C’è acqua su Marte, tanta, allo stato liquido, e forse c’è anche la vita. La stessa che un tempo molto probabilmente esisteva anche sulla Luna, oggi praticamente sterile. Due distinte ricerche scientifiche, pubblicate a distanza di pochi giorni, aprono scenari fino a poco tempo fa ritenuti impossibili o almeno altamente improbabili e sembrano addirittura in grado di poter riscrivere la storia del nostro sistema solare.
La notizia più clamorosa è stata annunciata poche ore fa da un team di ricercatori italiani: ad un chilometro e mezzo sotto la superficie marziana, nel Polo Sud del Pianeta Rosso, è stato individuato un grande lago di acqua salata. Ha una forma vagamente triangolare, un diametro di 20 chilometri e una profondità non calcolabile con gli strumenti attuali: ma se solo fosse profondo un metro, staremmo comunque parlando di un volume di centinaia di milioni di metri cubi di acqua liquida.
A trovarlo è stato il radar tutto italiano Marsis, montato sopra la sonda dell’ESA Mars Express, che da anni orbita attorno a Marte. La scoperta, pubblicata sulla rivista Science, è stata presentata con comprensibile soddisfazione dai vari istituti di ricerca coinvolti: l’ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana, l’INAF ( l’Istituto Nazionale di Astrofisica), le università Roma Tre, Sapienza e Gabriele d’Annunzio di Pescara, e il CNR ( il Consiglio Nazionale delle Ricerche). Il radar, entrato in funzione nel 2005, già l’anno seguente aveva inviato dati interessanti, troppo parziali ed insufficienti però per trarre conclusioni. Ma grazie ad un nuovo software, capace di elaborare la grande massa di dati, a partire dal 2012 ricercatori hanno intuito che Marsis aveva fatto centro.
“Aspettavamo questa notizia da 30 o 40 anni”, ha detto durante la conferenza stampa di presentazione dello studio Roberto Orosei, il responsabile scientifico della missione Marsis. Fin dal 1976, infatti, le sonde della NASA Viking avevano dimostrato che un tempo su Marte esistevano mari, laghi, fiumi. “C’è stata un’epoca in cui il Pianeta Rosso era abitabile, con un clima simile alla Terra, ma poi nel tempo ha perso la sua atmosfera e con essa l’effetto serra che lo riscaldava. Di conseguenza l’acqua è scomparsa. Restavano i segni lasciati dalla sua presenza, ma non sapevamo dove fosse finita né riuscivamo a capire dove andare a cercarla”, ha spiegato Orosei.
Per questo, la scoperta di questo lago subglaciale, nella zona denominata Planum Australe, è così importante. Innanzi tutto perché ora gli studiosi hanno capito come fare per trovare l’acqua sotterranea e non si esclude che possano esistere altre ampie distese al di sotto della crosta marziana ghiacciata. L’obiettivo immediato consiste proprio nell’ individuarle. “Potrebbe esserci acqua altrove, magari più vicina alla superficie. Abbiamo aperto una strada, il futuro lo vedranno i giovani“, ha dichiarato un altro degli scienziati italiani coinvolti nella scoperta, Enrico Flamini, docente di Planetologia presso l’Università di Chieti-Pescara.
Ma ad accendere l’ entusiasmo è la possibilità che sotto terra si siano mantenute delle nicchie ambientali favorevoli allo sviluppo della vita.”Sappiamo che lì sotto l’acqua è molto fredda, forse al di sotto del punto di congelamento, ed è probabilmente mantenuta liquida dalla presenza di sali”, ha spiegato in un’intervista video all’ANSA Roberto Orosei. “ Tuttavia, ci sono organismi terrestri in grado di vivere anche in condizioni simili. E Marte ha avuto il tempo di sviluppare la vita. Il problema è: si è sviluppata oppure no? E perché? La risposta a queste domande è una chiave per capire se anche altrove, nell’universo, la vita è comune oppure se si tratta di un evento raro che richiede condizioni specifiche che noi ancora non siamo in grado di comprendere.”
Nel frattempo, un’altra ricerca pubblicata sulla rivista Astrobiology ipotizza che anche il nostro satellite, un tempo, sia stato abitabile. L’articolo scritto da due astrobiologi, il professor Dirk Schulze-Makuch dell’Università dello Stato di Washington e il professor Ian Crawford dell’Università Birkbeck di Londra, sostiene infatti che per due distinti periodi della sua storia, ovvero 4 miliardi di anni fa e poi 500 milioni di anni dopo, durante il picco di attività vulcanica, la Luna presentava le condizioni adatte allo sviluppo della vita grazie alla presenza di gas volatili surriscaldati, incluso vapore acqueo, emessi dal suo interno. In questo modo, si sarebbero formate pozze di acqua liquida. “Se erano presenti acqua e una significativa atmosfera sulla Luna delle origini per lunghi periodi di tempo, noi pensiamo che la superficie lunare possa essere stata abitabile per lo meno in modo transitorio”, ha affermato Schulze-Makuch .
I due ricercatori ritengono che in quelle epoche remote la Luna possedesse anche una magnetosfera, cioè un campo magnetico simile a quello terrestre, capace di fare da scudo alle nocive radiazioni elettromagnetiche del Sole. La vita si sarebbe formata esattamente come si pensa sia accaduto sul nostro pianeta: grazie ai meteoriti. Le prime prove di forme di vita sulla Terra sono infatti i cianobatteri fossili databili tra i 3.8 e i 3.5 miliardi di anni fa, quando il sistema solare era bombardato da queste rocce spaziali. I due autori dello studio pensano che ci sia stato uno scambio tra il nostro pianeta e il suo satellite naturale: i meteoriti contenenti i microorganismi, dopo essere arrivati sulla Terra, potrebbero poi essere finiti sulla Luna. O viceversa.
Il punto di partenza della loro ipotesi è la recente scoperta, grazie ad analisi del suolo lunare, che il nostro satellite naturale risulta molto meno asciutto di quanto si è sempre sostenuto. Nel 2010, ad esempio, un team internazionale ha scoperto la presenza di centinaia di milioni di tonnellate di ghiaccio nel suo mantello. Prova che anche qui, un tempo doveva esistere acqua allo stato liquido. Ecco perché ora Schulze-Makuch e Crawford ritengono necessario riprogrammare altre missioni lunari, per prelevare ed esaminare nuovi campioni di rocce. La Luna, come Marte, sembra poterci riservare ancora molte sorprese.
SABRINA PIERAGOSTINI