpo celeste in avvicinamento) si sono formate due protuberanze laterali. Erano quasi invisibili il 14 novembre, ma solo 48 ore erano molto nette. Tutte le foto, riprese da quel momento in poi, da diversi astronomi, le confermano.
I ricercatori tedeschi hanno osservato Ison dal telescopio del Monte Wendelstein. “La due ali arcuate appaiono in direzioni opposte rispetto al nucleo, le loro chiome raggiungono i 13.500 km. Non si vedevano nella precedente foto del 13 novembre. Esse suggeriscono la presenza di due o più sub-nuclei con una propria atmosfera in espansione e possono indicare che di recente il nucleo della cometa si sia spaccato“, si legge nel testo.
“Simili caratteristiche si registrano dopo che singoli frammenti sono fuoriusciti dal nucleo“, ha aggiunto il dottor Hermann Böehnhardt. Un altro ricercatore, Gary Kronk, ha verificato quante comete abbiamo presentato delle simili ali e quante di esse si siano poi frantumate: ben sei su sette. Per quanto riguarda però l’unica eccezione, i dati non sono certi, visto che risale alla prima metà dell’800, quando i metodi di osservazione erano molto meno avanzati.
Ignacio Ferrin, astronomo dell’Università di Antioquia (Colombia) che sta seguendo di giorno in giorno gli sviluppi della situazione con una pagina web, ha però avanzato un’ipotesi differente sulla formazione delle due protuberanze: sarebbero prodotte dal materiale emesso dal nucleo surriscaldato, come un geyser o come gli spruzzi di una fontana.
La temperatura superficiale della cometa sarebbe molto elevata: almeno 240 °C. Questo perché, dalle immagini, sembra che il nucleo non stia rotando su se stesso: volge dunque sempre lo stesso lato alla luce solare. E quella faccia già bollente lo diventa sempre di più, man mano che Ison si approssima al perielio.
Sopravvivrà? Non è facile rispondere, dice Ferrin. La superficie della cometa viene continuamente erosa dal calore solare: qualche metro ogni secondo. Se il suo diametro è ridotto, potrebbe scomparire nel giro di qualche giorno, dal momento che crepe e fessure aumentano con un tasso crescente. Ma se il nucleo è abbastanza grande, invece, potrebbe resistere. “C’è ancora controversia su questo punto. Niente di cui preoccuparsi, la scienza funziona così”, chiosa il ricercatore sudamericano.
Ma davvero non c’è nulla da temere? Da più parti, incomincia a diffondersi il dubbio. Ison si sta comportando in un modo anomalo. Lo stesso Ferrin, a fine ottobre, aveva predetto (addirittura con una certezza vicina al 100 per cento) che si sarebbe disintegrata entro breve. Invece, ha già superato ben 11 red line – i punti nei quali altre comete della stessa magnitudo, nel corso degli anni, si sono polverizzate. Lei no: continua imperterrita il suo viaggio attraverso il sistema solare.
Lo fa anche adesso, nonostante sia entrata nella zona di “allarme rosso”: forse già spaccata in frammenti, forse consumata dalla radiazione solare, con tutta l’acqua presente sotto forma di ghiaccio quasi esaurita, insomma, praticamente a fine corsa… Ma è sempre lì. “Basandoci sulle prove e imparando dalle passate esperienze ( comete Tabur, Elenin, Linear e Hönig ) Ison dovrebbe essere sul punto di disintegrarsi“, ribadisce Ferrin. “Ecco perché è stato lanciato l’allarme rosso.”
Ma… c’è un ma. “Aspettiamo e vediamo cosa succede. Se si frantumerà, l’ipotesi sarà confermata e potremo dire che Ison ha seguito lo schema previsto. Se invece non accadrà, allora l’ipotesi sarà bocciata e la scienza avrà il compito di spiegare perché non si è comportata come le altre comete. In ogni caso, la scienza non prende posizioni: aspetta, osserva e poi trae le sue conclusioni.” Anche se, questa volta, sembra decisamente in difficoltà.
SABRINA PIERAGOSTINI