Ancora un esperimento sul DNA che fa discutere per le sue implicazioni etiche. E ancora una volta, è stato compiuto in Cina, dove i vincoli per la ricerca scientifica sono evidentemente meno stretti rispetto al resto del mondo. Dopo le gemelline potenziate– i primi esseri umani OGM della storia- adesso in primo piano ci sono dei macachi che gli scienziati di Pechino hanno modificato utilizzando un gene umano: praticamente, delle scimmie transgeniche. I risultati, pubblicati su una rivista scientifica cinese (National Science Review), sorprendono.
L’esperimento è stato condotto dai ricercatori dell’Istituto di Zoologia di Kunming allo scopo di comprendere meglio il meccanismo che ha portato allo sviluppo del cervello umano, sviluppo avvenuto in tempi molto rapidi e con modalità non del tutto chiare. Infatti, nell’abstract dello studio si legge: “La dimensione del cervello e le capacità cognitive sono i tratti cambiati in modo più radicale negli esseri umani durante l’evoluzione, eppure i meccanismi genetici alla base di questi cambiamenti specifici per l’uomo rimangono elusivi.” Un mistero racchiuso in una manciata di geni, emersi uno dopo l’altro nel giro di poche decine di migliaia di anni, che hanno fatto la differenza.
Continua l’abstract: “Abbiamo generato con successo 11 scimmie Rhesus transgeniche (8 di prima generazione e 3 di seconda generazione) che trasportano copie umane di MCPH1, un gene importante per lo sviluppo e l’evoluzione del cervello. Le analisi hanno indicato uno schema alterato di differenziazione delle cellule nervose, con conseguente ritardo nella maturazione neuronale e mielinizzazione delle fibre neuronali delle scimmie transgeniche, simile al cambiamento evolutivo conosciuto del ritardo dello sviluppo (neotenia) nell’uomo.”
Per neotenia, si intende quel fenomeno evolutivo per cui negli individui adulti di una specie permangono caratteristiche morfologiche e fisiologiche tipiche dei cuccioli. Nell’uomo, vengono considerate neoteniche alcune caratteristiche particolari, come poter digerire il latte anche dopo lo svezzamento (anche se non tutte le popolazioni sono tolleranti al lattosio), avere poco pelo e una proporzione corporea più simile a quella dei soggetti di età giovanile. Ma anche il nostro cervello ha un comportamento neotenico, perché matura molto più lentamente rispetto a quello degli altri primati e si mantiene plastico e capace di apprendere più a lungo.
Esattamente quello che gli scienziati cinesi hanno notato nei loro macachi modificati: ”Hanno mostrato un marcato ritardo nei geni di differenziazione dei neuroni e dei segnali sinaptici, come nell’uomo, fornendo una spiegazione molecolare del ritardo di sviluppo del cervello osservato nelle scimmie transgeniche. Ancora più importante, le scimmie transgeniche hanno esibito una memoria a breve termine migliore e un tempo di reazione più breve”. Infatti, sono state più brave delle loro colleghe “normali” nel risolvere dei test. Quindi con l’aggiunta del gene MCPH1, non hanno sviluppato un cervello più grosso- come i ricercatori inizialmente si aspettavano- ma uno più efficiente, più veloce nel reagire agli stimoli, più smart. In una parola, potremmo dire: più intelligente.
Come dicevamo, l’esperimento ha sùbito sollevato polemiche e sconcerto tra gli altri genetisti, che ritengono eticamente inaccettabile umanizzare i primati, anche perché non possiamo prevedere quali effetti potremmo causare sul comportamento di una scimmia quando inseriamo questi geni. Ma c’è anche chi, invece, considera questo studio una conferma indiretta di una ipotesi di lavoro- coraggiosa e un po’ folle– che prende in esame l’eventualità che l’evoluzione umana sia stata eteroguidata, ovvero condizionata, favorita, indotta da un agente esterno. Un terzo incomodo rispetto a Dio e alla Natura.
Chi ci segue, sa che in Italia a portare avanti questa interpretazione alternativa tanto al Creazionismo quanto al concetto imperante di adattamento evolutivo tipicamente darwiniano è il biologo molecolare Pietro Buffa, autore insieme a Mauro Biglino di un saggio che ha riscosso un notevole successo, “Resi Umani– Da organismi scimmieschi all’ominide pensante, una storia ancora da scrivere” (Uno Editori), nel quale insiste molto sul concetto di neotenia per spiegare l’anomalia umana. “Homo sapiens è portatore di numerosi tratti biologici e comportamentali che ci inducono a ritenere plausibile l’ipotesi che gli ominidi nostri progenitori si siano evoluti all’interno di un regime di domesticazione”, ci spiegava in un’intervista. E a dimostrarlo sarebbe proprio la neotenia.
“L’uomo moderno mostra i principali “contrassegni” di un avvenuto processo di domesticazione”, continuava il biologo siciliano. “Parliamo di una specie portatrice di tratti neotenici, dalla spiccata socievolezza e tendente all’assoggettamento. Tutti elementi che sappiamo comparire nelle specie addomesticate. Come descrivo nel libro, Homo sapiens mostra anche una serie di miglioramenti estetici a livello cranio-facciale che rendono il suo aspetto più armonico e meno ‘scimmiesco’ rispetto agli altri ominidi suoi predecessori.” Proprio come abbiamo fatto noi, nei millenni passati, per trasformare un lupo aggressivo e pauroso in un tenero cane- più piccolo, più mansueto, eternamente cucciolo– attraverso incroci selezionati alterando il normale processo evolutivo.
Ma adesso siamo arrivati allo step superiore, ora possiamo modificare un animale direttamente in laboratorio. E l’esempio cinese mostra che con il “taglia e cuci” genico possiamo rendere anche più intelligente un primate. Potrebbe essere successa la stessa identica cosa con gli ominidi? Qualcuno potrebbe aver fatto un up grade del cervello dei primi organismi scimmieschi aggiungendo i geni giusti al posto giusto? Un’ipotesi disturbante, perché implicherebbe la presenza di un soggetto -ancora da individuare- che ha manipolato il nostro DNA centinaia di migliaia di anni fa. Un’ipotesi fantascientifica, perché ammetterebbe l’esistenza di intelligenze superiori sul nostro pianeta prima della comparsa dell’Uomo.
SABRINA PIERAGOSTINI