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Un immenso biliardo di dimensioni spaziali… Così sarebbe stato il sistema solare delle origini, prima che diventasse perfetto e ordinato. Miliardi di anni fa, era tutto molto diverso e gli scontri tra corpi celesti – le gigantesche sfere disposte sull’ideale tavolo del biliardo- erano all’ordine del giorno. Gli astronomi ne sono sempre più convinti, anche grazie alla scoperta di due pianeti extrasolari lontanissimi da noi con caratteristiche tali da far pensare ad un impatto colossale.

IL NOSTRO SISTEMA SOLARE, OGGI

IL NOSTRO SISTEMA SOLARE, OGGI

Lo studio parla molto italiano, visto che è stato condotto da un gruppo di vari ricercatori internazionali (dall’Università di Bristol all’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, dall’Università di Aarhus al Goddard Space Flight Center della NASA),  ma sotto la guida dell’INAF (il nostro Istituto Nazionale di AstroFisica). In particolare, sono stati presi in esame due mondi alieni che orbitano attorno alla stella Kepler-107: hanno un raggio quasi identico ( 1,5 e  1,6 rispetto a quello terrestre), ma hanno densità molto diverse: di uno è rimasto praticamente solo il nucleo di ferro, mentre il mantello superficiale di roccia e silicati  (pari al 30 per cento) è sparito, quasi certamente distrutto da una collisione planetaria catastrofica.

“Si ritiene che gli impatti cosmici abbiano avuto un ruolo fondamentale nel plasmare il nostro attuale sistema solare”, ha spiegato la dottoressa Zoe Leinhardt, astrofisica computazionale a Bristol, in un articolo pubblicato sulla homepage dell’università britannica. “La Luna è probabilmente il risultato di un tale impatto, lo potrebbe essere anche l’alta densità di Mercurio e il grande satellite di Plutone, Caronte, probabilmente è stato catturato dopo un impatto gigantesco, ma fino ad ora non ne avevamo trovato alcuna prova in sistemi planetari al di fuori del nostro.” L’articolo scientifico è stato appena pubblicato sulla rivista Nature Astronomy

I PIANETI IN ORBITA ATTORNO A KEPLER-107

I PIANETI IN ORBITA ATTORNO A KEPLER-107

Le osservazioni sono state effettuate per tre anni con il telescopio Galileo, posizionato nell’isola spagnola La Palma (nelle Canarie), dal 2005 il più importante strumento ottico utilizzato dalla comunità astronomica italiana. I ricercatori si sono concentrati sui 4 pianeti di dimensioni superiori alla Terra ma inferiori a quella di Nettuno,  individuati 5 anni fa attorno ad una stella nella costellazione del Cigno dal telescopio orbitante Kepler: sono tutti molto vicini gli uni agli altri e al loro sole, Kepler-107, tanto che hanno un periodo orbitale  di pochi giorni. Distano da noi più di 1700 anni luce.

Capita spesso che il pianeta più vicino alla stella ospite sia più denso a causa del riscaldamento e alla successiva perdita dell’atmosfera. Ma in questo sistema planetario, il secondo pianeta, Kepler-107c, è molto più denso del primo, Kepler-107b: presenta una percentuale di ferro doppia rispetto all’altro. Come spiegarlo? Per il gruppo di astronomi, questo mondo lontano ha subìto una collisione frontale ad alta velocità con un protopianeta della sua stessa massa o vari impatti con più corpi di una massa inferiore che lo hanno praticamente scorticato, strappandogli via tutto il rivestimento roccioso. E senza più mantello, è rimasto puro nucleo- pesantissimo e densissimo, di ferro. Sarebbe la prima volta che si vede l’effetto di un simile impatto gigante in un altro sistema planetario.

UN IMPATTO PLANETARIO COLOSSALE AVREBBE MODIFICATO LA DENSITÀ DI KEPLER-107C

UN IMPATTO PLANETARIO COLOSSALE AVREBBE MODIFICATO LA DENSITÀ DI KEPLER-107C

“Se è corretta, la nostra ipotesi collegherebbe il modello generale per la formazione del nostro sistema solare con uno molto diverso dal nostro”, ha aggiunto la Leinhardt. Dice poi Aldo Bonomo, ricercatore dell’Osservatorio di Torino a capo del team:“Solo con questo scenario riusciamo a spiegare il fatto che le due super-Terre abbiano la stessa dimensione, ma composizioni così diverse. Ne siamo rimasti sorpresi”, riporta il sito dell’INAF. Gli fa eco il collega Alessandro Sozzetti:  “Con questa scoperta abbiamo raggiunto un altro tassello nella comprensione dell’origine della straordinaria diversità nella composizione dei piccoli esopianeti. Anche le collisioni tra protopianeti svolgono un ruolo e possono produrre variazioni drastiche nella struttura interna di un pienata extrasolare, come pensiamo che sia successo a Kepler-107c.”

Nessuno dei pianeti di questo remoto sistema solare rientra tra i potenziali candidati ad ospitare la vita: sono tutti troppo vicini alla loro stella ospite- un po’più grande e più calda del nostro Sole. Quassù le temperature devono essere infernali. Ma un’altra ricercatrice italiana dell’INAF ha appena annunciato una scoperta interessante dal punto di vista dell’abitabilità. Laura Affer, dell’Osservatorio di Palermo, ha infatti individuato una super-Terra, in orbita attorno ad una stella denominata con la sigla GI 686, sulla quale ci sarebbero invece condizioni ottimali per ipotizzare la vita.

L'INAF HA SCOPERTO UN ESOPIANETA POTENZIALMENTE ABITABILE

L’INAF HA SCOPERTO UN ESOPIANETA POTENZIALMENTE ABITABILE

Questo mondo alieno si trova a 26 anni luce da noi e ruota in stretta prossimità della sua stella, una nana rossa, ovvero una stella più piccola e debole della nostra. Proprio questa distanza ridotta farebbe pensare ad un meccanismo di rotazione sincrona con il pianeta che durante la rivoluzione (della durata di 15 giorni) attorno alla stella  le rivolgerebbe sempre la stessa faccia, esattamente come la Luna fa con la Terra. La posizione di GI 686b sarebbe perfetta per far sì che le temperature superficiali siano  compatibili con la presenza di acqua allo stato liquido, rendendo il corpo celeste potenzialmente abitabile.

SABRINA PIERAGOSTINI

 

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