Ogni anno vengono scoperte centinaia di nuove specie animali -pesci, insetti, anfibi, a volte persino mammiferi- a riprova di quanto poco conosciamo il nostro pianeta e quanto ci siano ancora ignote ampie aree del mare e delle terre emerse. Ma secondo due studiosi, potrebbero esistere delle forme viventi- qui, in mezzo a noi- che non siamo neppure in grado di definire come tali e che per questo restano sconosciute.
Nell’articolo pubblicato dalla rivista Science, la biologa Tanja Woyke e il genetista Edward Rubin , entrambi ricercatori del Joint Genome Institute del Ministero dell’Energia degli Stati Uniti, sostengono che il nostro attuale approccio nell’identificare la vita può farci perdere di vista delle nuove forme viventi, in particolare se sono molto diverse da quelle che sono state individuate fino ad ora.
La biologia, attualmente, suddivide gli organismi in tre taxa- ovvero, in tre ordinamenti od unità tassonomiche- in base a ben precise caratteristiche morfologiche e genetiche: gli eucarioti (ne facciamo parte anche noi, come tutti gli esseri formati da cellule dotate di un nucleo), i batteri e gli archei. Ma Woyke e Rubin ipotizzano che altri organismi, completamente differenti, potrebbero essere diffusissimi sulla Terra eppure rimanere ignoti per la nostra incapacità di riconoscerli.
Potrebbero, insomma, esserci delle creature che non presentano le quattro basi presenti in tutti i DNA e RNA (adenina, guanina, citosina e timina, sostituita dall’uracile nell’RNA) . Potrebbero esserci forme di vita che si sono evolute in modo del tutto diverso da quello che conosciamo noi. Potrebbero trovarsi anche in luoghi nei quali non abbiamo mai pensato.
Nuovi microbi sono spesso scoperti tramite il cosiddetto campionamento ambientale: il DNA o l’RNA prelevato da un campione di suolo o dall’oceano viene amplificato e replicato in modo da sequenziarlo. Dopo di che, i ricercatori tentano di classificare il campione all’interno di una determinata specie, come meglio possono. Ma questo approccio presenta delle limitazioni: molto materiale campionato viene eliminato oppure semplicemente non può essere amplificato in laboratorio.
Ecco perché gli autori dell’articolo affermano: ”È ragionevole ipotizzare che possano esistere branche della vita ancora non scoperte e altamente divergenti, probabilmente rappresentate da domini i cui geni marcatori differiscono profondamente da quelli degli altri rami dell’ albero della vita, i batteri e gli archei.” E qualche segnale che ci sia qualcosa di strano e di misterioso, in mezzo a noi, è già stato evidenziato.
Ad esempio, sono stati scoperti dei nuovissimi tipi di virus, molto grandi e con una strana sequenza di DNA che sembra derivare da genomi apparentemente di archei e di eucarioti. Convenzionalmente, si pensa che tali virus abbiano condiviso, in epoche remote, il loro patrimonio genetico con organismi ignoti ormai estinti. Ma potrebbe anche esserci una spiegazione diversa. Tale precursore cellulare potrebbe esistere tuttora- nascosto chissà dove.
Tuttavia l’elemento più suggestivo della ricerca dei due studiosi è la possibilità che forme di vita ancora da scoprire utilizzino un codice genetico che non capiamo e che quindi non sappiamo ancora come individuare e sequenziare. Non è impossibile, se pensiamo che noi stessi abbiamo inventato dei DNA mai visti prima, con gli esperimenti per creare la vita artificiale. Pochi mesi fa, ne è stato costruito uno formato da sei basi, due delle quali sintetiche.
I team dello Scripps Research Institute di La Jolla, in California, ha infatti modificato il codice genetico dell’Escherichia Coli, inserendo due nucleotidi artificiali, chiamati X e Y, usati per formare una coppia di base. E il batterio manipolato in questo modo si è riprodotto normalmente- il primo caso di organismo in parte naturale e in parte opera dell’uomo. Perché escludere che varianti del genere le possa aver prodotte anche la Natura, in tutti i miliardi di anni avuti a disposizione?
Lo pensano anche Woyke e Rubin. “Questo tentativo dei biologi di costruire degli organismi radicalmente nuovi offre possibili modelli per insolite varietà di vita che possono essere ricercate in natura. La scoperta di un nuovo dominio avrebbe probabilmente grandi implicazioni per la biotecnologia, l’agricoltura, la salute dell’uomo.” Senza contare, aggiungiamo noi, che aprirebbe nuove prospettive anche nella ricerca di forme di vita extraterrestri, a maggior ragione ancora più imprevedibili.
SABRINA PIERAGOSTINI