Laghi che appaiono all’ improvviso, enormi voragini che spuntano come funghi. Nulla di soprannaturale, certo, ma sorprende vedere le immagini e leggere i resoconti che testimoniano queste stranezze geologiche manifestatesi in due diverse e lontane parti del mondo, quasi in contemporanea.
L’ultima anomalia riportata dalla stampa internazionale è il bacino scoperto tre settimane fa nel deserto tunisino. Da un giorno all’altro, alcuni allevatori della zona si sono accorti della presenza, tra le sabbia e i ciotoli, di un grande specchio d’acqua. E non si trattava di un miraggio, ma di un vero e proprio lago diventato subito un’attrazione e un mistero.
I locali lo hanno subito preso d’assalto, con tuffi, nuotate rinfrescanti, immersioni, gite in barca. Tanto che le sponde del nuovissimo “lago di Gafsa”, che nessuna mappa riporta, si sono presto trasformate in una spiaggia libera. “Qualcuno dice che è un miracolo, ma altri parlano di maledizione”, ha affermato a France 24 il giornalista di Tunisia Daily Lakhdar Souid.
Fino ad oggi, non c’è una spiegazione plausibile per giustificarne la formazione: anche i geologi hanno opinioni divergenti. Alcuni ipotizzano che l’acqua sotterranea di una falda sia emersa in superficie in seguito ad una scossa sismica, ma- come dicevamo- non c’è accordo in merito né una posizione condivisa.
Fatto sta che questa piscina naturale, che questa piscina naturale, che a quanto pare copre una superficie di un ettaro ed è profonda fino a 18 metri, per un totale di 1 milione di metri cubi, è lì, contro ogni aspettativa. Col passare dei giorni, però, ha già cambiato aspetto: le sue acque cristalline, di un incantevole color turchese, sono diventate torbide, verdognole, e si stanno riempendo di alghe. Prova che il bacino non viene alimentato e che non c’è ricambio.
Ma non sarebbe questo l’aspetto peggiore. “Il lago si è formato in un’area ricca di giacimenti di fosfato, i cui residui possono essere altamente radioattivi”, ha scritto Souid in un articolo, rilanciando l’allarme diffuso dall’Ufficio di Igiene di Gafsa che ha messo in guardia: l’acqua potrebbe essere contaminata e persino cancerogena. In assenza però di un esplicito divieto di balneazione, la gente continua a cercare refrigerio e relax in questa piscina fuori dal comune.
Altrettanto insoliti e sorprendenti sono i crateri che sono stati segnalati, a luglio, in Siberia. Il primo, scoperto a metà mese nella penisola di Yamal (“la fine del mondo”, in lingua locale), sarebbe ampio quasi 80 metri. In seguito, ne sono stati individuati altri due: uno nel distretto di Taz, di circa 15 metri, e un altro nella penisola di Taymyr.
Gli scienziati russi subito arrivati sul posto per studiare il fenomeno hanno escluso che le cavità siano state prodotte dall’impatto di meteoriti. “La mia personale opinione è che si tratti di un qualche tipo di sinkhole”, ha detto a LiveScience.com Vladimir Romanovsky, geofisico specializzato in permafrost presso l’Università dell’Alaska. Per sinkhole o doline si intendono quei pozzi naturali che si formano all’improvviso per sprofondamento in seguito all’ erosione dell’acqua.
In questo caso, a provocare l’apertura di quei fori impressionanti sarebbe stato lo scioglimento del ghiaccio perenne che solitamente ricopre questa area della Russia, nel Circolo Polare Artico. C’è però un elemento singolare: il terreno, anziché essere collassato all’interno delle voragini, appare sparso attorno ad esse, come per effetto di un’esplosione. “Non ci sono precedenti nella letteratura scientifica. Quello con cui abbiamo a che fare è un caso del tutto nuovo”, ha ammesso Romanovsky.
Di fatto, l’esperto contraddice quanto affermato, qualche giorno prima, da altri colleghi, come Chris Fogwill, dell’Università del Nuovo Galles del Sud, in Australia, e Kenji Yoshikawa, anche lui docente in Alaska. Entrambi si erano detti convinti che il cratere comparso nella penisola di Yamal fosse stato prodotto dal collasso di un pingo, termine con il quale si definisce un vasto tumulo di ghiaccio, ricoperto di terriccio, che si forma spesso nelle regioni artiche e subartiche.
“Quella voragine non sembra affatto un tipico pingo collassato: di solito si formano lentamente, nel giro di decenni, e tutto il materiale cade verso l’interno. Dalle foto disponibili, invece, è evidente che il materiale sia stato espulso verso l’esterno del foro”, ha obiettato Romanovsky. Gli scienziati russi con i quali è in contatto gli hanno detto che il terriccio si è accumulato fino ad un metro d’altezza lungo tutto il bordo della voragine.
A suo avviso, il cratere si è comportato, inizialmente, come un sinkhole, ma poi deve essere successo qualcosa di insolito: forse del gas naturale sottostante, ad esempio il metano, per effetto della pressione è esploso, spargendo tutt’ attorno il materiale di scarto. Un’idea condivisa dalla scienziata russa Anna Kurchatova, del Centro di Ricerca Subartico.
Ma quando si sono veramente formati questi profondi buchi nel permafrost siberiano? Anche su questo punto, gli studiosi non si trovano d’accordo. C’è chi pensa che il grande cratere di Yamal possa essere lì da anni, altri invece da molto meno tempo. Solo il confronto delle immagini satellitari potrà dirimere la questione.
Restano poi aperti altri interrogativi. Da dove proviene il gas responsabile dell’esplosione? Come mai i bordi dei crateri sono così perfettamente circolari? E soprattutto, se è successo in Siberia, un simile fenomeno si potrà ripetere anche altrove? È questa l’unica domanda alla quale Romanovsky si azzarda a rispondere. “Se queste voragini nel permafrost sono effetto del surriscaldamento globale, probabilmente ne vedremo ancora.”
Ma oltre ad essere un effetto, queste doline potrebbero anche essere causa di un ulteriore innalzamento della temperatura globale. In quello spesso strato di ghiaccio siberiano, infatti, è intrappolata una quantità enorme di metano e di biossido di carbonio, entrambi gas serra. Se fossero liberati nell’atmosfera, le conseguenze potrebbero essere molto preoccupanti.
SABRINA PIERAGOSTINI