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Sono stati i Vichinghi o i Romani? I Templari o i Cinesi? Insomma, a chi dare il merito e il primato nella scoperta del Nuovo Mondo? Acclarato che molto tempo prima della Nina, della Pinta e della Santa Maria, altre navi hanno solcato l’oceano per buttare l’àncora lungo le coste dell’odierna America,  resta da capire quando questo viaggio sia avvenuto. Ora, un articolo pubblicato dalla rivista online Costal Research porta questa traversata atlantica indietro nel tempo, fino alla Grecia antica.

CHI HA ESPLORATO PER PRIMO IL NUOVO MONDO?

CHI HA ESPLORATO PER PRIMO IL NUOVO MONDO?

Tra gli autori, ci sono l’archeologo Ioannis Liritzis, l’astronoma Panagiota Preka-Papadema, il meteorologo Chris G. Tzanis. Lo studio prende le mosse da un’opera di Plutarco, fecondo scrittore e filosofo greco vissuto tra il 48 e il 125 d.C. circa. Il testo in esame è il “De facie”, un dialogo nel quale vari personaggi si interrogano sulla natura della Luna e poi discutono di varie questioni. Uno dei protagonisti riferisce di aver incontrato uno straniero appena ritornato da un lungo viaggio verso un “grande continente”: secondo il suo racconto, gli esploratori si mettono in mare ogni 30 anni, quando il pianeta Cronos (per noi, Saturno) si trova nella costellazione del Toro e alcuni di loro restano poi a vivere in quella nuova terra.

Basandosi su queste affermazioni, nell’articolo “Does Astronomical and Geographical Information of Plutarch’s De Facie Describe a Trip Beyond the North Atlantic Ocean?” ( “Le informazioni astronomiche e geografiche del De Facie di Plutarco descrivono un viaggio oltre l’oceano nord atlantico?) i ricercatori ellenici ipotizzano così che il continente citato sia quello americano: gli antichi naviganti greci  avrebbero sfruttato le loro conoscenze astronomiche per orientarsi e dominare con le loro triremi le correnti atlantiche, approdando in quella che oggi è Terranova, in Canada, e creando qui degli insediamenti antecedenti l’epoca di Plutarco.

IL BUSTO DELLO SCRITTORE E FILOSOFO GRECO PLUTARCO

IL BUSTO DELLO SCRITTORE E FILOSOFO GRECO PLUTARCO

La datazione viene ricavata dal dialogo stesso. In esso infatti si fa riferimento ad un’eclissi totale di sole avvenuta a mezzogiorno. Gli studiosi sono andati a ritroso nel tempo, per millenni, cercando tutte le eclissi corrispondenti a questa descrizione, avvenute in una area e in un periodo nei quali Plutarco potesse esserne testimone. Ne hanno trovata una, in particolare, che soddisfa tutti i requisiti: quella che ha avuto luogo nel 75 d. C. Hanno poi scoperto, con uno speciale software di astronomia, quando Saturno è apparso nel Toro nei decenni antecedenti e seguenti, trovando tre date: tra il 26 e il 29 d.C., tra il 56 e il 58 d.C. e tra l’85 e l’88 d.C.

 Dunque il colloquio tra il personaggio del dialogo e il marinaio sarebbe avvenuto nel 75 d.C., mentre il viaggio transoceanico sarebbe stato preparato qualche anno prima, presumibilmente verso il 56 d.C.: lo straniero sarebbe arrivato in Canada l’anno seguente, nel 57 d. C., si sarebbe fermato qualche mese nella colonia greca in terra americana per poi ritornare verso i più caldi lidi mediterranei nell’autunno del 58, quando Saturno era uscito dal segno del Toro. Ma questa sarebbe stata solo l’ultima traversata in ordine di tempo, non certo la prima: anzi, sarebbero avvenute per secoli, ad intervalli di 30 anni.

UN PANORAMA DELL'ISOLA DI TERRANOVA, CANADA

UN PANORAMA DELL’ISOLA DI TERRANOVA, CANADA

Oltre all’astronomia, anche la geografia è tornata utile ai ricercatori per localizzare nel Nord America il “grande continente” citato da Plutarco. Lo scrittore greco, ad esempio, dice che la terra lontana si estende al di là dell’isola di Ogigia la quale- a sua volta- si trova a cinque giorni di navigazione dall’ odierna Inghilterra. Inoltre, sostiene che i coloni greci accedevano al “grande continente” attraverso una baia allineata con il delta del fiume Volga, nel mar Caspio. Tracciando una retta da questo punto, si arriva dritti dritti al Golfo di San Lorenzo, per l’appunto in Canada.

 Tutto molto affascinante. Ma- obiettano subito gli storici e gli archeologi- un dialogo scritto 2 mila anni fa non basta come prova. Mancano altre testimonianze, dirette e indirette. E soprattutto, sulla costa canadese non sono stati mai trovati resti di insediamenti ellenici, né ceramiche, monete o qualsivoglia strumento di uso quotidiano che dimostri la presenza di una comunità arrivata dall’Egeo. Ma non solo. Contattato da Hakai Magazine, Hector Williams- professore di archeologia classica presso l’Università della British Columbia- si è detto molto scettico sul fatto che gli Antichi Greci fossero in grado di compiere un simile viaggio.

“Mentre non è impossibile che i Greci e più probabilmente i Romani abbiano involontariamente attraversato l’Oceano spinti da tempeste mentre navigavano lungo le coste occidentali dell’Europa, non c’è alcuna evidenza di traversate regolari”, ha dichiarato al magazine. Contesta quasi tutte le affermazioni dell’articolo, poi, Brendan Foley, archeologo subaqueo dell’Università svedese di Lund. “Semplicemente, non è possibile che i marinai mediterranei del primo millennio prima di Cristo avessero una qualche nozione delle correnti oceaniche  e di sicuro non possedevano le tecnologie nautiche né le conoscenze per dominarle in pieno oceano”, la sua opinione. Il suo scetticismo è rafforzato dalla velocità che gli autori dello studio ipotizzano: 9.7 nodi tra l’isola britannica e l’Islanda, 3 nodi nella restante parte del viaggio. Una bella andatura persino per le navi moderne, figuriamoci per delle imbarcazioni a remi.

UNA TRIREMI GRECA RICOSTRUITA IN TEMPI MODERNI

UNA TRIREME GRECA RICOSTRUITA IN TEMPI MODERNI

Ne è convinto anche il fisico sloveno Rajmund Krivec, dell’istituto Jožef Stefan, grande esperto proprio di triremi greche. A suo avviso, la loro velocità poteva variare molto a seconda della forza dell’equipaggio, delle condizioni del mare, dell’intensità della voga. “Quello che conta qui è la velocità massima sul lungo periodo: nel mar Mediterraneo relativamente tranquillo le triremi  potevano raggiungere i 3-4 nodi, ma si sarebbero mosse più lentamente nell’oceano. Se gli antichi Greci ce l’hanno fatta ad arrivare in Canada, è stato per un puro caso mentre cercavano di raggiungere l’Inghilterra o l’Irlanda”, afferma.

Anche gli autori dell’articolo ammettono che non c’è evidenza che effettivamente i marinai greci abbiano mai compiuto queste traversate, ma il loro obiettivo era dimostrarne la plausibilità utilizzando un approccio scientifico e multidisciplinare. Dicono infatti: “L’archeologia ancora non prova che i Greci antichi siano arrivati in Scandinavia o nel Nuovo Mondo, ma la potenzialità di una simile ipotesi è stata modellata sulla base di argomentazioni e conferme di natura astronomica, geografica ed oceanografica”.

SABRINA PIERAGOSTINI

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