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Dove abiteremo su Marte? All’interno di edifici a forma d’uovo oppure in costruzioni che ricordano un nido di insetti? La NASA deve ancora decidere. Per ora, ha selezionato i cinque finalisti del concorso indetto per progettare un habitat realizzabile senza manodopera umana con l’utilizzo di una stampante in 3D e adatto alle esigenze- complesse- dei primi astronauti che vivranno al di fuori della Terra. Probabilmente su Marte, magari sulla Luna o chissà dove.

MARTE, LA PROSSIMA FRONTIERA DELL'ESPLORAZIONE SPAZIALE?

MARTE, LA PROSSIMA FRONTIERA DELL’ESPLORAZIONE SPAZIALE?

Al concorso hanno partecipato 18 equipe internazionali, composte da ingegneri aerospaziali e designer di tutto il mondo. In palio, un premio da 100 mila dollari, ma soprattutto l’onore di essere prescelti come gli architetti del futuro: quello, si pensa imminente, che porterà l’Uomo a colonizzare altri pianeti del sistema solare. Obiettivo della sfida, che fa parte del Centennial Challenges Program lanciato dall’ente spaziale americano, è immaginare un ambiente ampio mille piedi quadrati (circa 300 metri quadrati) in grado di ospitare per un anno quattro persone e che includa piani per il supporto vitale della missione.

Nei video di presentazione, ogni gruppo in gara ha esposto il proprio concept. Ad ottenere il maggior punteggio in questa fase è stato il progetto elaborato dal team Zopherus. Un progetto che si ispira alla natura e in particolare agli insetti, come dice il nome stesso. Sembra un grosso coleottero il lander che atterra sulla superficie del Pianeta Rosso e che funge da mega stampante tridimensionale. Una volta scansionato l’ambiente circostante e selezionato il terreno ideale per creare l’insediamento, rilascia dei rover che vanno a recuperare il materiale utile alla costruzione: ghiaccio, ossido di calcio e altri minerali ricavabili dal terreno marziano.

IL PROGETTO DEL TEAM ZOPHERUS

IL PROGETTO DEL TEAM ZOPHERUS

A questo punto, lo scarabeo inizia a lavorare: si aggancia al terreno per creare un ambiente protetto e pressurizzato, stampa le pareti, inserisce porte a tenuta stagna, finestre e altri elementi  di arredo costruiti sulla Terra e procede fino a quando non ha completato l’intera struttura a base esagonale che ricorda un bozzolo. A questo punto, solleva le gambe meccaniche, si sposta e passa alla posizione successiva per costruire un altro modulo simile. Le strutture hanno varie camere con utilizzi diversi: appartamenti privati per gli astronauti, cucina, spazi ricreativi, laboratori, magazzini e così via.

Capace di resistere alle glaciali temperature marziane, alle tempeste di sabbia e alle radiazioni cosmiche è anche la struttura ovoidale proposta dal team AI Spacefactory. Dotato di un doppio guscio protettivo, l’habitat denominato Marsha è un cilindro stondato formato da più piani collegati da una scala che funge anche da sostegno all’intera costruzione. Anche in questo caso, è previsto che la stampante utilizzi materiale trovato in loco, come fibra di basalto estratta dalle rocce marziane, e bioplastica rinnovabile ottenuta da piante che potrebbero essere coltivate in un giardino idroponico immaginato all’interno della struttura cilindrica.

I CILINDRI ARROTONDATI PROPOSTI DA AI SPACEFACTORY

I CILINDRI ARROTONDATI PROPOSTI DA AI SPACEFACTORY

Terzo in questa classifica provvisoria è arrivato il progetto di un team di Detroit. Il lander, con i suoi cinque bracci meccanici, costruisce attorno a sé i vari piani e stampa il guscio esterno oblungo e traforato– quasi un alveare. La forma, secondo chi la ha pensata, dovrebbe servire per ridurre al minimo l’impatto con le tempeste di sabbia. Quarta, l’idea di un team russo che immagina invece una cupola dall’aspetto molto “marziano” concepita per massimizzare la disponibilità di luce proteggendo l’habitat dalle radiazioni cosmiche. Quinto finalista, un progetto più tradizionale che propone una classica struttura semisferica.

Il prossimo step consisterà nel realizzare dei modelli in scala delle potenziali residenze marziane finora concepite solo con la grafica computerizzata. Il prossimo anno, l’ente spaziale americano e la Bradley University di Peoria, in Illinois, proclameranno il vincitore. Chissà, però, se il progetto giudicato migliore si trasformerà davvero in realtà e se vedremo mai abitare uno di questi avamposti umani. Il sogno di colonizzare Marte sembrava così vicino, ma ultimamente i programmi sembrano aver subito un rallentamento, se non quasi uno stop.

UN ALTRO DEI PROGETTI IN FINALE: LA CUPOLA MARZIANA

UN ALTRO DEI PROGETTI IN FINALE: LA CUPOLA MARZIANA

Di sicuro, lo ha fatto il progetto promosso dalla società privata olandese Mars One. Prometteva di portare il primo equipaggio umano sul Pianeta Rosso entro il 2022, bruciando sul tempo la NASA. Aveva cercato i futuri coloni online, selezionandoli tra oltre 200 mila candidati. La roadmap pubblicizzata negli scorsi anni prevedeva, per il 2018, il training dei primi prescelti e la partenza nel 2021. Ma qualcosa non ha funzionato. Evidentemente la mission si è rivelata impossible: ora, per quella data, Mars One parla solo di “missione prova”, mentre il lancio vero e proprio è slittato al 2031. E in dieci anni può succedere ancora di tutto.

SABRINA PIERAGOSTINI

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