Pistola fumante o bluff? Migliaia di persone hanno assistito, seduti in platea o in diretta streaming, alla presentazione a Città del Messico del presunto E.T. di Roswell. Qualcuno è rimasto un po’ deluso, come si evince dai primi commenti apparsi sul web. Tutto qui?, si sono chiesti alcuni utenti, dopo aver visto l’immagine ritenuta dagli organizzatori la prova inconfutabile dell’esistenza degli Alieni. In tanti, invece, sono rimasti impressionati.
La serata- annunciata con grande clamore mediatico, pubblicizzata come un evento storico e molto attesa- si è svolta nell’Auditorium Nazionale della capitale messicana. A fare gli onori di casa, il giornalista tv Jaime Maussan. Sul maxi schermo, sono state mostrate le testimonianze di chi, a vario titolo, ha avuto un ruolo nella scoperta o nello studio di queste diapositive, rinvenute per caso, insieme a molte altre, nel 1998, in una casa di Sedona, in Arizona, dopo la morte dei proprietari.
Bernard A. Ray, un geologo che si occupava di trivellazioni petrolifere, e la moglie Hilda, un avvocato di spicco, le avevano conservate in una scatola riposta in soffitta. Entrambi erano personalità in vista, negli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, amici del presidente Eisenhower e grandi viaggiatori. Tra le varie Kodachrome, due hanno subito attirato l’attenzione di Adam Dew, un ex giornalista che ne è entrato in possesso: così si è rivolto ai due più noti studiosi del caso Roswell, Don Schmitt e Tom Carey, che hanno a lungo analizzato le foto per stabilirne l’ autenticità.
Un esperto della Kodak ha confermato che le diapositive risalgono ad un periodo compreso tra il 1947 e il 1949. Altri tecnici specializzati hanno garantito che sono originali, non artefatte, non rielaborate. Un ex militare, presente all’epoca dello schianto di Roswell, ha affermato che quanto appare nelle foto è molto simile a quello da lui stesso visto in quell’occasione in un hangar. Un medico legale, che ha lavorato per la Regia Polizia a Cavallo canadese, ha poi rilasciato un’altra testimonianza importante.
Alla vista di quella creatura immortalata nello scatto- alta circa un metro, con una testa sproporzionata, grandi occhi, arti sottili- il dottor Richard Doble aveva pensato- inizialmente- che si trattasse di una persona deforme. Ma ad un esame più attento, ha notato dettagli inusuali: solo 4 coppie di costole, ossa nelle mani e nei piedi molto strane e altre anomalie anatomiche che lo hanno portato ad una conclusione sconcertante. Ritiene infatti che non possa trattarsi di un essere umano.
La presentazione del 5 maggio ha lasciato però dubbi e perplessità anche in alcuni ufologi. Innanzitutto, obiettano, non c’è nulla che colleghi direttamente quell’esserino a Roswell, se non la data presunta in cui le foto sono state scattate. E nonostante le affermazioni del dottor Doble, molti scettici non hanno potuto fare a meno di notare la somiglianza tra quella piccola creatura contenuta in una teca di vetro e le mummie di bambini esposte, tempi addietro, allo Smithsonian Museum.
Insomma, non c’ è un risultato univoco, anche perché si parla pur sempre di una foto e non di un reperto organico da poter sottoporre a test genetici. Basta comunque per concludere che quasi 70 anni fa un disco volante sia precipitato in New Mexico con a bordo un equipaggio extraterrestre? Per l’ex astronauta di Apollo 14 Edgar Mitchell sì, perché quel corpo ricorda molto quanto gli rivelarono in via confidenziale alcuni testimoni oculari dell’ UFO crash del ’47.
E basta sicuramente a Jaime Maussan. Le due Kodachrome, a suo avviso, cambiano le carte in tavola. “Per la prima volta– ha affermato- è stata resa pubblica una prova relativa al famigerato incidente di Roswell. Una prova che dimostra che in quel lontano luglio è davvero precipitata un’astronave aliena e che le autorità militari hanno cercato di insabbiare la verità fino ad oggi”.
SABRINA PIERAGOSTINI