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“False Flag”, operazioni sotto falsa bandiera

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Corre l’anno 149 a.C. Esasperata dai continui sconfinamenti e dagli attacchi proditori del vicino Massinissa, re di Numidia, Cartagine assolda 50 mila mercenari per difendersi. Ma nel riarmarsi, infrange il patto siglato con Roma dopo la sconfitta nella seconda guerra punica, che vincolava la città africana alla rinuncia di un esercito. Una violazione che autorizza  i Romani ad intervenire e a distruggere per sempre Cartagine. Un classico casus belli arrivato al momento giusto. O meglio, favorito in ogni modo dall’Urbe, che aveva fatto finta di non vedere le provocazioni di Massinissa scaricando sul nemico storico ogni responsabilità.

LA COPERTINA DEL LIBRO "FALSE FLAG- SOTTO FALSA BANDIERA"

LA COPERTINA DEL LIBRO “FALSE FLAG- SOTTO FALSA BANDIERA”

Forse è questo il primo caso noto della storia di “operazione sotto falsa bandiera”. Oggi, con la moda di utilizzare sempre parole inglesi, si preferisce parlare di “false flag”. Ma il senso non cambia. “Con questo termine si intendono le operazioni belliche auto create, quando cioè uno Stato inscena delitti, tragedie, attacchi terroristici incolpando un altro Stato di quanto avvenuto. Avviene per poter scatenare un casus belli, cioè per poter dichiarare guerra ad un altro Stato, oppure per poter introdurre misure draconiane contro la privacy o altre limitazioni e provvedimenti che in condizioni normali non sarebbero mai stati introdotti”, spiega Enrica Perucchietti, autrice del libro “False flag- sotto falsa bandiera. Strategia della tensione e terrorismo di Stato”

Uno dei primi casi citati nel testo è proprio l’astuzia romana in funzione anti cartaginese. Ma poi si prosegue, via via nella storia- costellata di molti inganni– fino ai nostri giorni. “Nel mio libro risalgo fino alle guerre puniche per dimostrare come queste operazioni siano storicamente vere e accertate”, dice la ricercatrice e saggista, che prosegue:”Si arriva poi all’età contemporanea nella quale compaiono vari episodi nei quali si può presumere che si sia trattato di operazioni sotto falsa bandiera.  C’è uno schema che ricorre. Pensiamo a quanto accaduto da noi,  dagli anni ’50 fino agli anni di piombo: questo tipo di metodologia è stato applicato in modo costante e capillare. Quindi a livello storico è tutto assolutamente fondato e documentato.”

Solo che -solitamente- devono trascorrere decenni prima che le prove emergano. Come per l’Operazione Northwoods, concepita nel 1962 al fine di convincere l’opinione pubblica statunitense che una guerra contro Cuba era necessaria. Il piano- mai realizzato- prevedeva anche attacchi terroristici e vittime sul territorio americano ad opera di agenzie governative per far ricadere la responsabilità sui Cubani. Lo si è scoperto però sono nel 1997, quando i primi documenti vennero pubblicati a cura del John F. Kennedy Assassination Records Review Board. Perché il presidente e suo fratello erano perfettamente al corrente del progetto criminale.

L'AUTRICE ENRICA PERUCCHIETTI

L’AUTRICE ENRICA PERUCCHIETTI

“Ci sono diversi casi durante l’amministrazione Kennedy nei quali la CIA su volontà di Robert e John Fitzgerald Kennedy cercano di inscenare delle operazioni sotto falsa bandiera e anche degli attentati per dare poi la colpa ai castristi per cercare il casus belli e tentare non soltanto di eliminare fisicamente Fidel Castro, ma anche proprio il regime cubano”, ribadisce l’autrice. “Questo ce lo dimostrano i documenti emersi dopo molti anni:  la storiografia prova che i fatti erano molto diversi da quello che credevamo.”

C’è chi è convinto che anche alcuni degli avvenimenti più sconvolgenti della cronaca recente seguano lo stesso schema e la stessa logica. Idee spesso etichettate come dietrologia senza fondamento o respinte come complottismo di bassa lega. Ma i precedenti storici accertati inducono a prendere in esame la possibilità- dice Enrica Perucchietti- che dietro a queste ipotesi apparentemente assurde e fantasiose si possa nascondere un nucleo di verità. Un caso clamoroso riguarda gli attentati dell’11 settembre 2001 che hanno radicalmente cambiato il corso della storia  a noi più prossima.

 “Sì, perché comunque gli interessi in ballo sono stati altissimi, non soltanto per l’introduzione di limitazioni della privacy con il Patriot Act americano, ma anche con interessi personali, finanziari, economici di persone legate al governo degli Stati Uniti, dal Segretario di Stato allo stesso Presidente Bush”, afferma la Perucchietti.  Il Patriot Act, approvato dal Congresso sull’onda emotiva della strage appena avvenuta, impose limiti alla libertà individuale, autorizzando gli organi di polizia ad invadere la vita privata dei cittadini per il fine superiore di perseguire i responsabili di crimini e di atti terroristici. Una misura- secondo la saggista e secondo molti altri pensatori- che non sarebbe mai stata accettata in condizioni normali, proprio perché viola il diritto alla privacy ritenuto sovrano nel mondo anglosassone.

L'ATTENTATO ALLE TORRI GEMELLE DELL'11 SETTEMBRE 2001

L’ATTENTATO ALLE TORRI GEMELLE DELL’11 SETTEMBRE 2001

Basta fare un rapido giro sul web per scovare decine di articoli che spiegano come e perché l’attentato al Word Trade Centre di New York e quello contro il Pentagono non possono essere avvenuti secondo le modalità e le tempistiche che ci sono state riferite. Non è questa la sede per affrontare e valutare tutti gli elementi che non tornano, tutte le incongruenze, tutti i misteri veri e presunti che ancora avvolgono i tragici fatti dell’11 settembre.  Ma le stranezze, specie quelle macroscopiche, balzano alla vista. Ad esempio, la straordinaria abilità dimostrata dagli attentatori nel pilotare, a bassissima quota e in spazi molto ristretti, quegli enormi Boeing che avevano dirottato, come conferma Enrica Perucchietti.

”Le  anomalie sono talmente numerose… Pensiamo soltanto all’impossibilità dei dirottatori di compiere un certo tipo di virata, quando era stato detto dagli stessi istruttori di volo che non erano capaci di fare tanto, oppure al ritrovamento dei passaporti, una modalità che avviene sempre in tutti questi tipi di tragedie e di attentati: ogni volta ritroviamo  i documenti come se questi terroristi volessero lasciare delle tracce dietro di sé. E poi a partire dal 2001 gli attentati avvengono sempre in concomitanza dei cosiddetti War Games, cioè con delle esercitazioni militari antiterrorismo nelle quali i due scenari, realtà e addestramento, si confondono e quindi si possono aprire le porte al caos.  In qualche modo si può immaginare che i servizi deviati, nel caso ci sia la loro presenza, possono avere la capacità di svolgere i loro piani in completa libertà.”

IL CORDOGLIO DOPO LA STRAGE NELLA REDAZIONE DEL GIORNALE CHARLIE HEBDO

IL CORDOGLIO DOPO LA STRAGE NELLA REDAZIONE DEL GIORNALE CHARLIE HEBDO

E qualche dubbio sembra emergere anche in merito ai recentissimi attentati in Francia. “Anche nel caso di Charlie Hebdo e del  13 novembre 2015 ci sono state tante anomalie. Ad esempio, sulla strage al giornale Charlie Hebdo è stato subito apportato il segreto di Stato, quindi ai ricercatori è stato impedito di continuare a cercare la verità. Poi si vedeva negli stessi attentatori un’incapacità a muoversi, il perdere una scarpa, non sapere neanche l’indirizzo esatto della redazione … tutta una serie di elementi che fa quasi presupporre che fossero stati catapultati lì per caso, che non fossero dei professionisti. Ovviamente però – conclude la ricercatrice- in questi casi bisogna sospendere il giudizio, analizzare tutta una serie di anomalie, ma avere poi l’obiettività di dire che non si può ancora mettere la parola fine su questo e su altri casi.”

SABRINA PIERAGOSTINI

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