La vita su Marte, per la maggior parte degli astrobiologi, era una realtà miliardi di anni fa. Ma oggi- quasi tutti concordano- non esiste più. Quasi tutti, perché ci sono anche ricercatori che sospettano, invece, che in qualche luogo, in qualche forma, gli organismi viventi marziani abbiano trovato il modo di sopravvivere al cataclisma che ha trasformato un mondo azzurro come e più del nostro nel Pianeta Rosso attuale, arido, freddo e inospitale.
Alle origini, infatti, la superficie marziana era solcata da fiumi, laghi, oceani ed aveva perfette condizioni di abitabilità. Anzi, forse proprio da Marte- 4 miliardi di anni fa- sarebbero arrivati gli elementi fondamentali per lo sviluppo della vita a bordo di meteoriti schizzati fino sulla Terra dopo giganteschi impatti. Ma un giorno tutto è cambiato: il pianeta ha perso il suo campo magnetico e con esso la sua atmosfera e gran parte dell’acqua. Secondo gli studiosi, 3.7 miliardi di anni fa è diventato come lo vediamo ora.
Tuttavia, ciò non implica che la vita sia per forza scomparsa. A sostenerlo è Michael Finney, co-fondatore di The Genome Partnership, un’organizzazione no-profit che promuove il forum Advances in Genome Biology and Technology (AGBT) sulle più recenti scoperte in ambito genetico. “Se Marte, 4 miliardi di anni fa, aveva la vita, allora ce l’ha tuttora. Non è successo nulla che potesse annientarla”, ha affermato nel corso di una conferenza che si è tenuta lo scorso aprile all’Università di Berkeley, in California, organizzata da Breakthrough Initiatives.
A suo avviso, la vita si è semplicemente adattata alle condizioni meno favorevoli: si è spostata dalla superficie, si è protetta dalle radiazioni nascondendosi altrove, ma è ancora là. Come ricorda il sito Space.com, il punto ideale in cui cercarla è il sottosuolo, dove- tra l’altro- le recenti osservazioni della sonda europea Mars Express hanno indicato la presenza di acqua, abbondante e allo stato liquido, nella zona del polo sud. Sebbene finora non abbiamo trovato prove evidenti della presenza di forme di vita marziana, non mancano indizi interessanti.
Ad esempio, il rover Curiosity si imbattuto in due sbuffi di metano all’interno del cratere Gale, una depressione ampia più di 150 chilometri che il robottino della NASA sta esplorando da quando ha posato le sue 6 ruote sulla polvere marziana. Curiosity si è anche accorto che la concentrazione di metano varia a seconda delle stagioni. Sulla Terra, questo gas è associato all’ attività biotica: per il 90% è infatti prodotto da microbi e da altri organismi viventi. Potrebbe essere lo stesso anche su Marte. Tuttavia, il metano si può sprigionare anche dalla reazione tra certi tipi di rocce e l’acqua calda. Oppure, quello che vediamo potrebbe essere gas antico di milioni di anni che fuoriesce solo ora dalle profondità del terreno.
Ecco perché alcuni ricercatori sostengono la necessità di inviare missioni su Marte con lo specifico obiettivo di individuare tracce di DNA. Lo chiede con insistenza Gary Ruvkun, biologo molecolare del Massachusetts General Hospital e della Scuola di Medicina di Harvard. Ruvkun è uno dei tre scienziati coinvolti nel progetto Search for Extra-Terrestrial Genome (SETG) il cui scopo è riuscire a scovare RNA o DNA, passati o presenti, su Marte e altri mondi alieni. Per questo, con i suoi colleghi sta sviluppando uno strumento in grado di isolare qualsiasi materiale genetico che si possa trovarsi nella polvere marziana..
Questi macchinari- ha detto il biologo intervenendo alla conferenza di Berkeley- dovrebbero essere montati sui rover che nel prossimo futuro verranno mandati per esplorare Marte. Se trovassimo tracce di DNA- antiche o moderne- potremmo verificare la teoria dominante in questo momento che ritiene la vita diffusa nello spazio grazie alla panspermia. Se i campioni terrestri e quelli marziani coincidessero, potremmo stabilire che Marte è la fonte da cui proviene la vita terrestre oppure che è stato inseminato esattamente come la Terra da materiale organico arrivato da chissà dove.
Ruvkun si è definito un “fanatico” della panspermia, che ritiene altamente probabile. Ma se ha ragione lui e la vita si è formata a partire dagli stessi mattoni sia qua da noi che lassù, su Marte, o nel resto del sistema solare, allora deve essersi sviluppata ovunque in modo molto simile. Quindi, gli organismi marziani utilizzeranno il DNA o l’RNA come loro molecola genetica. Ecco perché, ha affermato Ruvkun, “sarebbe idiota non cercare il DNA su Marte. È un esperimento che vale la pena fare“.
Ma dopo Marte, un’analoga ricerca dovrebbe essere condotta sulle lune di Giove e Saturno che più intrigano gli astrobiologi, ovvero Europa, Encelado, Titano. Quei piccoli mondi congelati nascondono, sotto le loro croste ghiacciate, acqua allo stato liquido. E forse anche forme di vita. Senza poi dimenticare Venere…Per quanto possa sembrare assurdo, anche il pianeta bollente dalle temperature superficiali a dir poco infernali (460 °C) potrebbe essere abitabile. In questo caso, non nel sottosuolo, ma tra le sue nuvole. A 50 chilometri di altitudine, infatti, le condizioni climatiche si fanno molto più gradevoli. Le possibilità che nell’atmosfera venusiana ci sia vita sono basse, ha detto alla platea Penny Boston, direttrice dell’Istituto di Astrobiologia della NASA, ma vanno comunque prese in esame. Insomma, la vita potrebbe essere ovunque, intorno a noi.
SABRINA PIERAGOSTINI