Atlantide esisteva davvero e sorgeva esattamente dove l’aveva collocata il filosofo greco Platone: al di là delle Colonne di Ercole, l’attuale stretto di Gibilterra. Ad affermarlo con granitica certezza, è un nuovo documentario prodotto da una società inglese che rivendica addirittura di aver individuato le rovine della mitica civiltà descritta nel famoso passo del dialogo “Crizia”, scritto nel IV secolo a.C.
Un racconto considerato solo una leggenda, una sorta di allegoria morale utilizzata per ammonire che anche le società più perfette ed evolute possono corrompersi e crollare per troppa ambizione e smania di denaro. Ma nel 1882, un libro- “Atlantide: il mondo antidiluviano”- ribaltò la prospettiva, affermando che la città sprofondata in una sola notte per un cataclisma era un luogo reale, non una fantasia. E da allora, ciclicamente, appassionati di mistero e archeologi dilettanti si sono messi alla ricerca delle sue tracce ipotizzando, di volta in volta, scenari diversi: Santorini, l’oceano Atlantico, l’Antartide, i Caraibi…
Due anni fa, hanno iniziato a cercarla anche gli esperti della Merlin Burrows, una compagnia con sede nello Yorkshire che sul suo sito online vanta di poter “trovare tutto ciò che è perso, dimenticato o nascosto con localizzazioni di precisione”, tanto nel terreno che in fondo al mare. Dopo aver letto che alcuni ricercatori puntavano sulla penisola iberica, l’amministratore delegato del gruppo, Bruce Blackburn, ha deciso di utilizzare le risorse aziendali per compiere la scoperta del secolo: trovare Atlantide.
Come spiega il sito Livescience.com , il team di Blackburn ha sfruttato anche i dati raccolti da due satelliti ad uso commerciale, il Landsat 5 e il Landsat 8, focalizzandosi sul Parco Nazionale di Doñana. Proprio quello indicato da uno studio pubblicato sul giornale Antiquity nel 2004 e che ha ispirato il documentario del National Geographic “Atlantis rising”. Ma il presunto legame tra questa area sulla costa atlantica della Spagna e la leggendaria città risale al 1929, quando ne parlò il libro “Atlantide in Andalusia” a cura dell’archeologa Elena Maria Whishaw.
Recenti analisi hanno dimostrato la presenza di insediamenti umani risalenti ad almeno 5 mila anni fa. Inoltre, nell’Età della Pietra e in quella del Rame, il parco è stato più volte sommerso dall’acqua del mare. In particolare, i ricercatori spagnoli hanno scoperto che la zona di Doñana si poggia su sedimenti che hanno iniziato ad accumularsi 7 mila anni fa: al di sotto, ci sarebbero solo sabbie fossili che risalgono a migliaia di anni prima. Sulla base di questi studi, del dialogo platonico e di un altro testo misterioso– che Blackburn al momento non ha voluto rivelare- è partita l’indagine.
Nel parco naturale, il gruppo di ricerca avrebbe trovato molti indizi che collimano con la descrizione del filosofo greco: resti circolari che probabilmente sono le basi di antiche torri, rovine di quello che poteva essere un tempio dedicato a Poseidone con tracce di una patina verde-blu, quel che rimane di un lungo vallo nel mare e i segni di uno tsunami, possibile prova di quella catastrofe naturale che cancellò la civiltà atlantidea. Non solo: Blackburn sostiene di aver recuperato frammenti di materiale prodotto dall’Uomo- sembra, cemento- utilizzato per le torri e il tempio. Un laboratorio di analisi in Italia li avrebbe datati e risalirebbero a 12/10 mila anni fa.
“La scoperta della vita, la storia dell’Uomo cambierà per sempre”, dicono le scritte in sovrimpressione nel trailer del documentario prodotto da Ingenio Films, al quale ne dovrebbero seguire altri. Ammette candidamente Blackburn: “Vogliamo fare un franchising sulla scoperta, vogliamo ricavarne un sacco di soldi e utilizzarli per sostenere la comunità archeologica”. Comunità che, come facilmente intuibile, ha accolto con freddezza, sarcasmo e scetticismo l’annuncio del team inglese. Ad esempio Ken Feder, professore di antropologia alla Central Connecticut State University, ha reagito così: “Entra subito in azione il mio ‘rivelatore di ca…ate’ ogni volta che qualcuno anzichè inviare la sua ricerca ad una rivista scientifica per farla esaminare da suoi pari fa l’annuncio in conferenza stampa, sul web o con un documentario”.
Anche Feder si è occupato di Atlantide- ma come mito, nel libro “Enciclopedia dell’archeologia discutibile”- e fa notare che la descrizione di Platone di questa città “grande come la Libia e l’Asia messe insieme” comprende anche cerchi concentrici di terra collegati tra di loro da ponti, un’isola centrale circondata da un muro di pietra, un tempio con il tetto d’avorio, pareti d’argento e pinnacoli d’oro. E gli archeologi amatoriali dimenticano sempre questi dettagli- non trascurabili- quando si dicono certi di aver trovato la “vera” Atlantide, soffermando l’attenzione solo con due o tre elementi azzeccati.
Lo ribadisce un altro studioso intervistato da LiveScience, Mark Adams. Ammette che la location spagnola sia interessante, ma nulla di più. “Atlantide era lì? Non posso dire con certezza di no, ma non vedo neppure prove che mi facciano propendere per il sì”, dice. Mancano riscontri a molti dei particolari indicati da Platone. “In quella storia ci sono tonnellate di informazioni, è divertente giocarci, è proprio come una mappa del tesoro. Ma tante persone prendono solo le parti che collimano con le loro ipotesi e lasciano perdere tutte quelle che invece non corrispondono”.
Critiche che non sembrano turbare Bruce Blackburn. “Ovviamente, è molto audace affermare di aver trovato Atlantide. Ognuno può avere una di queste due opinioni: o ‘ che bello, diamoci un’occhiata’, oppure ‘che gran cumulo di spazzatura’.” Ecco, al momento la maggior parte dei ricercatori propende per la seconda ipotesi. Certo, sarebbe davvero bello, come proclama il sito web di Ingenio Films, credere che siano state trovate le prove concrete dell’esistenza di Atlantide e che il sito sia stato identificato senza alcun dubbio. Non resta che attendere l’uscita del documentario- finora circola solo il breve trailer- e capire se le altisonanti promesse saranno mantenute.
SABRINA PIERAGOSTINI