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I teschi allungati di Paracas, ecco il test del DNA

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Mentre ancora non c’è certezza sulla reale natura delle cosiddette mummie aliene di Nazca, si fa forse più chiarezza su altri reperti insoliti ed intriganti scoperti in una regione del Perù da lì poco distante. Stiamo parlando dei teschi allungati di Paracas, appartenuti a quel popolo vissuto lungo la costa pacifica del Sudamerica verso l’800 a.C. Crani per molti versi anomali, tanto che anche per essi qualcuno ha persino ipotizzato un’origine non umana.

UN TESCHIO ALLUNGATO DI PARACAS

UNO DEI CRANI ALLUNGATI DI PARACAS

Ritrovati in scavi archeologi condotti a partire dagli anni ’20 dello scorso secolo, mostrano caratteristiche molto peculiari. A partire dalla forma conica della calotta che si innalza a torre in modo innaturale. Ma presentano anche orbite oculari più grandi del consueto e soprattutto mancano di sutura sagittale– la “cerniera” ossea che si forma con la chiusura e la calcificazione della fontanella. Questi individui ne sono privi. Inoltre, queste scatole craniche si differenziano anche per la posizione del foro occipitale,  senza contare che risultano avere un volume di circa un quarto maggiore di quelle normali e sono per il 60 per cento più pesanti.

Ecco perché Brien Foerster, vice direttore del Museo di Paracas nel quale questi reperti sono custoditi, è certo che non siano il frutto di una alterazione volontaria, come era uso in passato tra diversi popoli del Nuovo Continente (e non solo): in quel caso, cambia la forma del cranio, ma volume e peso rimangono invariati. Per Foerster, si tratta di una caratteristica genetica propria di questa antica popolazione di cui ancora oggi sappiamo poco o nulla. Per capirne di più, ha fatto prelevare dei campioni per sottoporli al test del DNA, di concerto con il Ministero della Cultura peruviano che – a differenza del caso di Nazca- ha sostenuto e condiviso la ricerca.

UN NORMALE CRANIO UMANO A CONFRONTO CON UNO DI PARACAS

UN NORMALE CRANIO UMANO A CONFRONTO CON UNO DI PARACAS

Nei primi due video diffusi  sul web, il ricercatore americano ha presentato l’esito delle analisi. “Ci sono voluti cinque anni per averlo. Sono stati esaminati 18 teschi allungati, ma abbiamo ottenuto dei risultati solo da 12 o 13, perché il DNA era molto degradato dopo 2000 o 3000 anni”, spiega nel primo filmato. Sono stati coinvolti due diversi laboratori: quello dell’Università di Lakehead in Canada e quello dell’ UCLA, l’Università di Los Angeles, in California. Sono emersi dati piuttosto bizzarri.

Perché bizzarri? Perché gli aplogruppi del DNA mitocondriale, quello che si eredita per via materna,  non sono quelli previsti. Nulla di alieno, capiamoci, tutto rientra nelle varianti umane possibili, ma pur tuttavia essi risultano fuori posto– nello spazio e nel tempo. Sentiamo cosa dice Brien Foerster: “Tutti i Nativi Americani al 100% appartenevano agli aplogruppi A, B, C e D. Quattro di questi teschi allungati presentavano l’aplogruppo B, a dimostrazione che avevano antenati nativi americani, ma gli altri no. Gli aplogruppi emersi più di frequente sono U2e, H1a e H2. E se guardiamo dove questi aplogruppi sono prevalenti a livello percentuale, essi si trovano tra il mar Caspio e il Mar Nero, vale a dire tre le montagne del Caucaso”. Piuttosto distante delle Ande, senza dubbio.

 BRIEN FOERSTER CON UN TESCHIO ALLUNGATO DI PARACAS

IL RICERCATORE BRIEN FOERSTER

Cosa ci facevano genti originarie delle odierne Europa dell’Est e Russia in Sud America? E soprattutto, cosa ci facevano nel primo millennio a.C.? Foerster ipotizza uno scenario di migrazione epocale: pressati da popoli conquistatori, i futuri Paracas si spostarono prima a sud, in Mesopotamia, e poi da lì  si imbarcarono verso oriente. Dopo varie tappe- passando dalla Nuova Zelanda o dalle isole Hawaii- sarebbero approdati sulla costa peruviana e trovandola disabitata la scelsero come loro nuova casa. Uno scenario un po’ azzardato, perché presuppone capacità nella navigazione in oceano aperto che la storiografia non riconosce a popoli tanto antichi.

Ma il ricercatore vede analogie con i caucasici anche nell’aspetto esteriore del popolo di Paracas, che avevano i capelli rossi, la pelle e gli occhi chiari. Ad ulteriore conferma della comune origine, ci sarebbe poi anche la scoperta in Crimea di crani allungati molto simili. Una volta insediati in quella terra ricca e tranquilla, nella quale potevano vivere in pace, i Paracas poterono sviluppare la loro raffinata cultura, testimoniata dai tessuti finemente ricamati rinvenuti nelle loro necropoli, rimasti quasi intatti nonostante il passare dei secoli. E ancora una volta, quei colori sgargianti a Foerster ricordano tanto i teli tessuti sul Mar Nero.

UNA TOMBA SCOPERTA IN CRIMEA, CON UN BIMBO DAL CRANIO ALLUNGATO

UNA TOMBA SCOPERTA IN CRIMEA, CON  LO SCHELETRO DI UN BIMBO DAL CRANIO ALLUNGATO

Certo, questi risultati- per quanto sorprendenti- sono molto meno straordinari di quanto era stato annunciato negli anni scorsi, quando erano uscite le primissime anticipazioni sui test genetici. All’epoca, addirittura, si diceva che il DNA dei crani allungati poneva il popolo di Paracas al di fuori della linea evolutiva umana, facendo immaginare provenienze da altri mondi o fusioni con specie non terrestri. Quelle prime affermazioni avevano scatenato il putiferio su Foerster, accusato di essere un ricercatore da quattro soldi, per altro senza specifiche competenze. Chissà cosa ne diranno ora archeologi, biologi e storici e se prenderanno mai in considerazione quest’ultima ipotesi formulata sulla base di esami- a quanto pare- seri o quanto meno facilmente verificabili.

SABRINA PIERAGOSTINI

Paracas

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