È un rapporto ufficiale per prospettare le soluzioni di un problema, in gergo un “white paper”. Lo ha scritto un ricercatore della NASA, il dottor Silvano Colombano, dell’Ames Research Center, ed ha un titolo tutto sommato poco rilevante: “Nuovi presupposti per guidare la ricerca del SETI”. Nulla di trascendente nemmeno nell’obiettivo dichiarato dello scritto: “Alla luce della nostra più recente comprensione dell’età dei sistemi planetari che potrebbero supportare la vita, discuto una serie di presupposti che al momento guidano il SETI e faccio raccomandazioni per un nuovo approccio più aggressivo”. Ma è leggendo il testo che si rimane un po’ stupiti.
Perché sicuramente non capita spesso che un accademico- in forze all’ente spaziale americano- critichi i colleghi per non aver rivolto sufficiente attenzione al fenomeno UFO. Eppure è proprio quello che troviamo nel suddetto “white paper”, presentato alcuni mesi fa durante un workshop denominato “Decodificare l’intelligenza aliena” e ora divenuto di dominio pubblico. Scrive il dottor Colombano: “Mi sembra che il SETI abbia ignorato (almeno ufficialmente) la potenziale rilevanza del fenomeno UFO per tre ragioni: 1) la supposizione che i viaggi interstellari siano estremamente improbabili; 2) l’altissima probabilità di truffe, percezioni errate o anche eventi psicotici e 3) il generale rifiuto dell’argomento da parte della comunità scientifica. Io penso che l’approccio della comunità scientifica dovrebbe essere, al contrario, molto simile a quello che il SETI ha fatto finora: trovare il segnale dal rumore di fondo.
“In una grande quantità di rumore di fondo, nei resoconti sugli UFO, ci potrebbero esserci dei segnali, per quanto pochi, che indicano alcuni fenomeni che non possono essere né spiegati né negati. Se adottiamo una nuova serie di presupposti in merito a quali forme più evolute di intelligenza e di tecnologia potremmo trovare, quei fenomeni potrebbero collimare perfettamente con ipotesi specifiche e potremmo iniziare a svolgere una seria indagine”. Insomma, esiste una piccola percentuale di avvistamenti che non sono né bufale né errori di valutazione e che si rivelano effettivamente “oggetti misteriosi”. Proprio su questi rari, rarissimi casi- suggerisce il ricercatore della NASA- la scienza dovrebbe soffermarsi senza imbarazzi, perché un’attenta analisi potrebbe portare a scoperte e a sorprese impreviste.
Ad esempio- continua il rapporto- potremmo renderci conto che la vita basata sul carbonio (come la nostra) non è l’unica opzione. O meglio, forse questo genere di vita è diffusa ovunque nell’universo, ma costituisce solo uno step, un primo passo iniziale di un’evoluzione che porta poi a realtà completamente diverse. “Dopo a malapena 50 anni di sviluppo dei computer, noi già parliamo di ‘super intelligenza’ e stiamo rapidamente diventando simbiotici con essi. Non voglio affrontare qui il problema della sopravvivenza della nostra specie o il suo futuro ruolo all’interno di una evoluzione di milioni di anni. Semplicemente, voglio puntare l’attenzione sul fatto che l’intelligenza che potremmo trovare o che potrebbe scegliere di trovarci (se non l’ha già fatto) potrebbe non essere un organismo simile a noi.”
E ora, un nodo centrale del suo ragionamento:”Quanto cambierebbe, così, la nostra supposizione riguardo i viaggi interstellari? La nostra consueta limitazione legata alla durata della vita non ci sarebbe più (sebbene anche questo problema potrebbe essere affrontato con delle missioni multi-generazionali o con l’animazione sospesa) e la dimensione dell’esploratore potrebbe essere quella di un’entità superintelligente estremamente piccola.” Dunque, i nostri potenziali vicini cosmici (da notare che Colombano, con la frase “se già non l’ha fatto”, sembra non escludere a priori che l’incontro sia già avvenuto) avrebbero un aspetto così insolito da non essere facilmente riconoscibili: niente corpi biologici, niente omini verdi o grigi, ma pura intelligenza artificiale all’interno di macchine- ovvero robot- magari minuscole, magari nemmeno visibili a occhio nudo.
Il SETI- dice praticamente lo studioso- sbaglia quando cerca forme di vita simili alla nostra, sbaglia quando non tiene in considerazione gli avvistamenti UFO, sbaglia quando ritiene impossibili i viaggi interstellari, ma sbaglia anche quando sta in ascolto con i suoi radiotelescopi nella speranza di captare segnali provenienti da altre civiltà. “Sospetto che, se anche continuassero ad usare i segnali radio, i ‘pacchetti’ al loro interno sarebbero così grandi che noi non saremmo in grado di riconoscere alcuna struttura e di distinguerli dal rumore, a meno che una civiltà non decidesse di utilizzarli come un segnale luminoso. Persino con questa intenzione, però, quella forma di comunicazione potrebbe essere diventata rapidamente obsoleta ed essi potrebbero scegliere altri tipi di segnalazioni per le civiltà con uno sviluppo più prossimo al loro.”
Silvano Colombano conclude con alcune raccomandazioni per affrontare in modo più deciso- “aggressivo”, dice lui- la futura esplorazione alla ricerca di intelligenze extraterrestri. Questi i suoi suggerimenti: “Coinvolgere i fisici in quello che potremmo chiamare fisica speculativa ancora basata sulle nostre più solide teorie, ma con una certa flessibilità per quanto riguarda lo spazio-tempo e l’energia; coinvolgere i tecnologi in futuristiche esplorazioni su come la tecnologia potrebbe svilupparsi, specialmente l’intelligenza artificiale, i sistemi robotici capaci di evolvere e la simbiosi di biologia e macchina; coinvolgere i sociologi per ipotizzare quali tipi di società potremmo aspettarci dagli sviluppi di cui abbiamo parlato prima e se e come potrebbero scegliere di comunicare; considerare il fenomeno UFO meritevole di studio in un contesto di un sistema con un rapporto segnale/rumore molto basso, eppure con la possibilità di mettere alla prova alcune delle nostre supposizioni e di mostrare nuove possibilità di comunicazione e scoperta.”
SABRINA PIERAGOSTINI