Ne hanno parlato i giornali e i telegiornali e ha rubato la scena- per una volta- alla cronaca nera, alla politica o allo sport. La notizia è quella- ormai arcinota- diffusa durante una conferenza stampa trasmessa in diretta da NASA Tv il 22 febbraio: gli astronomi hanno trovato il più grande sistema solare alieno mai scoperto finora. Nella costellazione dell’Acquario, a 39 anni luce da noi, ci sono sette pianeti in orbita attorno ad una stella chiamata Trappist-1. Piccoli mondi rocciosi, simili al nostro, e forse dotati di acqua.
I primi a scoprire la presenza di esopianeti in questo punto preciso del cosmo erano stati i ricercatori dell’Università di Liegi: lo scorso anno, dopo studi realizzati con l’ausilio del telescopio belga Trappist (da qui, il nome della stella), collocato sulle montagne cilene, avevano annunciato di aver trovato tre copie della Terra. Ulteriori osservazioni, questa volta con il telescopio spaziale della NASA Spitzer, hanno permesso di individuare le altre 4.
“Questa è la prima volta che riusciamo a trovare così tanti pianeti di questo genere attorno alla stessa stella”, ha detto l’astronomo belga Michael Gillon, a capo del team di Liegi, in collegamento telefonico durante la conferenza stampa svoltasi a Washington. A far entusiasmare gli scienziati, il fatto che almeno sei di questi mondi alieni si trovano nella Fascia di Abitabilità e che tre dovrebbero godere della temperatura ideale per consentire la presenza di acqua allo stato liquido, una delle condizioni ritenute indispensabili per lo sviluppo della vita.
Ma mentre le “sette sorelle della Terra”- come la stampa le ha ribattezzate- sembrano abbastanza simili al nostro pianeta per struttura e dimensioni, la loro stella ospite è del tutto diversa dalla nostra. Si tratta infatti di una nana ultrafredda, con un massa pari ad un ventesimo rispetto al Sole, è grande più o meno come Giove e ha una temperatura superficiale di “appena” 4150 gradi Fahrenheit. “Per fare un semplice paragone: se il nostro Sole avesse le dimensioni di un pallone da basket, Trappist-1 sarebbe grande quanto una pallina da golf”, ha spiegato Gillon.
Nonostante sia così piccola e così poco calda, i pianeti ricevono comunque sufficiente calore perché hanno orbite molto ravvicinate: il più prossimo alla nana impiega appena un giorno e mezzo per compiere un intero giro, il più distante 20 giorni. Questo significa, ovviamente, che un anno quassù dura pochissimo. In più, questi mondi rivolgono sempre la stessa faccia al loro sole (proprio come fa la Luna rispetto alla Terra). Quindi è ipotizzabile un clima molto più freddo sul lato sempre al buio, anche se la presenza di un’atmosfera potrebbe mitigare lo sbalzo termico, permettendo una certa diffusione del calore.
La vera domanda è: c’è la vita? Difficile rispondere. La presenza di acqua al momento è un’ipotesi, molto fondata, ma pur sempre un’ipotesi. Però l’acqua non è l’unico “mattone” necessario: per lo sviluppo di forme viventi come le conosciamo noi, servirebbero anche azoto, fosforo, carbonio… Elementi la cui presenza può essere accertata con particolari telescopi, come ad esempio il James Webb Space Telescope che la NASA dovrebbe lanciare nel 2018 e che sarà in grado di esaminare le composizioni chimiche anche a distanze così notevoli.
In ogni caso, parleremmo di forme di vita elementari. Sembra improbabile trovare quassù creature evolute, per il semplice fatto non ce ne sarebbe stato il tempo. Trappist-1 e il suo sistema planetario sarebbero infatti molto giovani, con i loro 500 milioni di anni. La Terra di anni ne ha invece quasi 4 miliardi e mezzo: secondo gli esperti, qui da noi la vita avrebbe fatto capolino solo 3 miliardi e 800 milioni di anni fa, sotto forma di organismi monocellulari. Se l’iter è il medesimo, sugli esopianeti appena scoperti non ci dovrebbe essere troppo affollamento…
Presto, saranno i nostri più moderni strumenti tecnologici ad appurare eventuale attività biologica. Purtroppo noi non potremo mai controllare di persona. Per arrivare su una qualsiasi di queste simil-Terre, impiegheremmo tempi biblici: se viaggiassimo alla velocità che poteva sostenere uno Shuttle ormai in disuso, ci vorrebbe più di un milione di anni; alla velocità della nuova sonda New Horizon, comunque, centinaia di migliaia di anni. Troppi. Gli Uomini non sono adatti a compiere traversate interstellari. Tanto che vari pensatori- come il futurologo Juan Enriquez- pensano che la specie umana debba radicalmente essere modificata in laboratorio, cambiandone la chimica o addirittura innestando la nostra coscienza in corpi robotici, per poter un giorno esplorare e colonizzare il cosmo.
Ciononostante, la scoperta di questo sistema solare resta importante, perché segna un punto di svolta. “Credo che abbiamo fatto un cruciale passo in avanti in direzione della scoperta di vita extraterrestre”, ha per esempio affermato Amaury H.M. Triaud, astronomo dell’Università di Cambridge, anche lui parte del team di ricerca. “A questo punto, possiamo solo immaginare quanti altri pianeti nello spazio provano a diventare un ecosistema abitabile”, ha ribadito Thomas Zurbuchen, astrofisico della NASA. “Siamo soli nell’ universo? Stiamo facendo dei passi in avanti- anzi, dei salti in avanti- per dare risposta a questa domanda.”
Per ora, i nuovi esopianeti sono identificati con sette lettere dall’alfabeto- da b fino ad h- ma presto avranno un nome, ispirato a personaggi della mitologia, a figure storiche o a concetti di valore universale. Sarà infatti indetto un concorso online a livello mondiale per scegliere le migliori proposte, come ha spiegato all’ANSA il segretario dell’Unione Astronomica Internazionale Pietro Benvenuti. “Ne discuteremo sicuramente alla riunione del comitato esecutivo della IAU che si terrà a maggio a Pune, in India”, ha confermato. Tutti potranno partecipare, a decidere sarà poi una votazione tra gli utenti del web. “Io personalmente sceglierei nomi legati a ideali di pace e fratellanza”- ha aggiunto l’astronomo italiano- “Se mai questi pianeti dovessero essere abitati, avremmo bisogno di un bel biglietto da visita!”
SABRINA PIERAGOSTINI