La vita pullula nell’Universo. O forse anche no. A dimostrazione di quanto sappiamo ancora poco, se non pochissimo, del cosmo di cui- per ora- sembriamo essere l’unica forma di vita intelligente, arriva uno studio presentato nei giorni scorsi in un simposio di astronomia che riduce le speranze di trovare, altrove, altre creature più o meno simili a noi. E la colpa sarebbe del fosforo, uno dei mattoni essenziali per la vita.
La carenza di questo elemento, a quanto pare distribuito in modo non uniforme e in quantità minime nella Via Lattea, condizionerebbe la possibilità di non essere soli nella nostra galassia. Lo hanno sostenuto durante l’ultima Settimana Europea di Astronomia e Scienza Spaziale che si è tenuta a Liverpool gli astronomi britannici Jane Greaves e Phil Cigan. I due ricercatori dell’Università di Cardiff sono giunti a questa conclusione dopo aver puntato la loro attenzione- e il William Herschel Telescope situato alle Isole Canarie- verso la Nebulosa del Granchio, a qualcosa come 6523 anni luce da noi.
La nebulosa è quel che rimane di una stella esplosa migliaia di anni fa in direzione della Costellazione del Toro: la supernova fu osservata e annotata dagli astronomi arabi e cinesi nel 1054 d. C. La maggior parte del fosforo presente nell’universo si produce proprio durante le ultime fasi di agonia di una stella quando- esaurito il suo carburante- esplode. Non è però facile da osservare. Solo nel 2013, per la prima volta, è stato possibile calcolare la quantità di fosforo nei resti di una supernova denominata Cassiopea A: la concentrazione era elevatissima, circa 100 volte di più rispetto al resto della Via Lattea.
Invece, i primi dati preliminari ottenuti da Greaves e Cigan analizzando la Nebulosa del Granchio mostrano una quantità di fosforo in linea con quella presente nel gas interstellare della galassia, dunque una inezia rispetto ai valori di Cassiopea A. Come spiegare questo profondo scarto? A fare la differenza, probabilmente, sono le dimensioni della stella: più è massiccia, più sarà abbondante la produzione di fosforo nel momento in cui termina la sua vita esplodendo. E Cassiopea A era due volte più grande della supernova che ha generato la Nebulosa del Granchio.
Ma visto che senza fosforo non si forma la vita– almeno come la conosciamo noi- ecco la conclusione dei due astronomi: non è detto che possiamo trovarla sugli esopianeti che sembrano avere tutte le condizioni ideali previste dalla scienza. Insomma, un mondo roccioso, ricco di acqua, alla giusta distanza dalla sua stella e con la giusta temperatura- quello che gli astrobiologi ricercano come potenziale gemello della Terra– potrebbe essere comunque un mondo deserto per la mancanza di fosforo. E avere a disposizione questo elemento chimico oppure no sembra solo una questione di puro caso.
Lo ha spiegato più o meno in questi termini Phil Cigan rispondendo al sito LiveScience.com:” Non è garantito che ci sia fosforo in abbondanza ovunque, maturo per la raccolta. Sembra che la fortuna giochi un ruolo determinante in questo.” Una cieca fortuna cosmica che evidentemente ha baciato la Terra, consentendole di diventare un giardino rigoglioso capace di ospitare una ricchissima varietà di organismi viventi. Ma sarebbe bastata una percentuale più ridotta di fosforo e oggi non saremmo qui a discutere di vita nell’Universo: anzi, non ci saremmo proprio.
Lo studio è appena all’inizio, ancora non è stato inviato per ottenere la peer-review (il riesame tra pari) e mancano ancora molti dati da analizzare. I due ricercatori vogliono misurare altri resti di supernove per poter fare un ulteriore confronto utilizzando anche simulazioni al computer e modelli matematici. Ma se la loro intuizione è esatta, le stime di chi è convinto che la vita sia diffusa ovunque nell’Universo dovranno essere riviste al ribasso e andranno ricalibrati anche i criteri di valutazione dei mondi alieni. Trovarne uno abitato potrebbe essere più difficile del previsto.
SABRINA PIERAGOSTINI