Ha una temperatura accettabile, compresa tra -60 e +20, è roccioso, orbita attorno alla sua stella, una nana rossa, in nemmeno 10 giorni e si trova anche relativamente vicino a noi- ad “appena” 11 anni luce. Ross 128b– l’ultimo esopianeta individuato dagli astronomi dell’osservatorio di La Silla, in Cile- ha molte caratteristiche che lo rendono un buon candidato ad ospitare la vita. Ma non è ancora quello giusto. Per trovare un mondo abitabile – e magari abitato – dobbiamo forse aspettare altri 20 anni.
Almeno, questa è la stima di Tony del Genio, ricercatore del Goddard Istitute for Space Studies della NASA a capo del progetto interdisciplinare per cercare organismi viventi su altri pianeti. Ma come? Il suo punto di partenza è: bisogna conoscere perfettamente la Terra- l’unico pianeta “vivo”, per quello che sappiamo fino ad oggi- per poter trovare altrove la vita. Serve dunque l’esperienza degli astrofisici e dei planetologi, ma anche la competenza di biologi e climatologi.
Lo spiega sul sito della NASA, che nella settimana tra il 13 e il 17 novembre ha pubblicato articoli, interviste e video sull’argomento. “Prima di cercare la vita extraterrestre, dobbiamo tentare di immaginare quale tipo di pianeta possiede il clima ideale per sostenerla. Gli stessi modelli usati per valutare i mutamenti climatici del XXI secolo li stiamo utilizzando per fare delle simulazioni relative a specifici esopianeti già scoperti o solo ipotetici”, dice del Genio.
Pur essendo consapevole che la vita, nell’universo, può esistere in forme e luoghi del tutto bizzarri ed imprevedibili, completamente diversi da quelli terrestri, in questa prima fase della ricerca ritiene necessario procedere ricercando quello che già conosciamo sulla base della nostra esperienza. E quindi, dobbiamo cercare acqua allo stato liquido visto che qui, sulla Terra, ovunque c’è acqua c’è anche vita.
Come illustra un video dal titolo “Come trovare un pianeta vivente”, sul nostro pianeta in qualunque habitat, a qualunque temperatura, in qualsiasi condizione- dall’Antartico ai deserti, dagli abissi degli oceani agli strati più profondi della crosta terrestre- la chiave per trovare forme di vita è sempre quella: la presenza pur minima di acqua. Quindi ci aspettiamo che valga la stessa regola anche su altri mondi- non importa quanto freddi o aridi. Ecco perché la comunità scientifica si è entusiasmata per la scoperta di pennacchi di vapore acqueo su Europa ed Encelado, le lune ghiacciate di Giove e Saturno.
“Pensavamo che Encelado fosse solo noioso e gelido, fino a quando la missione Cassini non ha trovato oceani di acqua liquida sotto la superficie gelata”, ammette Morgan Cable, del Jet Propulsion Laboratory della California. La missione Galileo e la sonda Voyager hanno parimenti mostrato la presenza di acqua sotto la crosta di ghiaccio che ricopre Europa.
Ancora una volta, la Terra è usata come banco di prova: i ricercatori stanno testando le loro ipotesi nei nostri mari artici ed antartici, dove l’ambiente è più estremo.”Quando visiteremo Europa, vogliamo andare nei punti dai quali fuoriesce il materiale proveniente dall’oceano. Se lassù c’è la vita, è il posto migliore per trovarla”, afferma Cable. E potremmo riuscire nell’impresa senza andare neanche troppo lontano, restando nel nostro sistema solare.
Quando invece si guardano esopianeti di sistemi solari lontani, uno dei criteri fondamentali è la posizione nella cosiddetta fascia di abitabilità– la zona nella quale il calore emanato dalla stella non è troppo elevato (l’acqua evaporerebbe) né troppo scarso (l’acqua gelerebbe). Ma non basta. “Un alieno individuerebbe, nel nostro sistema solare, tre pianeti nella fascia di abitabilità: Venere, Terra, Marte”, spiega Andrew Rushby, dell’Ames Research Center. “Ma noi sappiamo che il 67% di questi pianeti non è veramente abitabile”.
Rushby ha così sviluppato un modello semplificato del ciclo del carbonio sulla Terra e lo ha combinato con altri strumenti per poter studiare quali sono tra gli esopianeti i migliori candidati, considerando anche la loro attività tettonica. Ha trovato che i pianeti rocciosi più grandi sembrano avere temperature superficiali più adatte a mantenere l’acqua allo stato liquido rispetto a quelli più piccoli, pur con la stessa quantità di luce proveniente da una stella.
Queste sono le condizioni ritenute essenziali dagli scienziati per definire abitabile un mondo alieno. Ma per stabilire se sia davvero abitato- non importa da quale forma di vita- servono altri criteri di valutazione. Come individuare le cosiddette “biofirme”- tracce chimiche lasciate dagli organismi viventi. Shawn Domagal-Goldman, ricercatore del Goddard Space Flight Center nel Maryland, è proprio uno degli astrobiologi impegnati in questa ricerca.
Obiettivo: trovare nelle atmosfere extraterrestri due o più molecole che non dovrebbero esserci nello stesso momento- come ossigeno e metano. L’ossigeno “consuma” il metano in reazioni chimiche che progressivamente lo eliminano. Solo se il metano viene immesso nell’atmosfera continuamente, lo si può trovare insieme all’ossigeno: un evento molto speciale.”Ci sono vari modi per produrre i due gas in una atmosfera planetaria, ma l’unico modo per produrli in contemporanea è farlo super rapidamente. E l’unico modo che noi conosciamo è tramite la vita”, dice lo studioso.
Così, un giorno, individueremo forme di vita aliene- assicurano alla NASA. Sì, ma quando? “Credo che nel giro di 20 anni troveremo il candidato adatto”, risponde del Genio. “Lo si dice da 50 anni- ribatte Rushby -ma io penso che sia questione di decenni. Se fossi uno scommettitore, mi butterei su Europa o Encelado.” Dipenderà da vari fattori: se il pianeta giusto sarà abbastanza vicino, se avrà la giusta orbita e dimensione, se saremo capaci di individuare la biofirma. E soprattutto, se avremo fortuna– un fattore poco scientifico, ma indispensabile.
SABRINA PIERAGOSTINI