Prossima fermata: Tritone. È la strana luna di Nettuno, la più grande tra i 14 satelliti naturali del gigantesco pianeta blu, ad essere finita nel mirino di planetologi e astrobiologi, pronti a tutto pur di darle un’occhiata da vicino. La missione, denominata non a caso Trident e presentata nei giorni scorsi in una conferenza stampa, secondo i progetti dovrebbe partire entro pochi anni, nel 2025, per arrivare lassù verso la fine del prossimo decennio, nel 2038. Un lungo viaggio dal quale i ricercatori si aspettano sorprese e informazioni importanti.
Tritone è, per dimensioni, la settima luna del sistema solare e il corpo in assoluto più freddo, con i suoi 237 gradi sotto zero. Orbita attorno al pianeta più lontano, l’ultimo ad essere stato scoperto. Secondo gli astronomi, si è formato nella Fascia di Kuiper– la zona piena di asteroidi, planetoidi e detriti che si estende appena al di là- ed è poi stato catturato da Nettuno. E proprio la grande forza di gravità che il pianeta esercita sul satellite rende Tritone così interessante: si sospetta che le sue temperature interne siano tali da consentire la presenza, sotto la sua crosta ghiacciata superficiale, di oceani liquidi. E dove c’è acqua, può esserci anche la vita.
Di Tritone sappiamo ancora troppo poco. A mostrarci la luna di Nettuno è stata la sonda Voyager 2, con un veloce sorvolo nell’agosto 1989 mentre usciva in direzione dello spazio profondo, ma ha potuto fotografare solo un emisfero, l’unico illuminato dalla luce solare. Poche immagini, tuttavia sufficienti a suscitare la curiosità negli studiosi. “Siamo così affascinati dall’idea di andare su Tritone” ha confermato al sito Space.com la dottoressa Louise Procktor, geologa planetaria e direttore del Lunar and Planetary Institute del Texas, che ha presentato la futura missione al pubblico. “Uno degli obiettivi più importanti è far sì che la gente veda, per la prima volta, questo corpo celeste.”
L’adrenalina che già corre per la schiena dei ricercatori è motivata anche dal fatto che Tritone presenta molti aspetti singolari che lo rendono un satellite sui generis. “Ha un paesaggio bizzarro ed alieno. È così strano ed esotico, basti pensare che si tratta di un mondo oceanico- è una vera eccezione rispetto agli altri satelliti”, ha detto la Procktor. Le anomalie non finiscono qui: ha un‘orbita retrograda (ovvero gira in senso opposto rispetto alla rotazione del pianeta) con un’angolazione insolitamente accentuata. Presenta poi una superficie particolare, accidentata, chiamata dai geologi “terreno cantalupo” perché sembra riprodurre le caratteristiche della buccia di un melone retato.
Un elemento che fa pensare ad un corpo giovane che potrebbe essersi formato appena 10 milioni di anni fa in un modo che oggi non sappiamo ancora spiegare. Non solo, le foto di Voyager 2 hanno svelato anche la presenza di grandi pennacchi che si alzavano dalla sua superficie accanto a segni più scuri: tutti elementi che fanno ipotizzare la presenza di un’attività geologica ancora in corso, innescata dall’interazione con la gravità di Nettuno. La sonda potrebbe studiare questi processi, stabilire la composizione chimica del terreno, confermare se la calotta ghiacciata nasconda davvero un’enorme distesa di acqua liquida.
L’intero progetto non dovrebbe superare i 450 milioni di dollari-una cifra ritenuta relativamente bassa per una missione spaziale del genere. Un budget contenuto e un obiettivo scientifico ben chiaro: due elementi che giocano a favore della Procktor e degli scienziati al lavoro con lei. Un’altra idea di un altro team prevede invece l’invio di un veicolo spaziale da far atterrare su Tritone per fagli “assaggiare” sia il ghiaccio che l’atmosfera lunare: in questo caso, la missione (chiamata “Triton Hopper”) partirebbe alla fine della decade in corso ( il 2029) per arrivare a destinazione nei primi anni ’40.
Il programma, molto ambizioso, è ancora allo studio dell’Innovative Advanced Concepts, il settore della NASA specializzato in progetti un po’ folli e fuori dagli schemi. In questo caso, si tratterebbe di un robot mandato ad esplorare territori mai visti da occhio umano e in grado di autoalimentarsi: utilizzerebbe le riserve di azoto presenti su questa luna per saltare su e giù come una cavalletta (questo significa in inglese il termine hopper), proprio perché il suo compito sarebbe quello di analizzare tanto l’aria quanto la superficie.
L’uso del carburante trovato direttamente su Tritone potrebbe ridurre i costi della missione e allungarne la durata, ma renderebbe il tutto molto complicato: il robot dovrebbe introdurre azoto ghiacciato (quindi solido), trasformarlo in gas pressurizzato e quindi espellerlo per potersi sollevare in alto con un balzo. Al momento i due progetti, uno indipendente dall’altro, sono in fase di studio. Non è escluso che possano essere realizzati insieme, anche se il peso aggiuntivo del robot comporterebbe delle modifiche- e un costo aggiuntivo- alla missione Trident. “Mi piace che stiano pensando alla grande”, ha commentato Louise Procktor parlando dei colleghi della NASA “perché un giorno salteremo sulla superficie di Tritone.”
SABRINA PIERAGOSTINI