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L’astronomo del SETI:”Nella galassia 10 mila civiltà aliene”

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Non sono dietro l’angolo, ma ci sono. E sono pure tante, tantissime, più di quanto non abbiamo mai osato immaginare: circa 10 mila nella sola Via Lattea. Stiamo parlando di civiltà aliene e a fare queste affermazioni non è un ufologo fantasioso, ma uno degli astronomi più noti al mondo, Seth  Shostak. Ironico com’è nel suo stile, il capo del SETI spiega la sua convinzione in un articolo pubblicato sul sito del centro per la Ricerca di Intelligenza Extraterrestre.

L'ASTRONOMO DEL SETI, SETH SHOSTAK

L’ASTRONOMO DEL SETI, SETH SHOSTAK

“Se dici in giro che credi agli Alieni, dubito che i tuoi amici ne rimarranno scioccati. In un universo illuminato da 2 trillioni di galassie, sarebbe  da veri arroganti pensare che la Terra sia l’unica ad ospitare creature dotate di intelligenza. E un sondaggio del 2015 ha mostrato che il 54% degli Americani è convinto che nello spazio esistano alieni intelligenti”, esordisce Shostak. Merito forse della fantascienza- aggiunge- ma non solo, visto che ormai molti scienziati concordano sul fatto che il cosmo pulluli di vita, inclusa quella cosciente e senziente. Insomma, di organismi un po’ più evoluti dei semplici batteri.

Ma quanto è diffusa? Siamo in grado di azzardare una previsione sulla posizione degli ET più vicini a noi? Domande complicate, alle quali l’astronomo senior del SETI prova comunque a rispondere, partendo dalla famosa “Equazione di Drake”, formulata negli anni ’60 del secolo scorso dall’astrofisico Frank Drake proprio per stimare l’ipotetico numero di società tecnologiche sparse nell’Universo sulla base di molte incognite– quanti sono i pianeti abitabili, quale è la probabilità che la vita si sia sviluppata e quale che poi si sia evoluta in forme intelligenti e così via. “Ma anche senza lottare con l’Equazione di Drake- dice l’autore- possiamo usare un simile ragionamento per valutare la vastità delle civiltà aliene e quanto possano esserci vicini i Klingon.”

Ecco allora il suo calcolo: “Partiamo dalla recente ricerca che mostra che una stella su 6 ospita un pianeta adatto alla vita. No, non una su un milione: una su sei.  Prendiamo questo numero e procediamo. Però dobbiamo anche formulare alcune ipotesi. Per esempio, avendo un milione di mondi terrestri, quale percentuale di essi pensiamo che potrebbe generare abitanti tecnologicamente avanzati? La vita sul nostro pianeta è iniziata velocemente: un’ attività chimica casuale in 350 milioni di trillioni di galloni di acqua oceanica ha prodotto una molecola riproduttiva nel giro di poche centinaia di milioni di anni.  Quindi, forse la biologia non ha bisogno di grandi stimoli per prendere il via.  Non è irragionevole pensare che almeno la metà dei pianeti adatti alla vita la ospiti effettivamente.”

PER SHOSTAK, IL COSMO PULLULA DI VITA.

PER SHOSTAK, IL COSMO PULLULA DI VITA.

Ma ovviamente c’è vita e vita. Un conto è un microorganismo o una forma vivente elementare, un conto è una creatura capace di pensare e comunicare. E c’è modo e modo anche di pensare e comunicare. La Terra, ad esempio,  è stata per lungo tempo dominata da una specie ben organizzata e  fisicamente molto potente, ma poco portata per la matematica o la letteratura- i dinosauri. E sappiamo che brutta fine hanno fatto… Rimanendo molto cauti, possiamo allora affermare- dice Seth Shostak- che solo uno su 100 di questi pianeti simili alla Terra accolga sulla sua superficie esseri senzienti. Per trovare però creature tecnologicamente avanzate, arriviamo ad un sistema solare su 100 milioni. Più o meno la stessa probabilità di trovare il biglietto vincente per l’estrazione settimanale della lotteria Powerball- scherza l’astronomo.

“Ma quanto saranno distanti i più vicini Alieni in grado di mandare messaggi? Se pagassimo abbastanza denaro per accendere i motori a curvatura e visitare degli ET con la testa stramba, quanto dovremmo viaggiare? Be’, la distanza media tra le stelle nella nostra parte della galassia è di 4.2 anni luce, la distanza di Proxima Centauri da noi. Quindi, per ogni cubo di spazio  di 4.2 anni luce per lato, troverai in media una stella. Ora immagina un cubo molto più grande, di 2 mila anni luce per lato: conterrà 100 milioni di stelle e una civiltà evoluta.”  Ma visto che la nostra galassia di stelle ne contiene svariati miliardi, i numeri aumentano vertiginosamente.

NELLA VIA LATTEA POTREBBERO ESISTERE 10 MILA CIVILTA' ALIENE

NELLA VIA LATTEA POTREBBERO ESISTERE 10 MILA CIVILTA’ ALIENE

Poco però cambia, secondo Seth Shostak, per quanto riguarda la nostra possibilità di incontrarli. “Sulla base di questo calcolo a spanne- prosegue- gli Alieni più vicini sono probabilmente tra i 1000 e i 2 mila anni luce da noi. In altre parole, non più vicini delle tre luminose stelle della Cintura di Orione.  Certo, i nostri vicini extraterrestri potrebbero essere anche più lontani o più vicini, ma questo ordine di valutazione ci fa capire che non si trovano alla porta accanto.  Non devono aver ricevuto nostre notizie e non sembrano molto interessati a venirci a trovare, semplicemente perché non sanno che siamo qui.

Il ragionamento di Shostak non fa una piega: se una civiltà tecnologica si trova a 1000 o 2000 anni luce dalla Terra, non può sapere nulla di noi, perché abbiamo iniziato ad emettere segnali captabili dallo spazio da poco più di un secolo- da quando sono state inventate la radio e la tv. E visto che le onde elettromagnetiche viaggiano alla velocità della luce, sono arrivate al massimo a circa 100 anni luce da noi. Gli ET che abitano su mondi più distanti ancora non hanno ricevuto nessuna prova della nostra civiltà. Per loro, non esistiamo.

“A proposito, neppure noi andremo mai a far loro visita. I razzi più veloci che abbiamo a disposizione oggi impiegherebbero almeno 20 milioni di anni per raggiungerli e in tutto quel tempo ci stuferemmo del cibo a bordo”, continua con il suo solito umorismo. Ma la conclusione è interessante. “Sì, gli Alieni sono qui attorno e 10 mila società possono abitare la nostra galassia (senza contare tutte le altre!). Non sono vicini, ma possono essere individuati. Ecco perché continuiamo a scandagliare il cielo alla ricerca di segnali radio inviati nell’etere molto tempo fa dai nostri fratelli cosmici.

SABRINA PIERAGOSTINI

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