Se esistono civiltà dello spazio molto più avanzate di noi, allora devono possedere una tecnologia estremamente più sviluppata della nostra, difficilmente inquadrabile in parametri standard. Gli scienziati che vogliono scoprirla, quindi, devono fare uno sforzo di immaginazione. Tra i ricercatori che stanno provando ad uscire dagli schemi, c’è anche un ricercatore di matematica dell’Università di Stato del Kansas che ha elaborato una sua particolare teoria.
Lo studioso si chiama Louis Crane. In un articolo intitolato “Alla ricerca di civiltà extraterrestri usando telescopi a raggi gamma”, recentemente pubblicato su arXiv.org, il matematico formula l’idea che delle creature aliene iper tecnologiche potrebbero sfruttare le radiazioni emesse dai buchi neri per generare l’energia di cui necessitano le loro astronavi. Anzi, ipotizzando un livello di sviluppo scientifico molto superiore al nostro, potrebbero addirittura creare dei piccoli buchi neri artificiali.
Questo è il secondo studio sull’argomento realizzato da Crane. Nel precedente, scritto dieci anni fa con uno studente di fisica della sua università, Shawn Moreland, già si domandava: “Sono possibili i mezzi spaziali alimentati da un buco nero?” Crane e Moreland valutavano l’ipotesi di utilizzare la radiazione di Hawking (una radiazione termica che si ritiene sia emessa dai buchi neri a causa di effetti quantistici) concludendo che gli effetti della gravità quantistica, a noi sconosciuti, rendevano questa ipotesi al limite della possibilità. Adesso, in questo nuovo testo, il dottor Crane fa un passo avanti e cerca di capire come i raggi gamma potrebbero aiutarci nella ricerca di esseri extraterrestri intelligenti.
Nell’immaginare un’ astronave spinta dall’energia prodotta da una di queste misteriose e terrificanti strutture sparse nell’universo, Crane non fa altro che “rubare l’idea” alla fantascienza. Un espediente del genere lo troviamo infatti nel romanzo “Terra Imperiale” di Arthur C. Clarke ( il papà di “2001 Odissea nello Spazio” e di molti altri racconti), ma anche nella novella “Killing Vector” di Charles Sheffield- fisico, matematico e prolifico autore di sci-fi.. Ma un conto è scrivere libri di fantascienza, un altro è scrivere articoli scientifici.
Eppure, rispondendo alle domande di Universe Today, Louis Crane difende la sua proposta sostenendone la fattibilità. Ha spiegato infatti: “Una civiltà avanzata vorrebbe sfruttare un microscopico buco nero perché potrebbe immettervi materia ed estrarre energia. Sarebbe la massima fonte energetica, in particolare potrebbe spingere un’astronave abbastanza grande da essere schermata a velocità relativistiche. Nessuna delle idee di astronavi studiate dalla NASA si è rivelata essere fattibile … Questa potrebbe essere l’unica possibilità. “
Ovviamente, sarebbe necessario un livello tecnologico per noi, al momento, nemmeno contemplabile. Servirebbe una civiltà di tipo II sulla scala di Kardashev, ovvero una civiltà in grado di raccogliere tutta l’energia della stella del proprio sistema solare, perché la produzione di un buco nero artificiale richiederebbe un elevatissimo quantitativo di energia, oltre a conoscenze scientifiche e tecniche straordinarie.”Per produrre un buco nero artificiale, avremmo bisogno di concentrare un raggio laser da un miliardo di tonnellate alle dimensioni nucleari”, ha calcolato il dottor Crane. “È come fare tante bombe nucleari ad alta tecnologia quante sono le automobili sulla Terra, ma la portata è al di là dell’attuale economia mondiale: invece una civiltà che utilizzasse appieno il sistema solare avrebbe le risorse“.
Ma se davvero da qualche parte nel cosmo attorno a noi qualcuno viaggia tra le stelle sfruttando questa incredibile risorsa, il fatto diventa interessante anche per un altro motivo: potremmo accorgerci della sua presenza. Gli scienziati, infatti, per accertare l’esistenza di forme di vita intelligenti nello spazio vanno caccia di “tecnofirme”, ossia di qualsiasi oggetto o fenomeno che si dimostri, al di là di ogni dubbio, prodotto da una civiltà evoluta. Il SETI adesso lo fa cercando emissioni di onde radio, ma in un prossimo futuro potrebbe rilevare una civiltà che sfrutta piccoli buchi neri artificiali creati con laser a raggi gamma grazie al cosiddetto “spillover”.
Come spiega il sito phys.org, il concetto è stato descritto dal professor Philip Lubin in uno studio del 2016, in cui ha suggerito che la prova dell’esistenza di intelligenze extraterrestri potrebbe arrivare dalla scoperta di tracce di energia controllata: lampi erranti di raggi laser, detti appunto spillover, sarebbero rivelatori. Analogamente, lo sarebbero anche improvvise emissioni di laser a raggi gamma. “Se delle civiltà avanzate possedessero già tali astronavi, gli attuali telescopi a raggi gamma ad altissima energia potrebbero individuarle in un raggio tra i 100 e i 1000 anni luce, se fossero puntati nella loro direzione”, sostiene il matematico americano. Non solo: c’è anche un modo per distinguere i raggi gamma prodotti naturalmente da pulsar, quasar e via dicendo da quelli creati artificialmente.
E qui viene il bello: gli astronomi hanno già rilevato varie fonti di raggi gamma puntiformi per i quali non è stata ancora fornita una spiegazione naturale. Segno che hanno già trovato- senza rendersene conto- tracce di civiltà di tipo II? Troppo presto per dirlo, prima serve un’intensa e capillare attività di ricerca e analisi, con l’uso di telescopi spaziali come il Fermi Gamma Ray Space Telescope e di osservatori a terra, come il sistema stereoscopico ad alta energia HESS, situato in Namibia, o il VERITAS (il Very Energetic Radiation Imaging Telescope Array System, che si trova in Arizona) che potranno stabilire l’origine di quei raggi gamma. Insomma, è il caso di dirlo: la verità è là fuori…
SABRINA PIERAGOSTINI