Meglio non farsi illusioni: non c’è un piano B per la Terra. Chi ipotizza che l’Umanità sia destinata a diventare una “specie spaziale” e ad emigrare su altri pianeti, quando il nostro non sarà più in grado di sostenerci tutti, avrà subìto una doccia fredda nel leggere le dichiarazioni di Michel Mayor. Non un astronomo qualunque: è stato appena insignito del Premio Nobel per la Fisica.
IL PREMIO NOBEL PER LA FISICA 2019, LO SVIZZERO MICHEL MAYOR
A fargli meritare il prestigioso riconoscimento assegnatogli dall’Accademia delle Scienze di Svezia è stata la scoperta, 24 anni fa, del primo pianeta extra-solare in orbita attorno ad una stella come il Sole. Scoperta realizzata nell’ottobre 1995 insieme al collega Didier Queloz, anche lui svizzero (e anche lui premiato) . Usando la strumentazione dell’Osservatorio dell’Alta Provenza, in Francia, i due scienziati hanno individuato un gigante gassoso simile a Giove nella costellazione di Pegaso, da loro denominato 51 Pegasi b o “Bellarofonte”
Mayor può insomma essere considerato un esperto quando si discute di mondi alieni. E sentirgli dire che non abbiamo speranza di colonizzare un pianeta simile al nostro dà da pensare. «Se stiamo parlando di esopianeti, una cosa deve essere chiara: non vi emigreremo mai», ha dichiarato all’agenzia di stampa francese France-Presse. Anzi, ha aggiunto di sentire la necessità di stroncare sul nascere tutte le affermazioni del tipo “Ok, se un giorno la vita non sarà possibile sulla Terra, allora ce ne andremo su un altro pianeta abitabile”. No, assicura il premio Nobel 2019, non funziona così.
UNA RAPPRESENTAZIONE ARTISTICA DI 51 PEGASI B
Tutti i potenziali candidati noti fino ad oggi sono troppo lontani per pensare che sia possibile raggiungerli. «Persino nel caso più ottimistico di un mondo abitabile che non sia troppo fuori mano- intendo una dozzina di anni luce, che non è molto, è nelle nostre vicinanze- il tempo necessario per andare fin là è considerevole.» Un aggettivo che non rende bene il concetto, visto che – con la tecnologia attualmente a nostra disposizione- impiegheremmo svariate centinaia di migliaia di anni per raggiungere l’agognata Terra-bis.
Ad oggi, sono circa 4 mila gli esopianeti identificati nella Via Lattea. Ma -ammesso che qualcuno sia davvero adatto ad ospitare la vita, con acqua, ossigeno e tutto il resto- nessuno di essi è dietro l’angolo. «La triste realtà è che, a questo punto della storia umana, tutte le stelle sono effettivamente ad una distanza infinita per noi», conferma Stephan Kane, docente di astrofisica planetaria all’Università della California, interpellato da Livescience.com. A suo avviso, abbiamo già raggiunto un grande risultato come specie- e pure con una certa difficoltà- nell’andare sulla Luna, figuriamoci spingerci più in là.
Certo, nei programmi spaziali è prevista l’esplorazione di Marte, un obiettivo che dovremmo conseguire nei prossimi decenni, ma «sarei molto sorpreso se l’Umanità riuscisse a raggiungere l’orbita di Giove entro i prossimi secoli», aggiunge Kane. Dal momento che la distanza della stella più vicina a noi è circa 70 mila volte la distanza tra la Terra e Giove, si capisce perché l’impresa di migrare verso altri sistemi solari è ritenuta più impossibile che improbabile. «La fisica necessaria per i viaggi interstellari, se esiste, ci è al momento sconosciuta e richiederebbe un fondamentale cambio nella nostra comprensione del rapporto tra massa, accelerazione ed energia», conclude il professore. Insomma, senza il warp drive tipo Star Trek, ce lo possiamo scordare.
SENZA IL WARP DRIVE, IMPOSSIBILI I VIAGGI INTERSTELLARI
Ma non tutti sono così drastici. Come Andrew Fraknoi, presidente emerito del Dipartimento di Astronomia del Foothill College, sempre in California. Concorda sul fatto che non saremo in grado di viaggiare per la galassia nel prossimo futuro. Ma un giorno, non si può escluderlo. «Non me la sento di dire che non riusciremo mai a raggiungere le stelle e i loro potenziali pianeti abitabili. Chissà come potrà evolvere la nostra tecnologia tra un altro milione di anni», ha detto. Insomma, un programma a lungo, lunghissimo termine. Nel frattempo, vale il consiglio di Michel Mayor: «Prendiamoci cura del nostro pianeta, è bellissimo e ancora perfettamente vivibile». Speriamo che lo rimanga ancora per un bel po’…