Extraterrestri iperevoluti, se ci siete, battete un colpo… Perché finora anche gli strumenti più tecnologici a nostra disposizione non captano segnali che dimostrino la presenza di superciviltà aliene. L’ultimo studio è stato compiuto da un team scientifico della Penn State University grazie al WISE, il telescopio della NASA agli infrarossi, alla ricerca di emissioni di energia prodotte da creature intelligenti.
L’articolo è stato pubblicato dalla rivista Astrophysical Journal. Gli astronomi hanno preso in esame i dati di ben 100.000 galassie, prendendo come presupposto quanto formulato già negli anni ’60 dal fisico teorico Freeman Dyson: le civiltà extraterrestri sviluppate potrebbero essere individuate dalla presenza di raggi infrarossi ad onde medie. Anche noi, sul nostro pianeta, ne emettiamo in continuazione. E i ricercatori, in effetti, hanno scoperto qualcosa di interessante.
“In 50 galassie abbiamo trovato un livello di radiazione agli infrarossi insolitamente alto. Ulteriori approfondimenti in futuro potranno stabilire quale ne sia l’ origine, se è il risultato di normali processi di natura astronomica oppure se indica la presenza di una civiltà molto progredita”, ha detto Roger Griffith, uno degli autori dello studio. Tuttavia, queste tracce sono insufficienti per ipotizzare una eventuale super-civiltà di dimensione galattica.
Sempre negli anni ’60, un altro scienziato- il cosmologo russo Nikolaj Kardashev – ha proposto infatti un tipo di classificazione (che poi ha preso il suo nome) per identificare le potenziali civiltà extraterrestri in base all’energia a loro disposizione. La civiltà K1 sa usare tutta l’energia del proprio pianeta; la K2 tutta quella della sua stella; la K3 tutta quella presente nella sua galassia. Quest’ultima tipologia dovrebbe essere semplice da scovare anche dalla Terra, vista la mostruosa emissione di onde agli infrarossi che diffonderebbe nello spazio.
“Nessuna delle galassie esaminate presenta caratteristiche riconducibili ad una simile civiltà”, ha detto Griffith, che ha però subito specificato:”Ciò non significa, comunque, che non ci sono civiltà galattiche, ma solo che- se esistono- non stanno utilizzando la maggior parte della luce solare per i loro scopi.” Lo studio del team americano apre però anche nuovi scenari per gli astrobiologi.
Quarant’anni fa, l’astronomo Michael H. Hart ha ipotizzato che una superciviltà potrebbe colonizzare un’intera galassia in tempi relativamente brevi (sempre su una scala cosmica). Il fatto che nella Via Lattea ciò non sia accaduto, farebbe propendere per l’ipotesi che noi siamo soli, quaggiù. Ma molti ricercatori- inclusi quelli del SETI- dissentono con l’ipotesi di Hart, che ritengono non corretta.
“Se persino affinando la nostra tecnologia, continueremo a non trovare tracce di vita intelligente pandemica nelle altre galassie, questo sarebbe un argomento in più per coloro che non condividono la posizione di Hart e renderebbe la Via Lattea il luogo più promettente dove cercare”, ha affermato Jason Wright, coautore dell’articolo, parlando con il sito i09.com.
La ricerca dunque continua, per individuare civiltà aliene che utilizzano un po’ meno energia- seguendo, di fatto, la correzione alla classificazione di Kardashev operata da Carl Sagan con l’aggiunta dei decimali. “Con la scala di Sagan, possiamo scendere dal Tipo 3.0 al Tipo 2.9 o 2.8. Ciò significa, cercare una civiltà che sfrutta il 10% o l’1% dell’energia della galassia”, ha aggiunto Wright. L’equipe vuole poi tentare lo stesso metodo con le potenziali civiltà K2, alla ricerca delle cosiddette “Sfere di Dyson” o di altre megastrutture prodotte da creature avanzate.
La Sfera di Dyson è infatti un ipotetico guscio, composto da pannelli, costruito attorno ad un astro per imbrigliarne l’energia. “Dovremmo essere in grado di distinguere lontanissime nubi di polvere stellare da una stella simile al Sole la cui luce viene controllata da una civiltà evoluta”, ha spiegato Wright. Un compito possibile con il telescopio spaziale dell’ESA, GAIA, che sta realizzando una mappa in 3D della nostra galassia e misurando le distanze e lo spettro di circa 1 miliardo di stelle. “Non vediamo l’ora di usare questi dati per estendere la nostra ricerca alla Via Lattea.”
SABRINA PIERAGOSTINI