La minaccia arriva dallo Spazio. Sono potenzialmente numerosissimi gli asteroidi in grado colpire il nostro pianeta provocando una distruzione di massa, forse persino l’estinzione di ogni forma di vita. Un pericolo reale, che induce gli scienziati a studiare le contromosse per difenderci da un simile, devastante incontro.
L’ASTEROIDE 1950 DA
Il sospettato numero uno, ad oggi, è l’asteroide 1950 DA, divenuto tristemente famoso nel 2002 quando venne resa nota l’ipotesi di un gruppo di ricercatori: c’era una possibilità su 300 che l’enorme sasso spaziale centrasse la Terra il 16 marzo del 2880. Per fortuna poi i calcoli sono stati rivisti al ribasso e ora l’eventualità di un impatto è drasticamente calata- una su 4000. Ma il pericolo resta.
Le sue dimensioni sono di tutto rispetto: ha un diametro di circa 1300 metri e viaggia in media a 21 chilometri al secondo. Essere colpiti da un gigante del genere a quella velocità, secondo alcune stime, significherebbe subire gli stessi effetti di una bomba di quasi 45 mila megatonnellate di TNT. L’esplosione sarebbe terrificante, tanto quanto gli altri effetti – enormi tsunami e cambiamenti climatici epocali, tanto per cominciare.
Ma gli studiosi sono ottimisti. Abbiamo davanti a noi 8 secoli, 35 generazioni e svariate innovazioni scientifiche: dovremmo saper trovare in tempo una soluzione. Già oggi, comunque, è stato fatto un passo in avanti nella comprensione di questa minacciosa roccia a spasso per il cosmo, una dei cosiddetti NEOs , ovvero Near Earth Objects– oggetti vicini alla Terra.
Innanzitutto, distruggerla prima che entri nell’atmosfera terrestre rischierebbe di essere una mossa stupida: si moltiplicherebbero le collisioni possibili, visto che si produrrebbero vari frammenti dalla sua frantumazione. Molto meglio, invece, agire sulle forze che la mantengono compatta.
L’IMPATTO CON UN GRANDE ASTEROIDE AVREBBE EFFETTI DEVASTANTI
Gli astronomi dell’Università del Tennessee, analizzando 1950 DA, sono arrivati alla conclusione che su di essa devono agire delle forze coesive, dette “di Van der Waals” ( dal nome del matematico olandese che le formulò nel 1873), che in chimica determinano le interazioni molecolari, mai riscontrate però su un asteroide. La ricerca è stata pubblicata dalla rivista scientifica Nature e potrebbe risultare utile, in futuro, per intervenire preventivamente all’avvicinarsi di uno di questi sassi oversize.
Infatti, analisi precedenti avevano mostrato che l’asteroide è formato da cumuli di detriti tenuti insieme da gravità ed attrito, ma calcolando l’inerzia termica e la densità apparente di 1950 DA, l’equipe guidata dal professor Joshua Emery ha dovuto ipotizzare l’intervento di altre forze che impediscono alla roccia spaziale di sgretolarsi. Ruota infatti molto rapidamente, anzi , all’altezza del suo equatore, ha una gravità negativa: se un astronauta tentasse di rimanere in piedi sulla superficie, verrebbe proiettato verso l’esterno, nello spazio.
Ecco perché i ricercatori postulano la presenza delle forze di Van der Waals, le deboli forze di attrazione a livello molecolare, le stesse che in natura- ad esempio- permettono al geco di camminare sulle pareti lisce, anche in verticale. Sarebbero loro ad impedire ai detriti di spargersi nello spazio.
“Scoprire come funzionano e come sia possibile che questi asteroidi si mantengano compatti ci fornirà strategie per difenderci da disastri futuri”, ha detto uno dei ricercatori, Ben Rozitis. Ma non è detto che basterà a scongiurare ogni rischio, soprattutto considerando l’ imprevedibilità e la difficile individuazione degli asteroidi che ci circondano.
IL METEORITE ESPLOSO NEI CIELI DI CHELYABINSK, IL 15 FEBBRAIO 2013
Il caso Chelyabinsk insegna. Nel febbraio dello scorso anno, KEF-2013, un masso spaziale relativamente piccolo, entrò nell’atmosfera terrestre all’insaputa di tutti. Solo i suoi effetti furono ben visibili: produsse un’esplosione pari a 300 kilotoni, rilasciando un’energia quasi 30 volte superiore a quella della bomba di Nagasaki.
Gli ignari abitanti della città russa ne hanno sperimentato la forza distruttiva. Chi si trovò sulla traiettoria del meteorite, diventato una palla di fuoco, fu sbalzato a terra e riportò anche delle ustioni. Molti altri- in tutto, un migliaio di persone– vennero colpiti dai vetri delle finestre esplose in seguito allo scoppio. Decine di palazzi subirono danni. Eppure, KEF-2013 era lungo solo 15 metri, praticamente come un autobus.
SABRINA PIERAGOSTINI